LE NOSTRE NOTTI

Amori maturi, non lontani nel tempo, un amore nuovo in questi “ritorni”, intenso, ma a distanza, svoltosi per gran parte degli anni al telefono e con alterne vicende. “Nostre” perché erano loro, particolari e forse anche singolari, “notti” in quanto l’intensità del rapporto divideva il giorno almeno in quattro: risveglio, mattino, pomeriggio/sera, notte, ognuna di queste parti della giornata aveva una sua storia nel rapporto di Anna ed Edgar.

La storia cambia e con essa la vita quotidiana: chi li ha chieda ai bisnonni, ai nonni, ma forse basta chiedere solo ai genitori. In fondo la quotidianità è mutata tantissimo in pochi anni. E’ ormai diffuso il gioco del “come eravamo”; ogni decennio nel secondo dopo guerra ha avuto le sue specificità, oggi peraltro segnate da noti attributi, dai boomers, agli x, y, z, fino agli alpha, per citare solo le ultime e trascurare le denominazioni sovrapposte. La denominazione delle generazioni, introdotta in Sociologia alla fine del secolo scorso, è forse una delle nozioni di quella scienza che ha colpito di più i giovani e ha tracciato una sorta di confine, anche sarcastico, tra i diversi componenti, tanto che l’epiteto di “boomer” prescinde ormai dal suo significato semantico e appare, privato di esso, quasi come un’ingiuria. Proprio a fine secolo, più o meno a metà degli anni Novanta, due innovazioni tecnologiche sono intervenute a cambiare la vita sociale di ciascuno; si tratta in particolare dei telefoni cellulari e di internet, mediante i personal computer, con una fondamentale differenza per chi ha vissuto anche senza questi strumenti, dunque ha sperimentato totalmente le piazze, la corrispondenza, il telefono fisso, le cabine telefoniche e chi con essi ci è invece nato.

Anna ed Edgar si conoscono in questa nuova era, in uno strumento che ancora esiste, ma che ha perso molto del suo impatto iniziale; si conoscono in un blog, forse magari oggi si può dubitare che questo strumento potesse essere anche un mezzo di socializzazione: lo era, oggi molto meno, l’uso dei blog è molto più mirato, a tratti più tecnico, sopravanzato dai “social”, più diretti, ma certo meno profondi. Per farla breve, i due, nel giro di un po’ di mesi, fanno il primo step e si scambiano i numeri di telefono e da lì bruciano i tempi, aumenta la frequenza dei contatti, si perviene al primo incontro e tutto evolve rapidamente, fino a sentirsi, anche se lontani, più volte al giorno e in conversazioni sempre più lunghe…

Ma qui non si deve spoilerare l’intero rapporto, benché fosse necessario introdurlo, qui occorre parlare delle “loro notti”, in particolare della fase del rapporto in cui vivevano notti insonni al telefono, notti d’amore e drammatiche allo stesso tempo, perché alla veglia notturna seguiva, senza soluzione di continuità, una giornata di lavoro, a volte anche una trasferta…

Siamo in pieno inverno, è passato qualche anno dalla loro conoscenza, il rapporto è all’apice, sono giorni che si sentono continuamente a tutte le ore e si mandano una miriade di messaggi; è amore perché entrambi conoscono il comportamento di quando non lo è; non è detto che debba essere necessariamente così, ma si sono scelti e hanno scelto questa modalità, l’unica che gli dà serenità ed è scevra di qualsiasi fastidio, che ci sarebbe senza una passione così travolgente, lo sanno.

Oggi lo ha riempito di “ti amo” e gli ha detto anche “ti voglio assolutamente”. Edgar è felice.

Sale a letto all’una e la chiama, succede qualcosa di travolgente, neppure narrabile, forse neppure credibile, sono separati da poco meno di 1000 km eppure fanno l’amore, manca la presenza fisica, ma l’amplesso è totale.

In questa notte di follia, lei così schiva, gli chiede dei versi, non si trattiene più, è un’esplosione di passione. Nascono dei versi parossisticamente erotici.

