ENIGMA

Disquisizione complessa, quanto “effimera” e certamente intima, e quando è tale cade il banale, in quanto l’intimità è fondamentale per se stessa e per se stessi.
Il primo amore, spero di non ripetermi e almeno di non contraddirmi, in fondo potrebbe essere solo una definizione, che importanza può avere qualificarlo? Senza voler fare discorsi assolutistici e nemmeno esaustivi, posso osservare che molte persone sovente ne parlano, magari affermando “È stato il mio primo amore”; il problema comincia a sorgere se ogni volta che si pronuncia tale frase ci si riferisca a persone diverse. Una cosa del genere, al di là delle battute, potrebbe accadere perché non è chiaro il concetto, ovvero perché può essere applicato a diverse circostanze.
Insomma qual è il Primo amore? È la passione di bambini che giocano per la prima volta al “dottore”? O il primo innamoramento platonico alle elementari? Oppure quello più intenso, struggente, quanto ancora platonico, della prima adolescenza? Ovvero quello del primo bacio o anche del primo rapporto completo? Come si può notare non è affare semplice stabilire qual è obiettivamente, magari è più semplice se ognuno deciderà per proprio conto, o in alternativa stabilire che ce n’è uno per ogni caso.
Per quanto mi riguarda l’argomento può anche rimanere intimamente indefinito, tuttavia il dilemma sorge nella scrittura; ergo, a un pensiero repentino di primi amori possono venirne in mente più di uno, mentre sarebbe arduo scriverne definendoli tali, si creerebbe un minimo di confusione letteraria, salvo argomentare tornando alle tipologie…
Che fare? Procedere a una verifica immediata di scritti sul tema per riscontrare se esista una casistica? Potrebbe anche essere…
Eppure ne parlo a ragion veduta giacché uno scritto alla mia attenzione recita: “Questo è un omaggio al mio primo amore”… Un narratore onnisciente potrebbe oggettivamente
stabilire che lo è stato davvero, mentre quelli precedentemente ipotizzati andrebbero derubricati a “potenziali”.
Questo è un amore perenne passato attraverso diverse fasi, comprese quelle in cui non si ha ancora padronanza del concetto di amore, una fase in cui non si saprebbe neppure come definirlo, attrazione primordiale o che, fino alla cottarella a cavallo tra infanzia e adolescenza, concretizzandosi poi in una passione esplosiva che viene generalmente chiamata amore. Lei, sempre conosciuta, a differenza delle altre, cresciuti insieme seppur prevalentemente distanti, con incontri costanti e contatti permanenti. mentre per il resto si tratta di cotte scolastiche o passioni unilaterali benché durature.
La protagonista la “conosciamo” già, è la stessa intimisticamente raccontata nella quadrologia “Prima gioventù”, e anche ora in modalità non meno ermetica, forse un riferimento alla donna in senso lato, al mistero che si cela dietro ognuna di loro e che siamo ancora lontani dal risolvere o si sta solamente alimentando l’enigma traviante.
Oggi compie 18 anni, la penso, penso ai suoi pensieri, torneranno forse alla sua nascita, si farà delle domande irrisolvibili. Intanto sono il suo ragazzo da undici mesi e ho bisogno di vedere il suo viso, ma è lontanissima e in questa elucubrazione, in questo omaggio, penso che non potrò avere altra che lei.
È sempre stata libera, disinvolta e intraprendente per la ricerca di nuove libertà, una regina fin da bimba e se si sentiva prigioniera evadeva almeno con il pensiero.
Capace di simulare i sentimenti, al punto di trasferirli nella mente altrui modificati – peraltro caratteristica comune a molte donne -, in questo modo accresceva a dismisura il suo fascino, la sua influenza, e io chiuso in me stesso, quasi intimidito dalla sua personalità vagavo nel dubbio, con tanti punti interrogativi.
Curava il suo corpo e il suo viso già belli e ne sfruttava la gioia che poteva darle. Chi l’amava non poteva pensare che quell’unione non fosse per sempre, era tutto fantastico ed entrambi felici, benché fossero un po’ il giorno e la notte, ma il rapporto li rendeva un po’ pomeriggio e sera, lei estroversa, lui riservato, ma nella fusione queste differenze svanivano.
Lei era sempre la stessa, puntava sempre al successo, all’allegria, benché volendo riuscisse a simulare i suoi desideri. Il suo ricordo è ancora un incanto che fa svanire la tristezza e rende presente il suo viso e insieme sorridono all’invito d’amore.
La voglia di creare una famiglia, di avere dei figli, in lei è evidente, sebbene questa immagine ogni tanto scompaia. Naturale scorgere in lei umanità e padronanza delle idee ed è sempre attesa.
Un sogno ad occhi aperti, uno spingersi molto avanti a quella età, ma è questo il bello.

