SITUAZIONE… SOLUZIONE

Ancora adolescenza e L, la stessa del pezzo precedente, ma mentre quello era un racconto reale, questo è molto fantasioso, perché sovente, quando ci si infatua di una ragazza, se tutto non va esattamente secondo i desideri, subentrano le fantasie non necessariamente notturne, ma preferibilmente, perché è un metodo infallibile passare dall’invenzione di un sogno alla concretizzazione del sonno. Peraltro pare sia un metodo diffuso e sicuramente più piacevole del conteggio delle pecore.

Il nostro ispiratore e protagonista si muove in un’ampia visione del mondo tra pacifismo e protesta contro l’incombente odio, rivolgendosi all’amata da persona navigata che conosce la società nella quale domina il malessere. Il sogno d’amore si fa invettiva giacché sulla terra non c’è un angolo di pace e l’amore (si affronta il concetto retorico secondo cui il passato è sempre meglio del presente, ma il quasi sedicenne può. Infatti, più adulto, nel tempo della negazione assoluta della positività, ammette che vi siano pochi spazi di pace, prevale un piccolo ottimismo) si è trasformato (prevalentemente) in odio… Eccoci! Ma questa situazione non scalfirà il nostro amore. Lo dimostra il fatto che quando ci siamo incontrati questa amara realtà è svanita (mentre il sogno originale si attardava in azzardi pessimistici e pseudo sociologici muovendo critiche anche a una collettività sessuofobica, e da questo punto di vista in buona parte continua ad esserlo). Eppure il nostro adolescente vedeva ai suoi tempi e nei suoi luoghi un paternalismo bonario, degenerato in seguito.

Il sogno, in quanto fantastico, mostra passato remoto, passato prossimo e presente della relazione, un artificio funambolico per un sedicenne, poiché non può vantare una lunga esperienza.

Così il sogno temporeggia tra passione, sentimento, struggimenti vari dovuti ai malintesi di coppia, alle reciproche accuse di affetto parziale, stante lo svolgersi del tutto in una società piena di contraddizioni. L’irrazionalità sposta questi problemi affettivi in accuse a terzi, alla moltitudine, che nel giro di pochi anni non si commuove più, non ha più cuore, tutto si è meccanizzato, robotizzato, la pancia del boom economico strizza l’occhio al futuro, al surreale. Il non capirsi, il non amarsi, il non piacersi più è colpa di questo insieme che avanza, questa forza priva di sentimento.

“Penso proprio che le macchine, vincendo le menti umane, abbiano fossilizzato le anime” pertanto occorre lottare per la liberazione esistenziale, studiare una rivoluzione dal Libro, dalla scrittura.

Il pensiero adolescente fa riferimento a lettere, alla corrispondenza tra i due, della serie, siamo noi a risolvere e nei tuoi scritti trovo la gioia. La revisione matura fa riferimento alle Scritture, al Vangelo, alla nonviolenza, alla Carità e alle altre virtù poste al servizio di questo amore evanescente che si nutre di sogno e speranza e che accusa il mondo ipocrita di remare contro, così occorre isolarsi per non subire la sua contaminazione.

La visione onirica si fa narrazione cinematografica, una sceneggiatura con per protagonisti i supereroi dell’agàpi, con il mondo acerrimo nemico, ed è la loro forza, giacché bastano a se stessi, lotta lotta lotta… Tuttavia non si sogna in due, l’unilateralità può essere solo consolatoria, un palliativo temporaneo e tuttavia resistente, finché una nuova storia non lo mette in non cale.

Stravedo per la fantasia adolescenziale, quando le passioni sono davvero tali e incondizionate, forse al di là di tutto anche indifese, dove la retorica, che c’è, è però impalpabile e imperturbabile. Quando si cresce non è più così, la maturazione, l’esperienza, lo studio, la comprensione, portano un po’ a vergognarsi di queste pene d’amore espresse senza pudore.

Al di là del focus sull’amore di due adolescenti, certo centrale, resta fortemente d’attualità, non solo nella visione del sognatore, la prevalente presenza di odio nel mondo; è bene precisare, più che di prevalenza numerica, si tratta di preponderanza dell’arroganza a tutti i livelli, dai fattacci che ogni giorno si verificano non solo nelle nostre strade e coinvolgono due o più persone, alla politica a dir poco reazionaria di chi manifesta il suo potere rigorosamente per i propri interessi diretti e indiretti e che in base a questi, oggi ne dice una, domani il suo contrario, incurante degli effetti dannosi sulle masse, sul popolo, in parte stanco, assuefatto, rassegnato, incapace di reagire efficacemente.