Attenzione verso i corpi, come in attesa di input di uno da parte dell’altro e l’attrazione irresistibile che ne prescinde e fa pressione. Le menti sono ormai altrove catturate dalla frenesia del desiderio travolgente, da immagini eccitanti vissute, di lei sulle scale e lui sotto che con un balzo l’agguanta e sussurra “E allora?”, manco fosse una resa dei conti.

Inizia un gioco di sguardi e perfino la dissimulazione per l’eccessiva erezione che permette perfino di dialogare di giustizia sociale, in una sensuale simulazione che aumenta la frequenza del suo respiro, come una sorta di implorazione e lui comincia a navigare tra le cosce, i seni, la bocca, l’amplesso è deflagrante e duraturo, fino a spegnersi lungamente in sospiri, baci… “Come!”

 81 le nostre notti

53 Le nostre notti (125 – XXVII.XLIII – 11.2 a) a 28.02.2024

MOMENTI DI UN AMORE

Celebriamo momenti binari dell’adolescenza, da un lato situazioni di confine, da un altro di prosecuzione di un dialogo intimo complesso sul significato dei sentimenti, dell’amore, della passione e del sesso, forse tanti modi per esprimere il medesimo concetto.

Riguardo al già detto, una sintesi è necessaria, perché non sembri che si dica tutto e il contrario di tutto, come potrebbe percepirsi, ma solo perché la complessità dei sentimenti è un fatto reale che non può essere banalizzato, semplificato, ridotto.

Tutto nasce insieme a noi, cresce con noi fin da bambini, si palesa nei nostri giochi, nel senso di proibito, nel doversi nascondere, fatto che aumenta il desiderio, ma anche la frustrazione di non poterlo soddisfare liberamente. Tutta l’infanzia trascorre con questo senso di insoddisfazione, di pochi momenti rubati, clandestini, impeti di passione che contengono oltre al piacere una certa sofferenza… Il dubbio è se in questo ci sia anche sentimento, ciò che diciamo amore… A mio avviso sì, a un livello adeguato alla progressione del tempo, alla conoscenza, alla maturazione; stesso discorso vale per gli altri periodi della vita, dall’adolescenza, alla giovinezza, alla maturità.

Dunque c’è sempre tutto, ma ci sono anche vari stadi, vari confini che si superano e danno luogo alla soluzione di ostacoli in età minore difficili da sovrastare, e il discorso è molto soggettivo naturalmente.

L’invaghirsi infantile opera nelle situazioni più diverse, dagli sguardi di desiderio a scuola, fino anche alle carezze nel vicinato o nella cerchia amicale, in modo tacito e a tratti naturale, benché celato, ma con dei livelli ben marcati e differenti, che convenzionalmente distinguiamo tra approcci più fisici e altri più ideali, sentimentali, amorosi.

Con l’adolescenza, con il subentrare di una maggiore conoscenza, con la conquista anche del rapporto e dello scambio verbale, gli approcci da una parte si semplificano e da un’altra si complicano, si hanno più strumenti , ma con la maggiore consapevolezza sparisce la naturalezza e ci si trova in situazioni più complesse.

L’adolescenza separa in qualche modo maschi e femmine, gli stessi che nell’infanzia non avevano alcun problema a rapportarsi; subentrano altri riti, nuovi recinti da sovrastare, e ho già raccontato di amori platonici, di slanci azzardati e chiusure seguite a delusioni…

Talvolta le fasi di crescita non sono segnate dall’età, ma dagli avvenimenti, per cui un avanzamento fondamentale nell’adolescenza può derivare da un incontro più o meno casuale, neppure cercato, “un colpo di culo” sopraggiunto più o meno presto, o anche tardi. Ciò non esclude che altri abbiano dovuto “lavorare”, impegnarsi, per giungere al medesimo risultato, o ancora può capitare che l’impegno non porti ad alcun esito, poi capiti che il caso, la sorte, venga incontro…

Non so esattamente se ci siano o quali siano le statistiche che fotografano la realtà degli incontri tra un ragazzo e una ragazza, sarebbe peraltro molto complesso vista la serie di variabili in premessa.

