LE NOSTRE NOTTI

Amori maturi, non lontani nel tempo, un amore nuovo in questi “ritorni”, intenso, ma a distanza, svoltosi per gran parte degli anni al telefono e con alterne vicende. “Nostre” perché erano loro, particolari e forse anche singolari, “notti” in quanto l’intensità del rapporto divideva il giorno almeno in quattro: risveglio, mattino, pomeriggio/sera, notte, ognuna di queste parti della giornata aveva una sua storia nel rapporto di Anna ed Edgar.

La storia cambia e con essa la vita quotidiana: chi li ha chieda ai bisnonni, ai nonni, ma forse basta chiedere solo ai genitori. In fondo la quotidianità è mutata tantissimo in pochi anni. E’ ormai diffuso il gioco del “come eravamo”; ogni decennio nel secondo dopo guerra ha avuto le sue specificità, oggi peraltro segnate da noti attributi, dai boomers, agli x, y, z, fino agli alpha, per citare solo le ultime e trascurare le denominazioni sovrapposte. La denominazione delle generazioni, introdotta in Sociologia alla fine del secolo scorso, è forse una delle nozioni di quella scienza che ha colpito di più i giovani e ha tracciato una sorta di confine, anche sarcastico, tra i diversi componenti, tanto che l’epiteto di “boomer” prescinde ormai dal suo significato semantico e appare, privato di esso, quasi come un’ingiuria. Proprio a fine secolo, più o meno a metà degli anni Novanta, due innovazioni tecnologiche sono intervenute a cambiare la vita sociale di ciascuno; si tratta in particolare dei telefoni cellulari e di internet, mediante i personal computer, con una fondamentale differenza per chi ha vissuto anche senza questi strumenti, dunque ha sperimentato totalmente le piazze, la corrispondenza, il telefono fisso, le cabine telefoniche e chi con essi ci è invece nato.

Anna ed Edgar si conoscono in questa nuova era, in uno strumento che ancora esiste, ma che ha perso molto del suo impatto iniziale; si conoscono in un blog, forse magari oggi si può dubitare che questo strumento potesse essere anche un mezzo di socializzazione: lo era, oggi molto meno, l’uso dei blog è molto più mirato, a tratti più tecnico, sopravanzato dai “social”, più diretti, ma certo meno profondi. Per farla breve, i due, nel giro di un po’ di mesi, fanno il primo step e si scambiano i numeri di telefono e da lì bruciano i tempi, aumenta la frequenza dei contatti, si perviene al primo incontro e tutto evolve rapidamente, fino a sentirsi, anche se lontani, più volte al giorno e in conversazioni sempre più lunghe…

Ma qui non si deve spoilerare l’intero rapporto, benché fosse necessario introdurlo, qui occorre parlare delle “loro notti”, in particolare della fase del rapporto in cui vivevano notti insonni al telefono, notti d’amore e drammatiche allo stesso tempo, perché alla veglia notturna seguiva, senza soluzione di continuità, una giornata di lavoro, a volte anche una trasferta…

Siamo in pieno inverno, è passato qualche anno dalla loro conoscenza, il rapporto è all’apice, sono giorni che si sentono continuamente a tutte le ore e si mandano una miriade di messaggi; è amore perché entrambi conoscono il comportamento di quando non lo è; non è detto che debba essere necessariamente così, ma si sono scelti e hanno scelto questa modalità, l’unica che gli dà serenità ed è scevra di qualsiasi fastidio, che ci sarebbe senza una passione così travolgente, lo sanno.

Oggi lo ha riempito di “ti amo” e gli ha detto anche “ti voglio assolutamente”. Edgar è felice.

Sale a letto all’una e la chiama, succede qualcosa di travolgente, neppure narrabile, forse neppure credibile, sono separati da poco meno di 1000 km eppure fanno l’amore, manca la presenza fisica, ma l’amplesso è totale.

In questa notte di follia, lei così schiva, gli chiede dei versi, non si trattiene più, è un’esplosione di passione. Nascono dei versi parossisticamente erotici.

Attenzione verso i corpi, come in attesa di input di uno da parte dell’altro e l’attrazione irresistibile che ne prescinde e fa pressione. Le menti sono ormai altrove catturate dalla frenesia del desiderio travolgente, da immagini eccitanti vissute, di lei sulle scale e lui sotto che con un balzo l’agguanta e sussurra “E allora?”, manco fosse una resa dei conti.

Inizia un gioco di sguardi e perfino la dissimulazione per l’eccessiva erezione che permette perfino di dialogare di giustizia sociale, in una sensuale simulazione che aumenta la frequenza del suo respiro, come una sorta di implorazione e lui comincia a navigare tra le cosce, i seni, la bocca, l’amplesso è deflagrante e duraturo, fino a spegnersi lungamente in sospiri, baci… “Come!”

 81 le nostre notti

53 Le nostre notti (125 – XXVII.XLIII – 11.2 a) a 28.02.2024

SOLE

Gli albori adolescenziali sono caratterizzati da fatti veramente singolari, quanto apparentemente insignificanti. Apparentemente appunto, perché in realtà hanno un impatto fondamentale sulla formazione di una persona; il fatto che se ne parli e si rifletta su essi dopo tanti anni ne è una dimostrazione.

Il nostro “eroe”, sedici anni appena compiuti, non ha una nutrita agenda di impegni, il suo tempo da qualche anno è occupato da sogni, fantasie, scrittura di versi, attenzioni verso le ragazzine, che raccolgono quasi per intero anche le altre tre occupazioni, poi certo c’è la scuola e tutto quanto fa parte della “routine” quotidiana, ma in qualsiasi impegno si infila prepotentemente quello principale, che si è ben capito.

