MOLO 18

Cesso di giacere su fine rena
in fondo al litorale ventiquattro,
batto riva verso il molo diciotto,
quaranta minuti tra passo e corsa.
Macino metri sul molle selciato,
il piede ora tiene, ora affonda
sopra tratti di banquettes Posidonia.
Ala Birdi, oasi linda e selvaggia,
spugne in fuoco, apparizioni bislacche,
plastica, piccoli oggetti di mare.
E là, isola di donne assortite,
riverse su approssimativa sabbia,
topless da lumare innanzi alla meta
ove il paesaggio è appena nuovo.
L’inconscio rievoca, volgo, rimiro,
l’attenzione s’è fatta compiacenza,
mi nutre il sorriso della sovrana,
m’avesse onorato di cattura!
Strenna è la suddita implume, acerba
e lattea che amoreggia alla meglio,
par promuovere risorse del loco,
con olive, sublime sauce béchamel.   

molo18.jpg

Penso a quando Henry Miller, che aveva in mente una commedia nei minimi particolari, sosteneva non la si potesse scrivere, ma solo rappresentare.
Questi endecasillabi sciolti, poi scritti (non ho ancora appurato cosa fece Miller della sua commedia), composti lo stesso giorno di Nausicaa, nello stesso mare, si formarono in moto, ovverossia in cammino e corsa attraverso chilometri di spiaggia in parte curata e frequentata da bagnanti e in parte abbandonata alla conformazione creata dalle mareggiate.
Di lido in lido mutava il tipo di bagnanti, solitari, turisti, gruppi locali, fino a quella sorta di bagno quasi completamente femminile in prossimità del molo 18, la sabbia quasi terra, vaghe impressioni di paesaggio omerico, e allora…
(XXIV.XL – 25.6b Arbo)