Per il nostro eroe questo step: rapporto fisico e sentimentale a un tempo, giunge ai sedici anni (un po’ un’anomalia, corrispondendo ai primi rapporti fisici una forte passione, un innamoramento pazzesco e condiviso). Questo improvviso accadimento si inserisce nel nulla più assoluto precedente, per interrompere il quale occorre tornare ai giochi “al dottore” dell’infanzia o a carezze più o meno rubate del periodo puberale.

Ma nello step attuale si è di fronte a fatti e sensazioni indescrivibili mai vissuti, solo sognati, che interessano tutto il corpo, dalle zone erogene a stomaco e intestino compresi… E il primo bacio, che si darebbe non so cosa per ridarlo, i momenti che l’hanno preceduto e quelli che lo hanno seguito. La fortuna di scambiarlo con una ragazza amata davvero (difficile da credere, ma si è all’inizio di un folle amore, tanto “folle” che fu necessario internarlo, recluderlo, e infine proibirlo…).

I protagonisti sono gli stessi dei canti intimi, “Prima gioventù” II, III, IV, che ne percorrono la storia da un punto di vista differente, visto che qui si parla di adolescenza e non di gioventù: cambiano i tempi e pure le percezioni, ma le due espressioni in sostanza si confondono.

Lei giunse in vacanza, non si vedevano da tempo, l’incontro e l’approccio furono in qualche modo premonitori e anche il fatto che non solo stavano sempre insieme, ma tra loro c’era un feeling senza precedenti (si conoscevano dall’infanzia).

Quella sera, nel dopo cena, rimasero soli e pareva che entrambi non aspettassero altro, soli e appiccicati, seduti sulla soglia di casa… I loro dialoghi si fecero sommessi e sempre più per monosillabi, difficili da pronunciare, come se gli si fosse seccata la saliva in bocca. Erano nella penombra, super eccitati, li fece sorridere il passaggio di un cane nel silenzio generale. Lei sembrava ancora disinvolta, almeno più di lui che fingendo freddo (era luglio) l’aveva abbracciata e poggiato il capo sul suo seno, lei lo accarezzava, “stai dormendo?”; trascorsero istanti infiniti, vi era la sensazione che qualcosa stesse per accadere, l’adrenalina dava sensazioni sconosciute fino ad allora… Lei si muoveva, e lui ebbe paura che volesse interrompere quel momento, si alzò, volse il suo viso verso di lui e dopo una debolissima resistenza (“non puoi”) la baciò, fu un lungo bacio, da orgasmo. Ormai persi uno nell’altra continuarono anche in piedi; lei poneva dolci domande, tra baci e carezze, dubbi impropri di un’evidenza innegabile, di un’incredulità di facciata…

Seguirono giorni di passione che tolsero a lei ogni dubbio: sempre insieme, si cercavano, si amavano con furore a ogni occasione propizia che si creavano, anche con una certa prudenza, a volte molto relativa in realtà. Nelle sere senza luna si avventuravano in luoghi bui anche fuori dall’abitato ed esistevano solo loro, erano momenti di felicità totale, le paure che facevano capolino quando dovevano separarsi venivano respinte da uno stato di invincibilità. Impararono a dosare i loro momenti, divennero super sensibili ad ogni rumore estraneo, ad ogni richiamo, talvolta frutto di scherzi amici… Momenti indimenticabili custoditi dalla memoria senza tempo.

17 momenti di un amore

43 Momenti di un amore (17 – III – 5.8 a) a 28-30.4.2023

LE NOSTRE NOTTI

I nostri corpi si muovono attenti,
si sfiorano silenti, si pressano,
irresistibilmente attratti da
un’essenziale affinità basica.
Le nostre menti già oltre il tempo
nutrono la frenesia istintiva
di un desiderio travolgente… e
su per le scale ormai ti agguanto.
“E allora?” Colpo d’occhio allusivo,
dissimulante, ed è eretto, ficcante.
Dialogando di giustizia sociale…
Il tuo respiro si fa implorante,
navigo nel buio anfratto tra cosce,
aneliti, seni, docile bocca,
avvolti nell’amplesso deflagrante,
mollezze, umori, baci, carezze…
Come!