Dovrei parlare di “amore” per semplificare e garantire una certa chiarezza, e perché no allora? Per una questione di mero pudore, di tenere un profilo letterario modesto, insomma per evitare di rendere il racconto spavaldo, eccessivo…

Tuttavia, chiarito questo, non si può neppure rischiare di non riportare il vero, per quanto semplice, sempre nello spirito del resoconto formativo dei nostri personaggi, per il piacere di conservare spunti psicologici e sociologici: una sorta di conflitto tra normalità ed esaltazione di essa. E ciò valga per quasi tutti gli scritti a tema adolescenziale da me prodotti. Infatti ci torno spesso nella speranza che prima o poi riesca a esprimere con chiarezza il concetto.

Nonostante questi vari ripensamenti, in origine il racconto era espresso in modo piuttosto esagerato, eppure quella era l’espressione pura delle emozioni del momento, pertanto la revisione si divide tra la necessità soggettiva di verità e quella obiettiva di un contesto oggettivo. Una gran lotta che comunque vede termini come “conclusione”, “fine”, “amore”, “tragedia”… riletti oggi, un tantino esagerati.

Pensate a L, la nostra protagonista più recente, lontana dagli occhi, lontana dal cuore, e immaginate una M, un’estate trascorsa insieme, il nuovo angelo, riluttante, ma non del tutto scevra dal piacere dell’assedio amoroso e l’inaspettato arrivo dell’altra nel mezzo del nuovo contesto… Consueta situazione in cui si perde capra e cavoli. Che fare? La duplice inibizione non porta a nulla di buono e non sarebbe stato meglio il persistere o il deviare, anzi sarebbero state soluzioni più gravi.

Sulla mera realtà tutto finirebbe qui, ma in adolescenza la realtà quotidiana si accompagna alle fantasie notturne, le quali ben sceneggiate conciliano pure il sonno, poi i sogni vanno un po’ dove vogliono e comunque non esattamente dove vorrebbe il sognatore.

La soluzione fantastica è introdurre meravigliose utopie, avvolgere L di passione e carezze, giacere insieme sotto le stelle e svegliarsi all’alba. Il sogno me la restituisce invece incollerita, stupita, deridente…

L’adolescente non è del tutto scontato, può sì rassegnarsi alla negatività, crogiolarsi in essa, ma all’opposto può anche trovare soluzioni positive per quanto irreali, trovare addirittura il sole come alleato e ipotizzare che il sole stesso assicuri un lieto fine.

Al di là del fatto poco rilevante, dall’esito scontato, potremmo deviare il discorso su un piano morale superiore, su cosa sia più utile per l’umanità in tempi difficili come questi. Cosa abbiamo in campo oggi di preoccupante a livello globale? Guerre, violenza, inquinamento, cui dovrebbero opporsi: pace, dolcezza, ecologia…

Se pensassimo di non poter far nulla, come suggerirebbe la realtà delle cose, saremmo comunque spacciati, potremmo scegliere tra scomparire o rassegnarci alla perdita totale della libertà. L’alternativa è creare un “esercito” globale di nonviolenti, antimilitaristi, pacifisti, ecologisti, che portino avanti una massiccia azione di contrasto alla minoranza che crea i pericoli per la vita dell’umanità. A volte si tratta di pochi uomini. Come possiamo lasciare in mano ad essi il destino del pianeta e della vita?

Occorre che l’umanità e le singole persone recuperino la loro capacità di ragionare. Cosa è meglio e cosa è peggio. Un piccolo esempio: come possiamo condannare chi chiede un forte e decisa transizione ecologica e cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica realizzando comportamenti clamorosi, come un blocco stradale o tingere di vernice lavabile un monumento? Condanniamo un blocco su strade che a breve non potremmo neanche più percorrere per una molteplicità di ragioni, o un’imbrattatura, facilmente rimovibile, a scopo di sensibilizzazione, quando a breve non potremo neppure più vederli quei monumenti.

Non so, il ragionamento semplice, non condizionato dai signori dell’irrazionale, può magari aiutarci a risolvere banali dilemmi personali, ma addirittura importanti problemi planetari.

 sole

52 Sole (9 – II – 8.11 s) a  30.1.2024

UNA CONCLUSIONE

Un altro capitolo dell’epopea di L e del nostro narratore nei loro sedici anni; appare un po’ sbiadito nel ricordo, ma le testimonianze del tempo assicurano momenti di intensa passione prevalentemente di lui che ne custodisce memoria e li valorizza.

Ce n’è bisogno trattandosi di giornate semplici, piccole feste musicali nelle piazze o nei cortili di nonni e prozii, dove l’apice dei bollori adolescenziali si sfogava appiccicati nei lenti d’epoca, agevolati da profumi, carezze celate, il piacere del tatto sugli indumenti e delle labbra nello sfiorare il viso o il collo. Non erano solo effimeri piaceri, ma anche atroci sofferenze per fatti insignificanti causa di grandi paranoie, di analisi infinite, amplificate, che rivisitate oggi strappano un sorriso, ma hanno avuto importanza probabilmente fondamentale nella formazione individuale, sono storia nouvelle, dei comportamenti sociali…

Come oggi il panorama musicale giovanile era complesso, forse un po’ meno, ma non percepito universalmente; diversamente da oggi meno confuso nei generi, forse più netti e meno contaminati. Oggi nel termine “pop” viene racchiuso un po’ di tutto, anche quel poco che resta di un certo filone “impegnato”, nel tempo che stiamo analizzando non era ancora esploso il progressive, ma si era in piena era psichedelica, poi assorbita da quello e si poteva semplificare chiamando il tutto rock, non esattamente nel senso originario (rock ‘n roll), ma in un nuovo significato semantico che andava dalle rielaborazioni classiche fino all’hard rock, tutto ciò si contrapponeva al “commerciale”, “leggero”, “melodico”. I due generi nel periodo di transizione videro anche degli ibridi o “traslochi”, soprattutto dal commerciale all’impegnato (negli anni successivi è avvenuto anche il contrario, cito per tutti Alan Sorrenti). Un po’ nel mezzo stava il dutch sound (Shocking Blue, Robert Long & Unit gloria), gruppi anglo-francesi (Rare bird, Jupiter sunset – Back in the sun), anche italiani (Quelli, poi PFM; New Trolls, Orme)… Si usava scrivere versi usando la metrica di brani famosi, esempio Take to the mountains di Richard Barnes, diventata 2 novembre (poi in revisione Una conclusione).