26 enigma

42 Enigma (26 – IV – 21.6 a) a 25-27/3/2023

ADOLESCENZA

Tema delicato questo. Finché si pensa a noi stessi bambini, lo sguardo può essere relativamente distaccato, non come si trattasse di un’altra persona, ma in parte; non è così per un adolescente, che è autore della costruzione del proprio io.

Devo però passare immediatamente alla prima persona singolare, in quanto è bene non dimenticare che il discorso è intimo, personale.

Trattare della propria adolescenza, quando per diversi aspetti ci si sente o si vorrebbe essere ancora adolescenti, non è molto condivisibile, tuttavia è un periodo della vita che ha una propria costante resistenziale, ergo, ogni tanto mi capita di incontrare persone, donne perfino, che sul tema la pensano come me.

Sarà perché la mia adolescenza – almeno ne ho questa percezione – è stata normale, non il guazzabuglio di problemi e sofferenze di cui parlano centinaia di pubblicazioni, anche se mi rendo conto che non è così per tutti e se il mio ricordo è tale, devo ammettere di essere stato relativamente fortunato; relativamente, perché certamente pur non essendo stato un periodo regale e di massima felicità, in qualche modo non è stato traumatico, posso ricordare episodi negativi o felici, come in ogni altro momento della vita.

Certo molto dipende da come una persona si approccia all’età, se si vive aspettando le difficoltà e addirittura coltivandole o se anche in mezzo ad esse si è talmente positivi dal volerle superare il giorno dopo.

Detto questo ricordo benissimo che in quegli anni mi ponevo il problema delle opportunità non attuabili per ragioni di età, ma è un discorso che si ripete costantemente in qualsiasi epoca della propria vita, per cui da adulti si può rimpiangere il periodo adolescenziale, specie quello più avanzato, quando si cominciava a combinare qualcosa con le ragazze, tanto lì si casca! Sarà per questo che da un po’, il periodo dell’adolescenza viene spinto sempre più in là, anche intorno ai venti anni? Vi è certamente in questo anche un aspetto psicologico, nel senso che più è avanti il tempo adolescenziale e più si spinge avanti anche quello giovanile, mandando l’età del senio alle calende greche…

Una delle maggiori seccature per me adolescente era quando mi sentivo trattato come un bambino… “Eh, il bambino…” e peggio, quando palesemente la mia presenza era considerata sconveniente da ragazze di appena tre anni in più, anch’esse adolescenti… sapete, le prendevano in giro perché frequentavano bambini. Che poi io ero cotto delle varie amiche di mia zia, assolutamente out age, minimo dieci anni più di me.

Non solo però, le mie prime arrischiate avances di neo adolescente furono per una ragazza di appena un anno in più e anche per qualche coetanea o quasi, e la mia smania di farmi avanti veniva puntualmente messa alla berlina dal loro modo di fare più smaliziato e ostentato sfacciatamente, a cui corrispondevano i miei rossori e la volontà di sparire…

Ma l’adolescenza è un’era geologica vera e propria, un semestre equivale a un decennio, per cui in poco tempo ci si emancipa e ci si vendica delle brutte figure esibendo le proprie conquiste, i propri amori finalmente realizzati.

