IL MIO TORTO (versi per chi non ne voleva – 3)

Sconcerto, certo… Forse un modo per capire questo rapporto è sapere che non è finito con la fine della trilogia… Il verso è l’emozione di un momento, anche lungo, ma non la storia.

La filosofia può essere poesia. Capiterà a tutti di ragionare con se stessi sui massimi sistemi, sulla complessità della vita, delle persone, della mente, dei caratteri, senza potersi dare risposte razionali, al di là delle quali vi è la Causa Prima, tuttavia continuate a stupirvi e interrogarvi. E mentre riflettete sulle stranezze altrui, può accadere che diano dello “strano” a voi, che vi siete sentiti sempre la persona più comune, normale e naturale sulla faccia della terra. La vita è paradossale!

Avevamo lasciato i nostri Li e Ant alla periferia di Perugia con destinazione Firenze. Di lì a poco si fermò una campagnola piena di compagni piuttosto radicali, lo capirono dalla reazione ai loro discorsi sulla famiglia. Provenivano probabilmente anche loro da Umbria jazz e non pensavano forse che Li avesse sedici anni e fosse una sorta di almeno provvisoria “scappata di casa”… Li portarono a Firenze, Qui lei prese il treno per Milano e lui dormì in stazione per proseguire il giorno dopo. Questo era il mood.

Ant giunse a Milano alle 12 del giorno dopo con tre passaggi, trovò sistemazione da una compagna conosciuta poco tempo prima a Roma e incontrò Li in piazza nel tardo pomeriggio. Fu un periodo di “buona“, felicità e lungo abbraccio noncuranti della gente intorno, contatti che lei definiva “atti osceni in luogo pubblico”, forse solo per frenarlo. Furono giorni felici, lei aveva voglia di vederlo e lo dichiarava apertamente, confidava le sue paure, tra cui quella di non sapere amare, del rapporto problematico con la sorella, elementi che lui sottovalutava, la considerava una di pari età, probabilmente erano entrambi ancora adolescenti, ma lui non aveva grossi problemi esistenziali. Tuttavia era un tempo positivo e anche quando lei partì in montagna continuarono a sentirsi al telefono. E al suo rientro ci si vide anche nelle rispettive abitazioni. Proseguì l’amore, il dialogo, gli scambi.

Ma ancora una volta furono effimere sottigliezze a creare nuovi problemi: un pranzo a casa sua condito di euforia, senza che neppure se ne rendesse conto e per irrilevanti critiche della sorella, sul suo mangiar lento, sul suo modo di scherzare a tratti farsesco… Apparentemente andava tutto bene, si appartarono in camera sua a sentir musica di Battiano, Popol Vuh, Tangerine dream e simili e intanto si pomiciava sulla moquette…

Ma fu in questa giornata insieme che cominciò il periodo di paranoia e angoscia per lui, quando lei cominciò a insinuare dubbi e ribaltare convinzioni. Loro provenivano da idee comuni in generale, ma ci arrivarono da percorsi di formazione differenti o almeno interiorizzati diversamente. Non è semplice cercare di spiegare. All’educazione borghese, cui pure lei si ribellava, ma ne era intrisa, corrispondeva una formazione più libera di lui, con studi lontano da casa e formazione più individuale, meno condizionante, con sviluppi libertari radicatisi nel tempo.

Altro errore di Ant, sempre per la sottovalutazione dei cinque anni di differenza in un’età giovanissima, era il suo ergersi a predicatore esponendo le sue convinzioni come dogmi che lei in parte respingeva proprio perché era in una fase di ribellione e si vendicava sui sentimenti: “Non devi aspettarti niente da me”, “Tu non entri nel cerchio”… e quando uno è innamorato “perso”, queste sono pugnalate, specie se espresse sarcasticamente.

Quando uno è “vittima”, nel tentativo di riparare, compie un errore dopo l’altro e peggiora la situazione, è quasi scientifico e provato empiricamente. Tanto è vero che lei chiuse il rapporto, in modo dialogante, che irrazionalmente è ancora più doloroso.

Ma in seguito, esasperata dalla sua sofferenza, voleva stare sola, tutto ciò che è esterno spersonalizza, non deve rendere conto a nessuno dei suoi comportamenti. Lo zittiva, voleva farlo sentire a disagio, sparava a zero e lui non accettava e rispondeva con la lunga invettiva in versi, a tratti esagerata, occorre dirlo.

E così “termina” questa storia o almeno questo racconto di essa; ma come anticipato non finisce così… Prosegue solo qualche giorno dopo e poi negli anni, tra alti e bassi e non è ancora finita…

il mio torto

41 Il mio torto (versi per chi non ne voleva-3) (54 – VIIIc – 13.9 mi) a 27.02.2023

DITTATO DEL MARE DI MEZZO

I cavalloni che ho aggredito
tra i Capi, nel mare mediano,
della Frasca e dei Corsari, turrito,
evocan primo ardore meridiano.