… E allora, se neppure la storia ci ha insegnato nulla, anzi si cerca di celarla ai più, se la guerra prevale sull’intelligenza, che faremo noi… e dove andremo noi…?

situazione...soluzione

 Situazione… soluzione (6 – II – 11.10 s) a 27-30.11.2023

ENIGMA

Disquisizione complessa, quanto “effimera” e certamente intima, e quando è tale cade il banale, in quanto l’intimità è fondamentale per se stessa e per se stessi.
Il primo amore, spero di non ripetermi e almeno di non contraddirmi, in fondo potrebbe essere solo una definizione, che importanza può avere qualificarlo? Senza voler fare discorsi assolutistici e nemmeno esaustivi, posso osservare che molte persone sovente ne parlano, magari affermando “È stato il mio primo amore”; il problema comincia a sorgere se ogni volta che si pronuncia tale frase ci si riferisca a persone diverse. Una cosa del genere, al di là delle battute, potrebbe accadere perché non è chiaro il concetto, ovvero perché può essere applicato a diverse circostanze.
Insomma qual è il Primo amore? È la passione di bambini che giocano per la prima volta al “dottore”? O il primo innamoramento platonico alle elementari? Oppure quello più intenso, struggente, quanto ancora platonico, della prima adolescenza? Ovvero quello del primo bacio o anche del primo rapporto completo? Come si può notare non è affare semplice stabilire qual è obiettivamente, magari è più semplice se ognuno deciderà per proprio conto, o in alternativa stabilire che ce n’è uno per ogni caso.
Per quanto mi riguarda l’argomento può anche rimanere intimamente indefinito, tuttavia il dilemma sorge nella scrittura; ergo, a un pensiero repentino di primi amori possono venirne in mente più di uno, mentre sarebbe arduo scriverne definendoli tali, si creerebbe un minimo di confusione letteraria, salvo argomentare tornando alle tipologie…
Che fare? Procedere a una verifica immediata di scritti sul tema per riscontrare se esista una casistica? Potrebbe anche essere…
Eppure ne parlo a ragion veduta giacché uno scritto alla mia attenzione recita: “Questo è un omaggio al mio primo amore”… Un narratore onnisciente potrebbe oggettivamente
stabilire che lo è stato davvero, mentre quelli precedentemente ipotizzati andrebbero derubricati a “potenziali”.
Questo è un amore perenne passato attraverso diverse fasi, comprese quelle in cui non si ha ancora padronanza del concetto di amore, una fase in cui non si saprebbe neppure come definirlo, attrazione primordiale o che, fino alla cottarella a cavallo tra infanzia e adolescenza, concretizzandosi poi in una passione esplosiva che viene generalmente chiamata amore. Lei, sempre conosciuta, a differenza delle altre, cresciuti insieme seppur prevalentemente distanti, con incontri costanti e contatti permanenti. mentre per il resto si tratta di cotte scolastiche o passioni unilaterali benché durature.
La protagonista la “conosciamo” già, è la stessa intimisticamente raccontata nella quadrologia “Prima gioventù”, e anche ora in modalità non meno ermetica, forse un riferimento alla donna in senso lato, al mistero che si cela dietro ognuna di loro e che siamo ancora lontani dal risolvere o si sta solamente alimentando l’enigma traviante.
Oggi compie 18 anni, la penso, penso ai suoi pensieri, torneranno forse alla sua nascita, si farà delle domande irrisolvibili. Intanto sono il suo ragazzo da undici mesi e ho bisogno di vedere il suo viso, ma è lontanissima e in questa elucubrazione, in questo omaggio, penso che non potrò avere altra che lei.
È sempre stata libera, disinvolta e intraprendente per la ricerca di nuove libertà, una regina fin da bimba e se si sentiva prigioniera evadeva almeno con il pensiero.
Capace di simulare i sentimenti, al punto di trasferirli nella mente altrui modificati – peraltro caratteristica comune a molte donne -, in questo modo accresceva a dismisura il suo fascino, la sua influenza, e io chiuso in me stesso, quasi intimidito dalla sua personalità vagavo nel dubbio, con tanti punti interrogativi.
Curava il suo corpo e il suo viso già belli e ne sfruttava la gioia che poteva darle. Chi l’amava non poteva pensare che quell’unione non fosse per sempre, era tutto fantastico ed entrambi felici, benché fossero un po’ il giorno e la notte, ma il rapporto li rendeva un po’ pomeriggio e sera, lei estroversa, lui riservato, ma nella fusione queste differenze svanivano.
Lei era sempre la stessa, puntava sempre al successo, all’allegria, benché volendo riuscisse a simulare i suoi desideri. Il suo ricordo è ancora un incanto che fa svanire la tristezza e rende presente il suo viso e insieme sorridono all’invito d’amore.
La voglia di creare una famiglia, di avere dei figli, in lei è evidente, sebbene questa immagine ogni tanto scompaia. Naturale scorgere in lei umanità e padronanza delle idee ed è sempre attesa.
Un sogno ad occhi aperti, uno spingersi molto avanti a quella età, ma è questo il bello.