Si tratta di un periodo meraviglioso anche per l’assoluta novità delle esperienze, la scuola superiore, i primi viaggi da soli in città lontane, non tutto rose e fiori quando comunque si deve sottostare alle regole ferree degli adulti, ma nel ricordo questi inconvenienti spariscono e resta solo il bello, il positivo; e l’incontro con la politica, le prime penfriend, la poesia, la filosofia, la scrittura, la lettura, la formazione delle proprie idee, la militanza, l’emancipazione, la scoperta del libertarismo, del valore della disobbedienza.

Trattiamo di un decennio in cui gli avvenimenti, la crescita individuale, sono talmente intensi e produttivi, che forse non basteranno altri cinquanta anni a realizzare qualcosa di simile, peraltro da adulto, i miei riferimenti partono tutti ancora da lì, la vita è un continuo sviluppo di quanto si è creato nell’adolescenza, almeno per me che allora mi sono creato una visione del mondo che è tuttora base delle mie idee e del mio percorso sociale e culturale.

adolescenza

5 – adolescenza (40 – V – 28.8 a) – a 21.02.2020

… NEL VIAGGIO

C’è poesia nel sedersi sul ponte di
Vigo (…del dove, del come e quando?)
Dello scrivere
percezione,
gocciola senza decisione
intanto, è forse una tregua
concessa al trovatore
in cerca di un senso.
E c’è folla quasi fosse un ombrello.
Tra corpi lo sguardo penetrante,
occasionale,
passeggero,
fisionomia scelta allo scopo;
volto sardo, gradevole,
che deciso e bastardo,
si accosta, contatto.
Provenisse da una business society,
gruppo a volte estetico perfetto
ove non si sa
posar poesia,
se su pieghe mature, charmante
o il viso d’une jeune associé.
Ed è carezzevole,
impone esclusiva.
Spalanca sulla sua faccia i grandi occhi,
colpita li sostiene ancora un po’,
levati i loro;
breve gioco
che si eterna nella memoria,
si affligge delle lumate
so offese, calpestate,
così inesplorate.
C’è poesia in questi incontri di un attimo,
tratti nuovi che paiono antichi,
già conosciuti,
compositi;
come ieri in bus per la Pieve,
si appassionano i pensieri
ogni metro, ogni istante
perpetua il mistero.
C’è poesia in rapporti irripetibili,
nell’amore complesso ed eterno,
nel cammino ebbro
e sognante
a un balzo dal mare tranquillo,
nel suo struggersi impotente
quelle sere di aprile
del fendere l’aria
delle falcate notturne assordanti
che vibrano a pochi passi da lei
su prigioniera,
trepidante.
Vestigia di baci in vetture,
di ansie, nevi, bagagli,
nell’idea di abbracciarla
che nutre per mesi.

138 nel viaggioPolisillabi compositi sciolti
(XXVIII.XLIV – 19.4 Chg)

INNANTIS DE EVA

Innantis ‘e m’arregodai de Eva
m’enit a conca sa Dea Mater
de titas puntudas
che cùcuru ‘e Mamilla…
e frumis de lati
poderàus de s’istoria
de Alèni de Troia
a Eleanora d’Arbaree.
Ddas ammostant in su cuadroxu
o asuta a velludus,
in sa plaja buida
o ddas prenint de misteru.
Veladas, allichididas,
masedas o inchietas,
asut’e gunneddas, artivas.
E nebida chi est prus timòngia,
indrucit, lìsat, imbèllat.
Oi baddant in s’anèa
e a botas in su monti,
in paperis e tzìnemas,
petza tropu craca,
pagu logu po poesia.
Mi dda procuru deu
bandidu de s’acòdriu.
Is de Nìves lisas,
de Luxìa perfetas,
intrusciadas de Olària
agrighiddidas de Malèni,
velludadas is de Suìa
sas mellus cussas de Arèga… 