Che accadeva quel 2 Novembre? La mini vacanza scolastica si trasformava nella possibilità di re-incontrare amicizie lontane, in quanto molti si trasferivano nei luoghi d’origine per la ricorrenza.

Gli incontri potevano creare momenti di gioia o anche rammarico. Con L era tutto finito sotto l’aspetto sentimentale e lui sentiva un senso di frustrazione in sua presenza, si abbandonava alla nostalgia ascoltando continuamente la struggente Back in the sun, che aveva accompagnato momenti migliori. All’amarezza si aggiungeva il rimpianto di non aver osato abbastanza quando poteva, i sentimenti erano contrastanti, dal dolore al desiderio di voltare pagina e tentare di dimenticare. Anche stare con gli amici aumentava lo sconforto, il senso d’angoscia.

Dimenticare è facile solo a dirsi, i pensieri difficilmente si possono fermare: allora si rimugina su tutto, sugli ideali differenti, alla vita che lei condurrà “lontano”, a quali saranno i suoi pensieri e la reazione ad essi. Tuttavia presto la delusione lascia spazio all’illusione e alla speranza, magari in un nuovo incontro che possa dare sollievo. Ed è un ciclo continuo in cui alla positività segue il dispiacere, il non capacitarsi del precipitare del rapporto appena al suo inizio e nella stagione meno adatta a reagire, quella più buia e fredda.

Inutile ribadire le considerazioni già ampiamente esposte sugli scritti ultragiovanili, piuttosto retorici, talvolta ripetitivi, monotematici, ma tuttavia documenti utili alla memoria. Se non ci fossero buona parte di essa si perderebbe, giacché talvolta sono incentrati su episodi oggettivamente insignificanti, ma che invece aprono un mondo nei ricordi della persona interessata, per questo vanno valorizzati come documenti fondamentali per la ricostruzione di storie, fungono da piccoli tasselli che uniti ad altri creano un racconto dettagliato, che altrimenti sarebbe aleatorio e privo di interesse per gli stessi protagonisti.

8 una conclusione

 51 Una conclusione (8 – II – 5.11 s) a 30.12.2023

SITUAZIONE… SOLUZIONE

Ancora adolescenza e L, la stessa del pezzo precedente, ma mentre quello era un racconto reale, questo è molto fantasioso, perché sovente, quando ci si infatua di una ragazza, se tutto non va esattamente secondo i desideri, subentrano le fantasie non necessariamente notturne, ma preferibilmente, perché è un metodo infallibile passare dall’invenzione di un sogno alla concretizzazione del sonno. Peraltro pare sia un metodo diffuso e sicuramente più piacevole del conteggio delle pecore.

Il nostro ispiratore e protagonista si muove in un’ampia visione del mondo tra pacifismo e protesta contro l’incombente odio, rivolgendosi all’amata da persona navigata che conosce la società nella quale domina il malessere. Il sogno d’amore si fa invettiva giacché sulla terra non c’è un angolo di pace e l’amore (si affronta il concetto retorico secondo cui il passato è sempre meglio del presente, ma il quasi sedicenne può. Infatti, più adulto, nel tempo della negazione assoluta della positività, ammette che vi siano pochi spazi di pace, prevale un piccolo ottimismo) si è trasformato (prevalentemente) in odio… Eccoci! Ma questa situazione non scalfirà il nostro amore. Lo dimostra il fatto che quando ci siamo incontrati questa amara realtà è svanita (mentre il sogno originale si attardava in azzardi pessimistici e pseudo sociologici muovendo critiche anche a una collettività sessuofobica, e da questo punto di vista in buona parte continua ad esserlo). Eppure il nostro adolescente vedeva ai suoi tempi e nei suoi luoghi un paternalismo bonario, degenerato in seguito.

Il sogno, in quanto fantastico, mostra passato remoto, passato prossimo e presente della relazione, un artificio funambolico per un sedicenne, poiché non può vantare una lunga esperienza.

Così il sogno temporeggia tra passione, sentimento, struggimenti vari dovuti ai malintesi di coppia, alle reciproche accuse di affetto parziale, stante lo svolgersi del tutto in una società piena di contraddizioni. L’irrazionalità sposta questi problemi affettivi in accuse a terzi, alla moltitudine, che nel giro di pochi anni non si commuove più, non ha più cuore, tutto si è meccanizzato, robotizzato, la pancia del boom economico strizza l’occhio al futuro, al surreale. Il non capirsi, il non amarsi, il non piacersi più è colpa di questo insieme che avanza, questa forza priva di sentimento.

“Penso proprio che le macchine, vincendo le menti umane, abbiano fossilizzato le anime” pertanto occorre lottare per la liberazione esistenziale, studiare una rivoluzione dal Libro, dalla scrittura.

Il pensiero adolescente fa riferimento a lettere, alla corrispondenza tra i due, della serie, siamo noi a risolvere e nei tuoi scritti trovo la gioia. La revisione matura fa riferimento alle Scritture, al Vangelo, alla nonviolenza, alla Carità e alle altre virtù poste al servizio di questo amore evanescente che si nutre di sogno e speranza e che accusa il mondo ipocrita di remare contro, così occorre isolarsi per non subire la sua contaminazione.

La visione onirica si fa narrazione cinematografica, una sceneggiatura con per protagonisti i supereroi dell’agàpi, con il mondo acerrimo nemico, ed è la loro forza, giacché bastano a se stessi, lotta lotta lotta… Tuttavia non si sogna in due, l’unilateralità può essere solo consolatoria, un palliativo temporaneo e tuttavia resistente, finché una nuova storia non lo mette in non cale.