26 enigma

42 Enigma (26 – IV – 21.6 a) a 25-27/3/2023

ERMETICA

Non dico che dal sogno passiamo alla realtà, ma almeno al tentativo di descriverla soggettivamente, senza purtroppo aver mai sentito l’altra campana (rif. post “Fulgori”). Siamo nelle condizioni che per ricostruire il Suo punto di vista occorre basarsi sul nostro riferente per mimica, rarissimi fatti vissuti a distanza di almeno un metro (tipo covid ante-litteram) e il rarissimo caso di percezione di una battuta: “Anche qui, adesso!…”, la cui interpretazione avrebbe bisogno di una consulenza archeo-filologica.

Il racconto nel dettaglio di tutto ciò, oltre che sconfinare nel ridicolo, potrebbe apparire come il resoconto di una seduta dallo psicologo, a me peraltro esperienza ignota.

Si tratta, ovviamente, di un grande amore adolescenziale, rimasto platonico e mai apertamente dichiarato, anche se spingersi fino a tale affermazione è come dire che il sole gira intorno alla terra. In realtà di dichiarazioni ce ne furono “mille” e nelle più svariate forme, anche se mai nel modo più normale, la parola diretta. Non ci ha mai parlato, a parte qualche monosillabo pronunciato a fatica (tipo la volta di “Motocicletta, 10 hp…”. Cito per la Storia). Qualcosa di più avvenne attraverso gli sguardi.

In sostanza fu un supplizio durato pure diverso tempo. Appena sapeva che lei c’era o la incontrava, l’istantaneo piacere che gli dava quel volto o il suo ricordo, andava di pari passo con una grande sofferenza per la convinzione che fosse un amore impossibile alimentato da illusioni, disillusioni, pianti, gelosie, capi chini, rossori, fino all’irrazionale rancore.

La voglia di vederla era quasi pari alla paura che ciò accadesse, per un senso di inadeguatezza che lo tormentava.

Sei anni – un arco di tempo che contiene tutta l’adolescenza e un po’ oltre – ci sono voluti perché questa “cosa” si affievolisse e così è stato, anche per il subentro di altri amori e dolori meno effimeri…

Nella fase “calante” ne scrisse come una sorta di rivalsa (Ermetica è il riferimento al suo scrivere, non a lei), probabilmente per reazione a un suo atteggiamento “snob” verificatosi pochi giorni prima. Come dire ormai ti ho messo in non cale… e non è che fosse proprio vero.

Gli amori platonici sono talvolta sottovalutati, derisi, eppure hanno una loro potenza. Il ricordo della prima volta che vide Am e in generale l’intera storia, oltre a essere piacevole è comunque stata un’interessante esperienza sotto molti punti di vista, anche formativo, utile per conoscere alcuni aspetti psicologici di entrambi.

Il maggiore ricordo ancora oggi riguarda il suo volto, gradevolissimo, bello e soprattutto i suoi grandi occhi espressivi, che gli davano una luce particolare dalla quale fu immediatamente allucinato, un’immagine che gli rimase impressa nella mente, mai rimossa. Non sapeva nulla di lei, non saprei ora riordinare cronologicamente i loro incontri occasionali, alcuni dei quali sono rimasti indelebili più di altri; forse il primo si verificò davanti a casa di lui, dove lei passava con sorelle, cugine o amiche, proveniente da casa dei nonni, verso ignote destinazioni.

Ricorda prevalentemente quel viso con un mezzo sorriso perso nell’aere, senza una meta precisa; mentre il suo l’aveva eccome ed erano i suoi occhi.

La battaglia degli sguardi distolti c’è stata di certo e, a seconda delle circostanze, entrambi li ebbero di certo calati; lei, consapevole o meno, aveva il potere di farglieli abbassare con il suo piglio abbagliante, ma nella fase iniziale non ricorda particolari occhiate ostili, forse piuttosto lo ignorava; lei era disinvolta, mentre lui appena appariva si intimidiva, subiva fortemente il suo fascino naturale, perfino i suoi potenziali difetti gli parevano pregi aggiuntivi, ulteriori valori. E’ certo che da quel momento colonizzò interamente i suoi sentimenti e la sua mente, non simulava nemmeno, anzi ne parlava con persone che potenzialmente potevano riferirle.