innantis2.jpg

Ulteriore salto di qualche anno dopo « Su contu » e si perviene ad una serie di componimenti sempre in sardo.
Il primo è questo, forse non abbastanza ermetico perché non si colga l’”oggetto” del desiderio da cui è ispirato; superfluo aggiungere che i nomi in coda sono di fantasia, piccolo omaggio all’onomastica sarda.
Questo ciclo di brani risponde alla caratteristica del componimento di getto, fluido, spontaneo, nell’ambito però di un’atmosfera ispiratrice ben definita, che era allora il sogno e il colore di grano di un’infanzia che ormai si allontanava nel tempo e il cui ricordo trasmetteva un alone di mistero, di incantesimo, di magia.
(XIII.XXIV-30.07 A)

Traduzione:
PRIMA DI EVA
Ancora prima che mi ricordi di Eva/ mi viene in mente la Dea Madre,/ dai seni a punta/ come le colline della Marmilla…/ e fiumi di latte/ arginati dalla Storia,/ da Elena di Troia/ a Eleonora D’Arborea./
Le mostrano di nascosto/ o sotto velluti,/ nelle spiagge deserte/ o le riempiono di mistero./
Velate, eleganti,/ dolci o inquiete,/ sotto le gonne, fiere./
E nebbia che è più incenso,/ addolcisce, liscia, abbellisce./
Oggi ballano nella sabbia/ e alcune volte in montagna,/ sui giornali e nei cinema,/ eccessivo ammasso di carne,/ poco spazio per la poesia./ Me la procuro io/ bandito dai compromessi./
Quelle lisce,/ perfette,/ turgide,/ prosperose,/ vellutate,/ le migliori quelle di Greca./

altra onomastica:
Nìves = Neviana
Luxìa = Lucia
Olària = Eulalia
Malèni = Maddalena
Suìa = Sofia

ADOLESCENZA

Sentirsi adulto, ma trattato da bambino.
Vivere dai nonni;
il piacere di pensare ragazze
e l’emozione di vederle;
fremere in presenza di una,
ma sognarne tante.
Riunione della famiglia
sotto il tetto natale.
Prime lettere d’amore
per la più ammirata:
incoscienza, impacci, rossori.
Smania di rivelare i sentimenti,
sequela di delusioni,
imparare ad indugiare.
Detestare i tipici complessi,
ritenersi disprezzati.
Primo viaggio in terraferma
at Roma caput mundi;
un incontro piacevole,
una passione da sviluppare,
un rapporto ancora impari.
Innamorarsi davvero un pomeriggio
solo vedendo un viso,
alla soglia degli studi superiori.
Non riuscire a studiare
nella sede della scuola,
memoria di un tempo desolato,
unico sollievo l’alienazione,
senza sostegno i pensieri.
Fuggir l’angoscia oristanese,
viaggiare dissipando energie:
arrendevolezza alla negatività,
tempo sprecato senza valore.
Attraversare ancora il mare
per un luogo avvertito opprimente,
gocce d’ingiustizia, poca libertà;
germinale di contestazione,
ancestrale coscienza rivoluzionaria.
Prurigini con compagna epistolare,
la mente altrove.
Esser ribelli a Karalis,
impavidi di mostrare il proprio io
nelle idee e nell’estetica.
Vita filosofica
in un paese chiuso in se;
contemplazione del futuro e del presente,
bisogno d’affetto.
Libertarismo emarginato,
non gradito, forse odiato,
perder fiducia, guadagnar diffidenza;
in crisi divenir se stessi
con la poesia per amica;
grande avvenimento
parlare con una donna.
Nel camping vacanza
vissuto come prigione,
l’analisi anti-ipnopedica
ancora poco chiara,
ma cresceva la ricerca.
Lentissimi progressi
dei contatti con l’altro sesso,
primi vincoli veri.
Prime fusioni dell’adolescenza,
superamento di molti timori,
sviluppo di desideri spirituali.
Ricostruzione dell’io.