Stravedo per la fantasia adolescenziale, quando le passioni sono davvero tali e incondizionate, forse al di là di tutto anche indifese, dove la retorica, che c’è, è però impalpabile e imperturbabile. Quando si cresce non è più così, la maturazione, l’esperienza, lo studio, la comprensione, portano un po’ a vergognarsi di queste pene d’amore espresse senza pudore.

Al di là del focus sull’amore di due adolescenti, certo centrale, resta fortemente d’attualità, non solo nella visione del sognatore, la prevalente presenza di odio nel mondo; è bene precisare, più che di prevalenza numerica, si tratta di preponderanza dell’arroganza a tutti i livelli, dai fattacci che ogni giorno si verificano non solo nelle nostre strade e coinvolgono due o più persone, alla politica a dir poco reazionaria di chi manifesta il suo potere rigorosamente per i propri interessi diretti e indiretti e che in base a questi, oggi ne dice una, domani il suo contrario, incurante degli effetti dannosi sulle masse, sul popolo, in parte stanco, assuefatto, rassegnato, incapace di reagire efficacemente.

… E allora, se neppure la storia ci ha insegnato nulla, anzi si cerca di celarla ai più, se la guerra prevale sull’intelligenza, che faremo noi… e dove andremo noi…?

situazione...soluzione

 Situazione… soluzione (6 – II – 11.10 s) a 27-30.11.2023

UNA PAGINA DI STORIA

Tornare a trattare di scritti adolescenziali quando ormai l’adolescenza è passata da un pezzo e non lo si vorrebbe neppure ammettere, è un esercizio piuttosto contrastante, soprattutto le sensazioni lo sono e non sono assolute, comprendo che dipendano prevalentemente dai momenti che si stanno vivendo, a tratti appaiono illazioni… Peraltro non essendovi la controprova sull’interpretazione fedele di un testo, ci si improvvisa tuttologi; direbbe allora il narratore: “il giovinetto…”, in un misto di malinconia, curiosità, poco piacere, forse riflesso nel tempo, in una sorta di associazione/dissociazione alternata. La cosa certa è che le sensazioni sono diverse, mutate, per certi versi sorprendenti, più che le attuali, quelle di allora.

Osservo subito, che al di là di quella che conosciamo, l’importanza della scrittura comprende certamente la negazione dell’oblio privato, in parole più povere, di ciò di cui si è scritto si conserva memoria, mentre di molto che non si è scritto è più problematico tenere memoria, almeno quella spicciola, immediata.

Con L. si conobbero da bambini, diciamo pure da pre-adolescenti, poi si frequentatrono e si scrissero per anni fino alla maturità, non si può dire troppo perché si è vincolati da una certa privacy d’opportunità e le postille in voga ai tempi: i fatti narrati sono frutto della fantasia, eccetera eccetera, sono ormai anacronistici, almeno per alcuni indirizzi stilistici.

Dei loro primi incontri, accompagnati da rispettive zie, ricordo poco, forse stettero taciturni e imbarazzati, condizionati dai discorsi dei grandi, ma in uno di questi erano invitati a un matrimonio, trascorsero tutto il tempo insieme e goderono di una certa libertà, acquisendo una certa confidenza; lei era piuttosto disinvolta ed estroversa, ci si stava bene, e il timido, si sa, una volta in fiducia si scatena. Così al di là dei momenti collettivi, si ritagliarono una certa intimità obbedendo alle prime pulsioni ancora embrionali, insomma si appartarono e assaporarono i primi bacetti, abbracci, qualcosa del tutto improvvisato e di cui non conoscevano nulla di più del naturale impulso… I dialoghi farebbero sorridere… Ne uscirono un po’ “fidanzatini”…

Gli altri ricordi vanno agli anni della prima adolescenza, quando già si scrivevano e passavano del tempo insieme, anzi erano talmente sempre insieme che la cosa non solo fu osservata, ma anche scoraggiata, con disappunto di entrambi e soprattutto del nostro “giovinetto”.

Crebbero, le loro lettere ne sono testimoni, insieme organizzavano feste, si allargò il gruppo di amici… le storie cambiano velocemente, specie in quegli anni.

Le dedicò dei versi in alcune occasioni, aveva iniziato a farlo a quattordici anni, come fanno molti ragazzi e ragazze; nulla di interessante se non per il fatto che ricordano momenti della loro storia personale ed è questo che li riempie di importanza.

Sto esaminando i versi celebrativi per il quindicesimo compleanno di lei, resi asciutti da parecchie modifiche tese a smorzare la retorica un po’ banale. L’originale risulta molto enfatico, il titolo anacronistico “Nasce una donna”. La metrica richiamava la canzone “Anna” di Battisti. Dopo le varie revisioni i versi sono diventati liberi e definiscono la sua nascita “Una pagina di storia”. L’enfasi persiste ma meno, diciamo che le variazioni hanno permesso un recupero alla meno peggio.

A suo tempo, sostiene sinteticamente, i tuoi genitori si sono amati e sei nata tu, fu un evento importante e la famiglia ne gioì. Il “caso” ci fece incontrare, non il destino e nel farti gli auguri ti incito ad agire come desideri, secondo la conoscenza soprattutto di te stessa.

Un semplice omaggio, coronato da suggestioni musicali nuove; con il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, declinava Battisti e si imponeva il soft rock, poi definito progressive; uno dei maggiori gruppi erano i Procol Harum, dalla musica molto suggestiva, intrisa di contaminazioni classiche e testi poetici surreali, pertanto per stare in linea chiosava in un appunto: salteremo il facile fandango e gireremo per le strade allacciati, ma non voglio che il tuo bel viso diventi nella notte un’ombra bianca di pallido. Ma davvero il fandango è così facile?

10 una pagina di storia

Una pagina di storia (10 – II – 23.11 s) a 22-23.10.2023

A UNA COMPAGNA

Scrivere per tessere di mosaico comporta il rischio di ripetersi, ma il peggio è se ci si contraddice. Neppure tanto però: potrebbe migliorare l’elaborazione del testo per capire le ragioni della contraddizione, o l’esame dei differenti contesti, studiare il senso del seguire se stessi.