Nel letto, supina, t’alzo il vestito,
ti osservo, stimo, quale ape sultano;
del cibo che inforno traiam mito,
la pala incalza a ritmo pacchiano.

Ora Anfitrite, ora Afrodite, me
rapiscono e te Cupido sfianca,
ti rende docile al caldo seme;

più fervore t’infonde e non più stanca
ti abbandoni al piacere che preme,
alla piena fusione poco manca.

pisor2Serie del mare. Sonetto dedicato, ispirato dal pensiero permanente di quei tempi e non solo.
Il titolo individua il punto in cui avviene la scrittura: il mare di mezzo tra i due capi, che ditta; mare già ampiamente cantato.
(XXVI.XLII – 15.9 Arbu/Pis)

INVITO AL SOGNO

E’ vago nel torpore mattutino
intendere il soffio della dea glauca
e ora nel mio scrittoio m’infervoro,
del cibo che solum è mio mi pasco.
Conquistatrice di passioni cupe
con i tuoi svaghi acerbi prendi e rendi,
impavida hai donato il turbamento
improvvido, prima di cestinarlo.
Il mondo è ai tuoi piedi, eppur prodiga
ti concedi al bacio e al desiderio,
un climax paradossale che sembra
parte della drammaturgia plautina.
Nel talamo austero lei ci divide,
avverto la tua smania nei suoi occhi,
finché lasci perdere ogni scrupolo,
fai pressione, mi sfiori e ti inondi.

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Un sabato del mese più bello dell’anno, alzarsi tardi è un invito al sogno e il sogno talvolta ti ripaga con dei fantastici cortometraggi, che è arduo descrivere al risveglio e non solo perché non si ricordano perfettamente.
Questi endecasillabi sciolti contengono qualche citazione e riferimento piuttosto evidente, pertanto almeno qui mi risparmio le note. Dico solo che il verso 4 è quasi tutto di Machiavelli, fatto abbastanza singolare visto come la penso su di lui (vedi Diary).
(XXV.XLI – 20.6 A)

IL MIO TORTO (versi per chi non ne voleva -3)

Felicità! Abbraccio nella piazza…
nei miei pensieri ruotiamo
ignari della gente.
I tuoi atti osceni in luogo pubblico…! 
Hai voglia di vedermi.
Ti piacciono i bambini?
Non sai amare, hai paura…
Sono una metà del mio io.
Lui è impotente e gli è rimasta poca musica,
lei è proprio il tuo non io?
La tua casa… l’impero:
fascino discreto della borghesia!
Riduci le stelle in polvere
e amala sulla moquette!!!
Quando ho fame mangio svelto,
l’eccitazione causa nausea per il cibo.
Ma dove mi hai trovato? Buffone di corte!
Qual è la mia imputazione…
assolto per tua clemenza.
Saresti stata con Gesù Cristo a Gerusalemme?
Ti ho scocciato abbastanza.
Ancora pochi attimi d’affetto.
Ti affascina VIA DELLE ORE
e non devo aspettarmi niente da te.
Io non entro nel cerchio!
Evviva, ti stai liberando… di me.
Hai mai sofferto?
Io la sera ho pianto di rabbia,
per acuire il dolore
mi sono detto di essere felice.
Non dimentico le sventure facilmente
e tutto ciò che potevo era ridere dentro:
la mia anima divisa in due,
una parte in grave riflessione
visibile esteriormente.
Al Partito l’ambiente è desolato.
Vivo risveglio del senso di libertà.
Accusami, umiliami, distruggimi,
non credere che possa ragionare,
giudicami: condannami al dolore.
Tiri le somme del nostro rapporto,
ne decreti la fine.
Devi stare sola…
ma al lago è stato molto bello.
Non farmi soffrire come sai,
mi contento di molto poco.
Qual è il tuo vero io?
Quello che reprimi in te.
Ogni sprone esterno spersonalizza,
non rendere conto a nessuno delle tue azioni.
Devo tacere, la mia voce dà fastidio.
Mi trovo bene in questa situazione?
…Dipendono da chi le crea.
Mi amo più di quanto tu pensi:
non hai scoperto il narcisismo in me!
Ma non vivo solo per me stesso,
odio l’individualismo come le masse amorfe.
Non c’è una scuola per essere se stessi,
non c’è una regola per realizzarsi.
Il mio torto è essere vero.

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Sconcerto, certo… Forse un modo per capire questo rapporto è sapere che non è finito con la fine della trilogia… Il verso è l’emozione di un momento, anche lungo, ma non la storia.
La filosofia può essere poesia. Capiterà a tutti di ragionare con se stessi sui massimi sistemi, sulla complessità della vita, delle persone, della mente, dei caratteri, senza potersi dare risposte razionali, al di là delle quali vi è la Causa Prima, tuttavia continuate a stupirvi e interrogarvi. E mentre riflettete sulle stranezze altrui, può accadere che diano dello “strano” a voi, che vi siete sentiti sempre la persona più comune, normale e naturale sulla faccia della terra. La vita è paradossale!
(VIIIc – 13.9 Milano)