adolescenza

Come per la mania di voler scrivere versi per ogni pianeta e altri elementi della galassia, la stessa cosa valse per i periodi della vita: nascita, infanzia, fanciullezza e così via. Insomma appunti a future “Memorie”.
L’età è sempre diciotto anni: non mi sentivo più adolescente… forse non lo ero del tutto o non lo sarei più stato di lì a poco. Ho notato che oggi l’età adolescenziale viene spesso spostata in avanti a seconda delle opportunità, talvolta anche oltre i venti anni: si parla di gente che vota, ha la patente ed è già fuori di  casa!!! Mah!
Lo stile è simile agli ultimi due brani della serie, già visti. Anche in questo caso sono riportati i flashback del momento, gli avvenimenti più vivi, ritenuti più importanti.
Anche qui c’è stata una rielaborazione che non ha modificato la sostanza, ma lo stile, l’esposizione. Vale il discorso fatto per “Fanciullezza”, qui le modifiche sono ancora minori e senza storia.
(V – 28.8 A)

Music:
LA SOL
MI RE
MI FA SOL
LA SOL LA
FA# MI FA
SOL SI
RE SI
(V – 5.7 A)

http://poeesie.myblog.it/media/00/00/514949840.mp3

NEPTUNE

Gli amanti che porti nel tuo letto
ti abbandonano dopo qualche tempo
solo perché io fui libero
di cogliere la tua verginità.
La giovinezza illuminava i nostri visi,
sapevi che forse era un fuoco debole
e gli uomini privi di sentimenti
non accettano donne che hanno già amato.
Il tuo corpo fu eccitato
dall’ambiente creato dal mare.
Il tuo sguardo divenne sognante
scrutando il cielo dominato dal sole
e senza altre forme di vita;
il mare splendente, deserto, tranquillo,
gli scogli carezzati dall’acqua,
la pineta misteriosa abbandonata,
la spiaggia che terminava all’orizzonte,
la sabbia fresca che dava sollievo.
La natura quieta ti impaurì,
all’improvviso ti sentisti sola,
ti scansasti dal mio corpo,
ti afferrai col cuore in gola,
incosciente godendo sospirasti,
poi piangendo di gioia ti assopisti.
Ora lotti contro i miei ideali,
ma senza amore non posso sposarti.
Peccato! Capiterai a qualcuno,
imprecherai sui pregiudizi,
la fortuna di essere farabutti,
venderai la tua purezza morale.

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Il giorno del mio diciottesimo compleanno, nel mio “esilio” di studio, composi questo brano in inglese… oggi può apparire, a tratti, di una retorica disarmante, per il sottile filo ideologico ormai desueto, giusta una rivoluzione dei costumi che può rendere ridicolo certo argomentare.
Tuttavia, la lettrice attenta non potrà non notare la vis polemica (intrisa di una piccola, fisiologica, dose di ipocrisia maschile) contro il sesso per il sesso.
Ergo, i versi non sono autobiografici (mi conforta il diario: “la mia fantasia su un grave problema umano” – certo c’è di peggio!), ma prendono in esame il Caso, per la verità non completamente estraneo alla nostra società, se smettessimo l’obiettivo dai grandi numeri e mettessimo a fuoco il particulare.
La cosiddetta globalizzazione è in realtà una frottola. Il nostro è un mondo di particolarismi, di culture, di popoli, di identità, che otto o nove stati, estranei al bel pensare, vorrebbero scelleratamente scremare, ottenendo per fortuna solo l’effetto contrario, cioè il risveglio di certe comunità dimenticate.
Con questo non dobbiamo far finta che le culture deboli non abbiano le loro aberrazioni, la mia amica Nadir ne ha giusto denunciata una, in tema con il nostro discorso.
Il titolo originale era “Neptune (delight has ruined you)”, musicata a ritmo di rock ballad. L’inglese ha il pregio, con i suoi vocaboli che significano tutto e il contrario di tutto, di nascondere e affinare molte sfumature, che in italiano possono stonare.
L’unica variazione di rilievo è al verso 10, dove l’originale “by Neptune” (da Nettuno) è stato sostituito con “dal mare”.
(IV – 23.10 S)