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Scritta dopo una delle nostre notti di veglia e in questa notte e solo in questa, mi hai chiesto dei versi… e sono stati subito questi.
Endecasillabi sciolti… caudati.
(XXVII.XLIII – 11.2 A)

MOMENTI DI UN AMORE

 …Poi restammo soli
e aumentò la mia voglia;
misi fine agli indugi
posando il capo sul tuo seno,
avvertii un fremito.
L’oscurità celava il paesaggio, per strada
soltanto un cane.
Stavo adagiato su di te, muovendoti
mi carezzavi.
Ebbi paura che volessi smettere, interruppi
i preliminari.
Ti baciai con impeto, perdesti
il controllo dei sensi.
Al buio sulla soglia di casa
ci congiungemmo;
l’abbraccio fu eccitante, desiderai
palparti la pelle.
Amavi con dolcezza e provai
buone vibrazioni.
Ignoravi di avermi sedotto, lo svelai,
rimanesti incredula.
Subentrava l’infelicità, se per un attimo
ci separavano.
Un furore sconosciuto saldava
gli attesi incontri.
Una sera, soavemente, cedesti
sotto un arcale.
Nella notte fonda, senza luna,
giocavamo coi nostri corpi.
Privi di meta, fuori dal mondo, ma coscienti
della libertà,
cercavamo di appartarci, evitando
ogni compagnia.
Cambiò la vita improvvisamente, i problemi
si dissolsero.
Usavamo con cura ogni istante
nello stare insieme;
tante volte l’incantesimo terminava
per un rumore.
Un giorno corresti via angosciata
udendo un richiamo:
era tua sorella che ideò
il cattivo scherzo.
Ora sei partita, ma ricordo spesso
i nostri momenti.

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Inizia con questo brano una seconda fase della mia adolescenza; già scoperto l’amore, le forti passioni, fulminanti o durature, improvvisamente a sedici anni, all’amore si aggiunse il sesso: fu una fortuna che non siano stati disgiunti. In tal modo lo conoscevo già, in vari giochi, il più noto quello del “dottore”, in cui fin da piccolo ebbi anch’io modo di cimentarmi.
Ma qui si trattava di altra cosa: sensazioni indescrivibili, che interessavano tutto il corpo, stomaco e intestino compresi. Il primo bacio, darei non so cosa per ridarlo, per i momenti che l’hanno preceduto e quelli che lo hanno seguito. Ho avuto la fortuna di scambiare il primo bacio con una ragazza che amavo davvero (sedici anni, difficile essere credibili, ma quello era solo l’inizio di un folle amore, tanto “folle” che è stato necessario internarlo, recluderlo, e più volte…).
I versi, i primi di tanti su questa storia (alcuni già pubblicati, es.: “Alienazione transitoria (inferno)”, sono come dei flash che illuminano dei momenti notturni. Anche questi hanno subito una revisione per la solita fobia di banalità e retorica, ma ritengo utile riportare qui sotto l’originale, con un’operazione meta-filologica: evidentemente la revisione non ha saputo mantenere alcune importanti sensazioni ancora calde. Devo ammettere che quell’impulso che mi spinse a modificare il testo, è ora scomparso. Non scrivo così ora, ma so apprezzare l’efficacia del testo originale; allo stesso tempo sono cosciente delle cause, anche “storiche” e in parte pudiche, di una revisione. Il primo titolo era “Saturno (al buio)”.
(III – 5.8 A)