Forse si è già scritto di “retorica” in questi testi, e non di ars retorica, ma banalmente ciò che intendiamo oggi, qualcosa di artificioso, ricercato, ad effetto. Sicuramente negli scritti adolescenziali questa cosa c’è, è documentata, ammessa, perfino compresa. Si percepisce la consapevolezza di trovarsi davanti a un testo che ha questo “difetto” e tuttavia scaturisce da un’esigenza positiva.

Sedici anni, seconda superiore ormai conclusa, classe mista, ormoni in subbuglio (il primo bacio ha da venire, ma è imminente). Si tratta chiaramente di un periodo formativo importante, anche se non decisivo (quello arriverà tra qualche anno), come trovarsi Entre dos tierras (per dirla con un brano rock gotico-new wave importante). La tipica fase di transizione in cui si alternano amori, delusioni, cronaca, rivolta, individualismo cristiano militante, primi approcci movimentisti confusi.

Contrariamente al primo anno, il nostro, legò particolarmente con alcune compagne di classe peraltro più grandi di lui. L’anno precedente in questo senso fu piuttosto problematico, un po’ per lo snobismo di alcune, un po’ per l’età, l’inesperienza, l’inadeguatezza da entrambe le parti.

Legò in particolare con due di loro, sue vicine di banco, perché in qualche modo lo incoraggiavano, erano solidali, si creò un rapporto anche fuori dalle mura scolastiche.

Le due ragazze erano amiche ma piuttosto diverse tra loro. Lui stava in un banco laterale rispetto alla cattedra, e sedeva “perpendicolarmente” a lei e alla sua compagna di banco, una bionda, bella, per la quale si era preso una cotta e con la quale condivideva gusti più leggeri e il dutch sound… ma è dell’altra che dobbiamo parlare, la più sensibile della classe, quella che amava divertirsi,  ma si commuoveva e versava lacrime vere di fronte a ingiustizie consumate vicino o lontano da lei nello spazio e nel tempo o anche solo nell’udir parole di approvazione per esse. Sognatrice, amava i poeti spagnoli, come Rafael Alberti (Balada para los poetas andaluces de hoy). Nell’Istituto, un vecchio convento, per starci tutti dovevano ricuperare degli spazi, tra archi e colonne.

Gli era capitato di doverla consolare alcune volte, piangeva più per rabbia che per dolore, nel senso che non tollerava il razzismo in senso ampio, neppure nei ragazzi della loro età. Ovviamente la pensavano allo stesso modo, ma in classe c’erano elementi neofascisti o almeno reazionari.

Questo suo soffrire gli provocava dispiacere tanto era spontaneo e non controllabile, così intorno alla fine dell’anno scolastico scrisse per lei un testo che a distanza di tempo gli apparve per certi versi retorico e che modificò cercando di salvare il salvabile. Secondo alcune sue amiche le versioni originali sono migliori delle versioni modificate, ma chi resiste quando la retorica si tocca con mano?

Lei era una ragazza che amava il divertimento e nello stesso tempo era particolarmente impegnata, cose non affatto in contrasto; andavano alle manifestazioni politiche della sinistra studentesca… Gli sembrava che averla definita “divinità”, “pace inerme”, fosse piuttosto fuori luogo. Eppure in quella prima stesura c’è una punta di ironica polemica, di celata esaltazione.

Chi si era sostituita a quella ragazza che amava andare in giro in moto a cosce scoperte? probabilmente nessuno, non la conosceva ancora, pertanto la riconobbe per ciò che realmente era: una persona giusta, cui dava grandi responsabilità, come la redenzione degli uomini, una jesus di cui manco a dirlo diventò discepolo. La logica del testo invoca che il divino non si soffermi nei retti, ma in chi fa la guerra e il male. Concetti elementari originali, rivisti, ma solo nell’esposizione.

Il narratore si chiede, che ti è successo? Sembravi una come tante, invece sembri diversa da ciò che vedevo prima di frequentarti, oppure sei semplicemente stata sempre così? posso sbagliarmi, dimmi tu come stanno le cose, tuttavia ora è ben evidente, al di là della tua femminilità, l’aspirazione al bene. La politica demagogica e ingannatrice fa la guerra al mondo e tu puoi fare molto per smascherarla (un compito pesantissimo), liberiamoci dal sistema impostoci fin da piccoli. E, il potere deve essere distrutto, perché è da esso che nascono i mali dell’umanità.

14 a velia

A una compagna (14 – III – 3.6 s) a 24.9.2023

PURGATORY (strumpet)

Questa “comedia” termina con il Purgatorio, è una “mondana” comedia, inizia dal bello, continua con momenti no e si infrange nel palliativo. Il riferimento alla “divina” è solo nominale.

Non c’è alcun Virgilio e l’eventuale Beatrice (Ginevra) è ora solo un pensiero inespresso, relegato agli altri due momenti, e questo conclusivo, ma sostanzialmente di mezzo, si frappone tra sofferenza acuta e speranza.

Ginevra e Graham vivono sospesi, appesi a notizie, suggestioni, pensieri, episodi… transfert… Hanno momenti di distensione, come possono essere una giornata al mare, un incontro improbabile, simpatia contingente, lusinghe, contatti e tenerezze, vorrei ma non posso… Una giornata normale, diversa, rappresentata come una sorta di apocalisse digradante, espressa in lingua inglese, come se ciò la facesse apparire in una dimensione più irreale.

“Strumpet” non ha accezione negativa, semmai retorica e allo stesso tempo provocatoria rispetto al giudizio della gente sulle ragazze naturalmente affettuose o in cerca d’affetto.

Peraltro nella scrittura la realtà si contrappone alla fantasia, la banale cronaca al surreale costruito con tutti i mezzi a disposizione e con l’idea di avanguardia che rende suggestiva qualsiasi tipologia espressiva, perfino materiali inesistenti da oltre un secolo utilizzati per costruzioni fatiscenti che non starebbero né per terra, né in aria.