NEPTUNE (delight has ruined you)
(versione originale)
Lovers who bring in your bed/ after sometime you leave/ only because I was free/ to take your maidenhead./
The youth lit up our faces,/ you knew it was perhaps a feeble fire/ and men without feelings/ don’t accept women who already loved./
Your body was excited/ from the background created by the sea;/ your look became dreamy/ staring at sky dominated by the sun/ and without other forms of life,/ the radiant, desert and quiet sea;/ cliffs caressed by water,/ the mysterious pine wood forsaken,/ the beach ending with space,/ the fresh sand that gave relief./
Silent nature scared you,/ suddenly you felt alone,/ stepped aside from my body;/ I grabbed you with heart in throat,/ unconscious, coming, you sighet,/ then weeping for joy fell asleep./
Now you fight against my ideals,/ but I must not marry without love./ What a pity! You will come to someone,/ will curse the prejudices,/ the fortune to be rascals,/ will sell your moral purity./

Music:
LA SOL MI
LA SOL MI
LA RE MI
LA RE MI
SOL FA LA
SOL FA LA   (then repeat…)
(IV – 4.11 A)

http://poeesie.myblog.it/files/Linkin%20Park%20-%20One%20Step%20Closer.mp3

RICORDO DI UNA VITTIMA DI ABBANDONO

Un suono comprime organi,
delle figure passano, viste,
con un movimento monotono e confuso,
dei fenomeni chiamano parti
alla ricerca del vuoto passato.
Sente un battito dentro
vedendo enormità spostarsi,
conosce il tempo, l’esistenza;
prova emozione, ma come?
chi ha insegnato?
Avverto così l’oscuro inizio della mia vita;
il primo ieri che ricordo
alimentavo da solo il mio stomaco;
quest’isola era la mia dimora,
ha per tetto gli alberi che nascondono il cielo!
Ero diverso dagli animali miei amici.
Vidi una grande scatola sull’acqua
e degli esseri simili a me
muoversi verso l’interno,
capii molte cose seguendoli:
appartenevo alla razza umana.
Tra loro c’era una donna,
una notte la rapii con la forza.
Mi odiava parlando della civiltà,
mi chiamava selvaggio,
ma ero il nuovo per lei e mi amò,
la chiamai selvaggia.
Il battello che la portò andò via,
la foresta benedì il nostro legame.
Nostro figlio conosce i propri genitori
ed io ripenso al passato:
non ho avuto la sua fortuna.
Chi mi ha generato?
Quante volte qui si fece l’amore?
Quante volte qui cominciò una vita?
Sono il solo abbandonato
o il solo sopravvissuto?
Ma il pensiero muore rapidamente,
c’è un altro mondo per esso,
io sono un selvaggio,
so solo gettarmi sulla mia donna
quando mi aspetta stesa per terra.alberi,donna,survival,battiato,cat,poesia,tarzan,abbandono,jane,selvaggio

Ho in mano tre diari dei primi anni delle scuole superiori, non vorrei autocelebrarmi, ma sono un pozzo di cultura (i diari, intendo). Cercavo notizie su questo brano: “racconto tarzaniano di un  uomo abbandonato dai propri genitori su un’isola deserta. Egli tuttavia ama la sua vita selvaggia e non rimpiange la civiltà, che non conosce”…
In realtà il brano fu ispirato da un corso di inglese che raccontava la storia del personaggio di Edgar Rice Burroughs e dal brano misconosciuto di Battiato che ne era un po’ la colonna sonora, eseguito dai Capsicum red. Siamo in pieno orgasmo progressive.
Il brano è nato in lingua inglese, come diversi altri del periodo, dunque il titolo originale era “A victim’s memory of abandonment”, con un genitivo sassone dubbio… Se la Gattacesira (the Cheshirecat) non ci avesse abbandonato potrebbe ora pontificare in merito… ora provo con un po’ di cattle feed.
Il brano non ha subito modifiche sostanziali.
(IV – 10.10 S)

