UN OMICIDIO

Al solito punto
mi allontanai da lei,
doveva ancora
camminare un po’,
ma non potevo
accompagnarla fino a casa
perché il padre era ostile con me.
Temevo sempre
che facesse brutti incontri
e la invitavo
a guardarsi intorno.
Nell’allontanarmi,
un pensiero fisso
mi spinse a tornare indietro.
Nel silenzio della notte,
coi miei passi nervosi,
sentivo lunghi sibili;
giunto in una zona buia
inciampai su qualcosa
e il mio sangue si agitò.
Gridai istericamente e caddi nel nulla.
E’ orribile
ricordare quei momenti,
ma gli incubi
me li propongono spesso.
La paura aveva
alterato il suo viso,
un’immagine che non mi abbandona.
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Scritto esattamente una settimana dopo “Un sogno”, potrebbe intitolarsi più propriamente “Un brutto sogno” o “Cattivi pensieri”, visto che è avulso da qualsiasi realtà personale, fortunatamente.
Credo sia il massimo dell’orrido uscito dalla mia penna, considerato che non amo questo genere, non lo amavo neanche a quindici anni, anzi lo fuggivo, non solo per scelta, ma per una sorta di fastidio connaturato.
Il collegamento con “Un sogno” è innegabile, nella mente stesse protagoniste femminili, stessa colonna sonora: “Sympathy” (Rare Bird di David Kaffinetti e Graham Field), là nell’atmosfera, qui nella metrica.
Tuttavia, se il flashback reso è inesistente, mi sembra di ricordare una sorta di movente, insito in pene d’amore adolescenziali. Operando una via di mezzo tra outing e auto-psicanalisi (considerato che il tempo consente a volte di guardare se stessi con un certo distacco), il senso recondito potrebbe essere, da una parte la non accettazione di un rifiuto e dall’altra un messaggio mai recapitato: senza di me sei in pericolo!
(II-24.9 A)
Accompagnamento musicale arpeggiato:
LA
RE (tre volte)
MI (…e si ripete)
(IV – 2.12 A)

DOPO IL TRAMONTO­

Credo sarebbe meglio essere
fuori di qua…..
Sono in un ufficio,
dietro la scrivania;
guardo oltre la porta,
si è fatto buio;
le luci pubbliche
fanno scorgere qualcosa…
ma che dico? infinite cose!
Ciò che vedo più vicino è l’asfalto,
ciò che non mi fa vedere oltre è un palazzo…
ma vedo una fetta di cielo… buio…!
Vedo delle automobili,
un semaforo,
dei passanti
e tante altre cose,
dopo il tramonto.

dopo il tramonto.jpg

Dall’ufficio del mio primo lavoretto in assoluto, vent’anni, speranzoso studente di sociologia, estremista, solo, in una piccola stanza anonima illuminata dal neon, ove anche il telefono taceva da ore, la macchina per scrivere davanti, osservavo fuori dalla porta a vetri il banale traffico dell’Acqua Bullicante a Tor Pignattara, pieno di noia… Così mi risolsi a scrivere qualche verso, ma anche l’ispirazione era bassissima.
(VI – 5.12 Roma)