SATURNO (al buio)
Fummo finalmente soli/ e in me nacque un sentimento;/ non sapevo da dove cominciare,/ assaporavo il tuo corpo fresco,/ unitamente al tuo spirito caldo./
Nella notte “dormiva” la casa, l’ultimo cane/ era passato già./ Sul tuo grembo mi adagiai e il tuo corpo/ carezzava me./
“Stai dormendo?” sussurrasti; strinsi i tempi,/ dicesti “Non puoi…”/ ma forzai la tua bocca, mi accettasti/ quando vi entrai./
Abbi fede in Saturno che ci guarda,/ il nostro sangue unirà./
(prove di paganesimo!, ndr)
La mia mente senza alcool, ma era pazza,/ bramava la tua pelle./ Nel piacere eri soave; forti sensazioni/ mi appagavano./ Il mio peccato era amarti tanto; mentre il tuo,/ non credermi sincero./ Da beato a condannato io mutai,/ salivi ormai le scale./
O Saturno, dacci un lembo del tuo anello,/ le nostre dita ornerà./
Ricordi quella sera che, affamato,/ sotto un arco ti gustai?/ .. e la sera, senza luna, che il tuo enzima/ si mescolò col mio?/
In salita, in discesa, sulla strada,/ sapore di libertà!/ Chi sapeva e “non vedeva”, in una curva vide/ le nostre effusioni./
L’universo volta faccia, non ci guarda,/ Saturno ci abbandona?/
Un’altra notte poco propizia, quanta voglia/ di tenerti con me./ Il rombo di un motore mi deluse, mi sollecitò/ a nascondermi con te,/ ma il ristoro durò poco, sulle labbra,/ cibo del mio amore./ Un richiamo, un sussulto, una corsa,/ mi tolsero ogni gioia./
L’hai presa, diavolo d’un Saturno; ma il tuo anello/ le nostre dita ornerà./

Accompagnamento musicale:
(inciso)
DO…….
LA- … MI- LA  MI
(ritorno)
MI… LA- … DO… MI- LA  MI (e si riprende).
(III – 4.8 A)

UN OMICIDIO

Al solito punto
mi allontanai da lei,
doveva ancora
camminare un po’,
ma non potevo
accompagnarla fino a casa
perché il padre era ostile con me.
Temevo sempre
che facesse brutti incontri
e la invitavo
a guardarsi intorno.
Nell’allontanarmi,
un pensiero fisso
mi spinse a tornare indietro.
Nel silenzio della notte,
coi miei passi nervosi,
sentivo lunghi sibili;
giunto in una zona buia
inciampai su qualcosa
e il mio sangue si agitò.
Gridai istericamente e caddi nel nulla.
E’ orribile
ricordare quei momenti,
ma gli incubi
me li propongono spesso.
La paura aveva
alterato il suo viso,
un’immagine che non mi abbandona.
un omicidio.jpg

Scritto esattamente una settimana dopo “Un sogno”, potrebbe intitolarsi più propriamente “Un brutto sogno” o “Cattivi pensieri”, visto che è avulso da qualsiasi realtà personale, fortunatamente.
Credo sia il massimo dell’orrido uscito dalla mia penna, considerato che non amo questo genere, non lo amavo neanche a quindici anni, anzi lo fuggivo, non solo per scelta, ma per una sorta di fastidio connaturato.
Il collegamento con “Un sogno” è innegabile, nella mente stesse protagoniste femminili, stessa colonna sonora: “Sympathy” (Rare Bird di David Kaffinetti e Graham Field), là nell’atmosfera, qui nella metrica.
Tuttavia, se il flashback reso è inesistente, mi sembra di ricordare una sorta di movente, insito in pene d’amore adolescenziali. Operando una via di mezzo tra outing e auto-psicanalisi (considerato che il tempo consente a volte di guardare se stessi con un certo distacco), il senso recondito potrebbe essere, da una parte la non accettazione di un rifiuto e dall’altra un messaggio mai recapitato: senza di me sei in pericolo!
(II-24.9 A)
Accompagnamento musicale arpeggiato:
LA
RE (tre volte)
MI (…e si ripete)
(IV – 2.12 A)