ODE ALLA TUSCIA

Dopo vani giri nell’iposcenio,
trovato il bandolo della matassa,
in piazza san Lorenzo che è il proscenio,
mi siedo sulla soglia di un millennio.

Cala la sera sul fresco interlunio,
in antiche viuzze gente si ammassa,
via cupa pare splenda al plenilunio,
esalterei la creatività di Annio.

Al pensiero di che avrei perso avvampo,
tanta bellezza resistita al tempo;
a Etruschi e Longobardi mi accompagno.

Età antica e Medio evo fan convegno,
la rivalsa dell’osco sul romano,
sangue che vive in più d’un talismano.

Danno un lampo assai umano
gli occhi leggiadri delle donne tusce,
dolce perdersi tra le loro cosce.

141 ode alla tuscia

Sonetto caudato originario
(XXVIII.XLIV – 23.6 Viterbo)