BISAJUS

Bisnonni

Una delle emozioni più belle della vita è la meraviglia, meravigliarsi! Questo può accadere in infiniti modi, per un oggetto, un aspetto della natura o semplicemente per una sensazione.

Penso spesso agli antenati (ancestors), li ricordo costantemente tutti i giorni con affetto, anche quelli che non ho conosciuto, perfino quelli di cui non conosco l’esistenza, il nome; le mie ricerche non possono andare oltre la documentazione esistente, quella normalmente disponibile.

Capita allora di chiedersi quanti possono avere lo stesso tipo di fervore, non dico neppure come il mio, ma che un po’ si avvicini, dia un’idea e non mi limito ai nonni, perché qui la percentuale aumenterebbe in modo naturale.

Una persona che abbia questo genere di impulso affettivo ne tratterà, magari con un certo entusiasmo, in rapporto a chi si troverà di fronte; un padre ne parlerà ai propri figli con modalità differenti in rapporto alla loro età e si compiacerà dei riscontri positivi che riuscirà a ottenere.

Senza dubbio i nonni sono gli avi verso i quali un nipote potrà dare e ricevere affetto e dei quali potrà parlare ai figli, per i quali sono già bisnonni. Al giorno d’oggi è più facile conoscere tutti i nonni e anche qualche bisnonno/a. Volergli bene è naturale, siamo nell’ambito della normalità delle cose.

Come può nascere una meraviglia in questo contesto? Provo a considerarlo con un breve racconto.

Un ragazzo che diventa padre è investito da una variegata forma di emozioni, non starò a descriverle tutte, sia chi è papà o mamma, sia chi aspira a diventarlo, può già immaginare per averle vissute o per aver osservato quelle di altri.

Questo “non stare più nella pelle” comporta tutta una serie di comportamenti spontanei o anche meditati.

Il nostro papà amava spesso parlare alla propria figlioletta di circa tre anni dei propri nonni, bisnonni della bimba; gli piaceva che la piccola imparasse a distinguerli, vi si affezionasse, ne avesse qualche notizia e li vedesse in fotografia, giacché le era rimasta solo la bisnonna Emilia.

La bambina si appassionava a questi racconti, li sollecitava, non accettava di buon grado che finissero, poneva domande anche su minimi dettagli, li apprezzava più delle migliori fiabe, fino a che giunse ad inventarsi fatti della vita dei bisnonni come se ancora tutti fossero in vita, ovvero come se li avesse conosciuti tutti e avesse passato del tempo presso di loro.

Così capitava talvolta che con il loro ritratto in mano dicesse al papà: “Ti ricordi di quando nonno Giuseppe…” e lo stesso per Tomaso e Grazietta…

Quel “Ti ricordi…” era davvero una grande gioia, una sorprendente meraviglia. Era il concretizzarsi di un’aspirazione, l’osservazione diretta che l’allievo diventava maestro a soli tre anni.

Il seme aveva attecchito e si sarebbe esteso crescendo alla valorizzazione di tutti gli altri bis-bis… bisnonni, potendo ancora contare su tutti i nonni e due bisnonne.

Tornando al commento, fuori dal racconto, non so se possa sembrare un argomento in qualche modo fantastico, rispetto a una non felice realtà contingente. Non lo penso assolutamente, ritengo si tratti di una materia che riguarda la propria intimità, dalla quale pure si può trarre forza per affrontare momenti di disgregazione, o peggio, di depressione, nei quali il pensiero alla Famiglia vera, quella degli affetti, non quella sbandierata pretestuosamente per fini politico/elettorali, può aiutare a superare i momenti peggiori.

La Famiglia è calore, sicurezza, affetto, il famoso appiglio nella caduta dal baratro e tanto altro ancora; per questo ogni assenza che abbiamo registrato nel tempo, sebbene rientri nella realtà delle cose, è una ferita difficile o impossibile da rimarginare; un po’ ci aiuta la Memoria, il ricordo è una grande opportunità che abbiamo, sia per alleviare le intime malinconie, sia per combattere le inquietudini sociali, con la differenza che queste ultime prescindono dalla tangibilità delle cose.

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16 Bisajus (68 – 10s – XIII.XXIVf – 31.07 a) a 26.01.2021