Così la giornata al mare in torpedone, in un luogo relativamente lontano ma abbastanza noto al protagonista per averlo frequentato da bambino, si trasforma in un “purgatorio” molto particolare e fantastico. La gita collettiva ha i soliti sviluppi, mare, pranzo, passeggiate e ritorno, socializzazione con le persone conosciute e focus su chi interessa maggiormente fino a creare un certo pathos, ma lasciamo perdere la piattezza.

Graham si trova davanti a una porta e ha alle sue spalle i mesi di alienazione transitoria, vi entra e si trova davanti the window sill dalla quale scorge the artificial horizon, elettrico, magnetico, manco la terra si fosse trasformata nella scenografia di un film di fantascienza.

Una situazione normale, se non fosse per tutti quei luccichii e scoppiettii. Una casa comune, vuota, vicino a the gutter si scorge un cavo che avvolge una colonna (sarà infame) alla stanza, che sa di plenary cell in cui espiare e là c’è una donna, bronzea, sembra a lamb of molten gold, forse richiama il vitello d’oro biblico; simboli inquietanti, si fa presto a dire bitch, strumpet (magari trumpet, beach). Ella prega, eppure non distrugge il pregiudizio (black death), come si fosse solo messa a lucido, tanto che in quel contesto surreale e visionario estrae dalla cenere una cornice arroventata ove sta scritto il suo motto: sono semplicemente una donna, né pietra, né pianta, neppure cultrice della ruggine, pertanto faccio l’amore e non sto a badare quando e con chi. Eppure tiene un diario, lo custodisce con cura e ne trae piacere.

Lui si accosta, vi si siede accanto, si eccita scorgendone il viso, l’attenzione precede qualsiasi gesto che non sia la pressione tra i loro corpi, la penombra cela la loro intensa emozione, il loro rossore, le loro gocce di sudore; la temperatura è aumentata nonostante la frescura vespertina, lui cerca il suo corpo, le morbidità, le sue labbra, lei resiste al di là dei “cattivi” pensieri anzidetti e in quel contesto molto particolare, come può esservi il cielo in una stanza potrebbe starci anche il mare, almeno una piscina; il luogo si trasforma in un solarium, in cui giacciono dopo un bagno rinfrescante e stesi uno accanto all’altra tornano a bruciare, a smaniare, a pulsare, a possedersi.

Ora la mente vaga tra realtà e fantasia, è un peccato in questo periodo così particolare o tutto va circoscritto nel confine dei desideri? Non c’è tempo per riflettere, trattasi di bizzarrie, perché lei è già in piazza, nella confusione, a mettere in pratica il suo motto, a rinfocolare il pregiudizio che sia troppo facile… e perché lei e non le decine di individui che le stanno intorno a struggersene?

Sono ancora dentro la cella (i registi sono capricciosi), dove ha preso a ruotare l’elica e rinfrescarli, la sua pelle nuda è intirizzita e chiede di riscaldare i suoi brividi… “Ho freddo…” (si dice anche nei migliori film) ed è azione importante, nonché piacevole, dare calore, specie da adolescenti, quando il cinema d’essai aiuta tanto. E chi se la dimentica questa? Le vent nous portera encore…

21 purgatory

Purgatory (strumpet) (21 – III – 16.11 s) a 28.8.2023

INFERNO (alienazione transitoria)

Titoli che sanno di comedia, il racconto continua. Inferno e paradiso insieme con quel saluto struggente e intenso.

A sedici anni si drammatizza, visto da occhi lontani magari, ma quella fu una tragedia vera e propria, l’avvio verso una caduta prevedibile, ma che dei giorni bellissimi, concessi e rubati, imponevano di accettare, in silenzio.

Ciò che avviene spesso nella produzione letteraria antica, ma anche moderna e contemporanea, accade anche a chi predilige in essa la positività, rarissimo trovare un capolavoro – percepito tale universalmente – che abbia la felicità come elemento prevalente. Si preferisce apprezzare il dramma, le vicende che non si risolvono con il lieto fine più o meno sdolcinato, così anche nella comedia dantesca a prevalere è l’Inferno, ed è così anche nella mia modesta esperienza, per apprezzamenti, conoscenza, pubblicazioni antologiche, Inferno (Alienazione transitoria), ha da sempre raccolto consensi, con le dovute proporzioni, s’intende…

Questo “inferno” racconta del congedo – dopo amori platonici e unilaterali – del primo amore vero, concreto, tangibile; della scoperta di un nuovo mondo dove ci si butta dentro con tutto se stessi… Eppure il momento del saluto, del distacco, sebbene pieno di speranze, è particolarmente doloroso. E i ricordi del periodo immediatamente successivo non possono essere piacevoli.
Ginevra e Graham si erano già salutati, il canto del cigno era stata la giornata in montagna, nel bosco, una fuga dopo l’altra e quel “paradiso” terminava con una mano lasciata indietro, verso di lei, e che lei trovò per un contatto infinito, finché l’ultimo dito non si staccò.

Era finita, in quel gesto che osava, in quel gesto leggibilissimo, in movimento, in passi lenti ma abbandonanti, quasi di sbieco, nel buio reale di un cortile che li aveva visti insieme e da soli per tanti anni; buio reale, ma anche interiore, che cresceva man pano che i passi si allontanavano.

Una notte diversa dalle altre, a tratti insonne a rimuginare cose non fatte o a recriminare per situazioni ideali mancate, o con incubi trapelanti da colori chiaroscuri con sibili amplificati dallo stato d’animo evocante fantasmi evanescenti, roba che un horror ti fa un baffo.

E’ l’inferno di non so quale autore drama/surreale, senza grazia, nelle peggiori situazioni, in continua fuga, in continua caduta.

Egli sente i suoi lamenti spettrali, roghi di umani, in un vagheggiare un piacere sfumato, delle immagini fuori dal contesto di lei che partorisce in un manto di rose.