A VICTIM’S MEMORY OF ABANDONMENT
(versione originale)
Sound compresses organs,/ some of figures pass, seen,/ with monotonous and confused motion,/ some of phenomena call parts/ to research of the empty past./
It feels beat inside/ seeing hugeness to shift,/ it is aware of the time, the existence;/
it feels emotion, but like?/ Who has taught it?”/
So I think obscure beginning of my life;/ the first yesterday  I rebember/ I fed my stomach alone;/ this island was my abode/ that has trees for roof: they hide the sky!/
I was different from my animal friends./ I saw a big box on the water/ and some beings like me/ move inwards,/ I realized many things going after them:/ I belonged to the human race./
Among them was a woman by loving,/ one night I abducted her with strenght./ She hated me while I talk about civilization,/ she named me “savage”,/ but I was new for her and she loved me,/ I named her “savage”./
The boat who brought her went away,/ the forest blessed our bond./ Our son knows his parents/ and I think back to the past:/ I haven’t had his luck./
Who has bred me?/ How many times one made love here?/ How many times here began a life?/ Am I the only forsaken,/ or the only survived?/
But this thought swiftly dies,/ there is another world for it;/ I am a savage,/ I am able only to throw myself on my woman/ when lying on the ground waiting for me./

ENIGMA

Questo giorno è importante per te,
nascesti e forse pensi come.
L’uomo che hai scelto come parte
ha bisogno della luce del tuo volto;
ormai nel mondo più nessuna
potrà averlo come compagno di vita.
Libera, conquistando nuovi diritti,
diventasti regina da bimba;
se prigioniera, evadevi col pensiero.
Mascheravi molto bene
i sentimenti,
i tuoi desideri
li trasmettevi
nella mente altrui
stravolti.
Sei sempre stata influente
e per me relegato nell’ombra
eri una grande incognita.
Affinando la tua bella figura
hai goduto la gioia spensierata
con l’aiuto del tuo corpo fremente.
Ora hai trovato la tua vita
avendo conosciuto l’amore
e fatto felice un essere.
La tua indole estrosa
non è mutata,
nella lotta per il trionfo,
nello speciale brio;
volendo puoi simulare
ogni tua azione.
L’incanto, sostituendo la tristezza,
ricorda il tuo viso a qualcuno
che sorride all’invito d’amore.
La voglia di creare nuove vite
scaturisce dalla tua pelle,
poi l’immagine scompare.
Chi ha scorto in te umanità
e padronanza di idee
lo hai scelto e ti attende.

26 enigma

Questo è un omaggio al mio primo amore (mentre era in corso e si avviava al suo anniversario) in occasione del suo diciottesimo compleanno. “Primo amore” non è certo una definizione chiarissima: in questo caso mi riferisco a quello vero, militante insomma, non una cotta effimera tra i banchi di scuola o un’angelicata unilaterale.
La protagonista la conosciamo già, è la stessa di Momenti di un amore, Paradiso I, Paradiso II, Alienazione transitoria.
Il titolo originalissimo era il nome della ragazza, subito modificato per la necessaria riservatezza. Enigma è un riferimento alla donna in senso lato, al mistero che si cela dietro ognuna di loro e che credo di essere ancora lontano dal risolvere.
Pochi gli emendamenti al brano originale:
verso 6: “compagno” era ideale
verso 7: “conquistando nuovi” era “valendoti dei tuoi”
verso 17: “relegato” era appartato
verso 25: “estrosa” era profonda, poi singolare
verso 31: “sostituendo” era assopendo
verso 34: “La voglia” era “Il sapore”
verso 39: “e ti attende” era “è il tuo fedele”.
Nel brano si alternano due scelte metriche, ma originali.
(IV – 21.6 A)

Music:
(inciso)
SOL MI LA
SOLb SOL MI
LA SOLb SOL
(ritorno)
SOL SOLb
MI SOL
(IV – 21.6 A)