La scossa nel sogno lo riporta al contesto tremendo, al sogno originario, infuocato, diabolico, a un’invasione di serpenti, eppure è dal peggio che inizia la lotta, la prova estrema che restituisce la forza per combattere, per redimersi, per trovare nuove speranze nella vita quotidiana.

Lei sarà sempre adorata al di là di ogni aspetto e situazione, in un contesto di positività, sarà comunque voluta, desiderata, cercata nelle notti che si alterneranno, le fantasie si moltiplicheranno in un ambito futuro ancora paradisiaco, finché dal dolore, da quel senso di malessere latente, emergerà un’alba di sole assolutamente gioiosa, dai colori chiari.

La sintesi di una storia si presta anche a considerazioni sulla scrittura e in particolare sulla suddivisione in parti, specie se essa avviene in tempi e contesti diversi, che solo parzialmente è questo caso; non ci sarebbe neppure da ribadirlo, se non si trattasse di ricordarlo a se stessi come complemento della memoria degli eventi umani, peraltro dissimili da tanti altri, si fa sociologia, statistica.

Più pertinente invece è l’aspetto stilistico che l’approccio descrittivo, il tema, condiziona fortemente. Pertanto vi sarà differenza tra un approccio a tematiche mielose, euforiche, difficili da rendere senza scadere in un minimo di banalità e aspetti crudo/drammatici che descritti lontano dai fatti cui si ispirano operano il rischio opposto, lo stare tra gotico e barocco, quand’anche rococò.

Avvicinare la scrittura al genere artistico materiale può non essere il massimo, ma rende abbastanza l’idea, sempre a seconda dell’idioletto in cui ci si è formati ben inteso, perciò in questo stravolgimento dell’ordine logistico da Inferno-Purgarorio-Paradiso a Paradiso-Inferno-Purgatorio, rispondente a esigenza sentimentali e non politico-religiose, soprattutto in età ancora adolescenziale, piuttosto che “nel mezzo del cammin”, il linguaggio, lo stile, l’espressione, chiamano se stessi, e il risultato è l’opera per quanto kitsch, comunque bella (solo per spirito di citazione).

alienazione transitoria

Inferno (Alienazione transitoria) (20 – III – 23.10 s) a 30/7/2023

PARADISO (evasione)

Sul cedere alla passione, sulle sue modalità, si saranno scritti fiumi di parole neppure originalissime. Il mio ragionamento, semplice, parte dall’esperienza, da considerazioni razionali che tali non possono essere quando si vivono certi momenti: gli estremi sono l’abbandono totale al piacere o il freno della razionalità, che è piuttosto frustrante anche se alla lunga può pagare.

Ginevra e Graham scelsero la prima soluzione e alla fine ne mostravano i segni inequivocabili e leggibili anche da chi sorvegliava sulla loro minore età, e soprattutto su di lei. Non abbiamo mai vissuto, tranne rare eccezioni, in un mondo che non fosse paternalista o, un tempo, maschilista.

Così lei fu ripresa pesantemente, dovette sottostare a dei veti e conseguentemente regolarsi. Fu l’inizio di incontri rubati, delle evasioni, delle strategie per vedersi, un periodo complesso nel quale gli incontri solitari si fecero sempre più rari e conquistare un bacio diventava un’impresa. Come accade in questi casi le menti elaborano e giungono a qualche rimedio: la campagna, le strade poco trafficate fuori dall’abitato, il loro ponte e per non dire che stavano perdendo qualcosa si lasciavano andare a stranezze amorose, come anche rotolarsi abbracciati per strada nel buio più fitto.

L’infatuazione era alle stelle e a lui pareva di essere più preso, ma in realtà la vivevano solo diversamente, semplicemente Graham non nascondeva la folle passione che provava, lei invece riusciva in questo. E lì mancò due giorni e fu drammatico, anche perché si avvicinava la partenza definitiva per quella estate, saliva l’ansia, la paranoia, la vedeva cambiata, forse era solamente più razionale, elaborava il distacco.

Ebbero un’ultima giornata d’amore durante una gita campestre sull’altipiano, in un bosco piuttosto selvaggio, dove appunto era facile imboscarsi; ci provarono più volte finché ci riuscirono e non si risparmiarono, con una certa prudenza, che man mano si avvicinava il tramonto andava svanendo. L’ultima fuga fu un nascondiglio tra le rocce vulcaniche e lì anche Ginevra mollò tutti i freni e si lasciò andare del tutto… Non filò tutto liscio quando rientrò, perché tutto fu palese ed evidente, ma l’abisso, l’assenza che si prospettava davanti a loro lo esigeva.

Quel paradiso inatteso si concludeva così, con un ultimo saluto struggente indimenticabile e forse non si sarebbe mai più replicato con quell’intensità. Passò un tempo lunghissimo colmato da lettere fitte, ma anche da periodi molto freddi, prima di un nuovo incontro.

Le riflessioni cui induce questo racconto sono innumerevoli. Mi viene da pensare ai luoghi in cui due amanti possono aver vissuto momenti così intensi di passione giovanile. Nella seppur breve esposizione si succedono una lunga serie di luoghi che certamente i nostri protagonisti avranno rivisitato durante la loro crescita. Essi possono aver subito una controversa serie di vicende: alcuni, ancora esistendo, si saranno modificati al punto di non essere più riconoscibili o rintracciabili, per il cambiamento anche solo della viabilità; altri potranno essere ancora pressoché immutati, muti testimoni degli antichi fatti accaduti; altri ancora saranno magari stati cancellati del tutto o quasi, senza lasciare traccia di se. E come si pone la memoria di fronte a un rinnovato passaggio in quei luoghi, tenuto conto che in base agli anni trascorsi ogni persona ha maturato nuovi rapporti, esperienze e quant’altro, e questo crogiuolo di storie si agita fino a una percezione evanescente, che a tratti neppure affiora più? Tutto dipende dal singolo individuo, dalle sue modalità di proteggere, esaltare o dimenticare il ricordo.

Chi tiene alla propria storia avrà preso le sue precauzioni per serbarne memoria, alimentandola nei modi dovuti… Allora insieme ad essa acquisteranno valore, quella campagna dove un tempo si coglievano le mandorle e ora è brulla, quel punto stradale che è rimasto immutato, quel ponte che non c’è più e se proprio vuoi ancora vederne una sembianza devi sfidare la scarpata o il bosco sempre meno fitto e selvaggio, vittima magari del cambiamento climatico o di qualche parassita che pian piano lo distrugge.

E’ davvero particolare e a tratti stupefacente osservare dalla finestra un paesaggio conosciuto da sempre, apparentemente immutato e che invece visto da vicino non è più lo stesso, come noi.

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45 Paradiso (evasione) (19 – III – 2.10 a) a 29.6.2023

PARADISO (libertà)

Nella scrittura può capitare di parlare in tempi diversi degli stessi precisi fatti – nella fattispecie anche a distanza di anni -, evidentemente in termini differenti e che autore e lettore valuteranno per proprio conto. Argomento e protagonisti sono gli stessi del post precedente (contemporaneo a questo) e dunque di quelli là segnalati, cui rimando senza bisogno di ripetere alcunché.

La temporalità della scrittura rispetto alla pubblicazione è stravolta: sotto l’aspetto intimo ne scrissi dopo, ma in sede di rivisitazione prima; pertanto ora, nei “canti per Eva”, accade l’opposto: ne parlo dopo, mentre in origine ne scrissi prima. Non so cosa ciò possa cambiare, forse l’approccio, il punto di vista, tra il parlare di una donna, di una coppia e il parlare di se stessi nel medesimo ambito.

Capisco che sia un esordio intricato, ma è soprattutto un’annotazione per me stesso, un promemoria che mi permetta una comprensione tecnica della scrittura.

I nostri sono sempre Ginevra e Graham, come li ho chiamati in “Un delirio” e seguente. Il dialogo è diretto, didascalico, cronachistico, diaristico, a futura memoria… E’ lui che parla a lei, fa rivelazioni, racconta le sue sensazioni cercando di cogliere le sue reazioni, di farle ricordare quei momenti semplici che non armerebbero di penna nessuno scrittore, nessun poeta, non è chiaro se per troppa oggettiva banalità o per una soggettività irraggiungibile.

I “Momenti di un amore” in questo contesto sono la sintesi dei fondamenti della vicenda, mentre ora si divide in episodi, e siamo all’apice della passione. Difficile riportare su carta quelle sensazioni, quei sentimenti, o per dirla col Poeta “Il mio veder fu maggio che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio” (Comedia, Paradiso XXXIII, 55-57). Il titolo non è dunque casuale. Tanto è vera la citazione che, questo brano, salvo qualche accorgimento linguistico, è fedele alla prima stesura, quasi per religioso rispetto. Mi rendo conto di aver fatto ampiamente un commento che avrei dovuto evitare in questo genere di rilettura in prosa, ma tant’è.

Scritto in epoca di progressive music, il brano è concepito come una sorta di suite, dove la “musica” sono le parole stesse, vista la vastità (c’è ancora una seconda parte e il corpus contiene anche Inferno – alienazione transitoria e Purgatory – strumpet – di cui parleremo a tempo debito).

E’ risaputo che è più facile scrivere del dolore, che della felicità; del brutto più che del bello; del negativo piuttosto che del positivo…”: che ci piaccia più la descrizione della sofferenza, che della felicità?

Ginevra sostava da tempo nei suoi pensieri, ne fantasticava l’incontro, specie ora che erano entrambi in piena adolescenza; tuttavia per lui erano fantasie irrealizzabili, lei era stata sempre sfuggente, di approccio complicato, ma allora erano poco più che bambini. Ora, il fatto che lei volesse stargli palesemente vicino era spiazzante, troppo emozionante, parlavano, si divertivano, tendevano a stare soli, per cui anche gli amici diventavano un peso, specie quando per andare con loro dovevano separarsi, così non c’era festa che tenesse. Cercavano anche l’incontro mentale, il collegamento telepatico, finché la passione prevalse su tutto e non si staccarono quasi più prediligendo isolarsi; ciò per loro era il “paradiso”, il primo bacio e gli innumerevoli che seguirono nelle loro passeggiate solitarie in tutte le ore del giorno e della sera, in città e in campagna.

Quando Graham stava lontano da lei aveva i crampi allo stomaco, gli si bloccava la digestione, era inappetente, qualcosa di incredibile. Individuarono poi il loro “posto” dove accadevano le cose più fantasiose e ogni senso era coinvolto. Lui in particolare si avvaleva del tatto, che gli dava un piacere immenso e nuovo, mai sperimentato prima, almeno con quei risultati.

La giornata al mare fu il non plus ultra, paragonabile solo al primo bacio; insieme, soli, e lui che smaniava per appartarsi e finalmente così avvenne: tutto il pomeriggio in pineta ad amoreggiare in ogni modo lontano da sguardi indiscreti, due adolescenti che giocavano a fare i grandi, sorpresi di se stessi, ma determinati e insaziabili.

In una situazione la cui descrizione rende molto meno del vivere quei momenti, lui sentì il bisogno di chiedere di più, quasi fosse un obbligo, infatti era talmente sazio che non sarebbe andato oltre la richiesta; lei era controllata, conosceva il limite che non voleva superare, pose dei veti, benché fosse inutile: si erano praticamente sbranati per tutto il tempo e ne avevano i segni addosso, ne avevano ben donde di simulare normalità.

Chi gli stava vicino non risparmiò allusioni, tutto appariva chiaro e si cercò di allontanarli; qui si intravedevano i caratteri, lei che riusciva a simulare indifferenza e realismo, lui pieno d’angoscia e di paura di perderla.

Forse non avrebbero mai rinunciato a una giornata simile valutandone pure i rischi, tuttavia terminava il loro tempo di libertà assoluta e si ritrovarono sotto un più ferreo controllo dal quale potevano solo evadere.

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44 Paradiso (libertà) (18 – III – 18.9 a) a 30.5.2023