Ma evidentemente il suo sentimento non era condiviso o la sua timidezza non era all’altezza della situazione, probabilmente della decisione che esigeva… così da una sorta di piacere, di innamoramento positivo, con il tempo subentrò un senso di frustrazione, di caos, di rassegnazione, e iniziò a simulare disinteresse, verosimilmente non molto bene, tutto traspariva e peraltro le confidenze verso sperate Galehaut continuavano…

Stiamo parlando di un lungo periodo, crescevano entrambi, ed entrambi frequentavamo le scuole superiori a Cagliari. Verosimilmente cominciava a maturare fastidio per il suo interesse, così arrivò il primo sguardo stizzito, forse contro uno suo insistente… Desolazione assoluta, ma l’inerzia, fece presto posto al dibattito interiore sul significato di quel nuovo comportamento, e la riflessione diede luogo al proseguimento del gioco, altalenante. E’ capitato a volte che i loro occhi si siano incontrati, ma lei ha avuto la capacità superiore di scuotersi, apparire impassibile e andare oltre.

Crede che sia stato assolutamente il suo primo amore, benché unilaterale, e penso che un amore, un innamoramento evidente per i sentimenti e le pene provati, non possa avere mai fine per quanto possa essere messo in sonno.

Gli ultimi suoi atteggiamenti li ricorda spavaldi, come di chi sa benissimo cosa prova chi ha di fronte, eppure questa storia, che potrebbe apparire assolutamente effimera, è durata talmente tanto che si è incrociata con altri amori concreti e intensi, pertanto il suo atteggiamento lo infastidiva, dentro se diceva come una forma di ripicca “Che ne sai?”… Eppure, come si dice qui, “Funti ancora fac’ ‘e pari”, detto letteralmente intraducibile, che vorrebbe dire più o meno: sono ancora a quel punto…

28 ermetica

38 Ermetica (28 – IV – 16.09 a) a 27.11.2022

DONNA M’APPARE E MI PLACA IL CUORE

Uno sguardo fulmineo e inatteso, un contatto, una tenerezza, e altrettanto improvvisamente il percorso opposto ugualmente imprevisto, sorprendente e per certi versi inquietante ed enigmatico.

A volte capitano davvero cose strane, in realtà non sempre piacevoli, ma talvolta sì, e allora magari vorremmo che ne accadessero di più, soprattutto quando di quelle belle non ne avvengono da mesi o talvolta da anni. Allora la memoria. che aveva messo una pietra da tempo su quella storia, va a rivangarla, ne vuole cogliere quel flash positivo, gradevole, incredibile nella sua, addirittura, banalità. Eppure a me è stato insegnato che talvolta anche il banale ha un proprio valore, e non effimero. Si, tergiverso, non è una lunga storia e quella sgradevole è durata più di quella banalmente gradevole.

Ero ancora matricola, avevo preso posto un po’ casualmente nell’aula a tribuna per seguire la lezione di Letteratura Latina. Il prof iniziò la sua lezione; la Sua caratteristica più rilevante era che ci dava individualmente del voi, e collettivamente del loro… Si comportava da barone nei confronti di borghesi? era fedele al duce? o semplicemente, pur non essendo esattamente un provisional dell’IRA, adottava dei comportamenti eccentrici di imperiale memoria? Egli era molto attratto dalla fredda cultura marmorea, infatti era un patito dei Carmina (o Carmen).

I Carmina sono stati le prime testimonianze della letteratura latina e hanno avuto seguito anche in epoca cristiana, fino al basso medioevo. Essi venivano usati dai Romani per esprimere una poesia dal tono solenne, di carattere rituale e propiziatorio, manifestata anche mediante iscrizioni prosastiche. Poteva ad esempio trattarsi di un confronto enfatico tra il celebrato e i suoi commensali, dove il primo veniva paragonato a un antico illustre, in quanto persona tanto al di sopra del suo tempo da poter essere paragonato solo alla stregua dei grandi del passato. A questo proposito si ricordi che anticus per i romani era sinonimo di migliore. Gioite pertanto voi cui è stato detto: pagu antigu!

Successivamente vennero chiamati in questo modo quei canti, in versi saturni, che venivano intonati, improvvisando, durante i banchetti o per inneggiare il trionfo di un condottiero. I testi in argomento erano i Carmina Latina Epigraphica. Ma dove è andato a pescarli questi Carmina? è da una settimana che ne cerco almeno uno! Evidentemente anche durante l’impero romano e nei tempi immediatamente successivi esistevano delle avanguardie, per pochi eletti…

Bene, in questo contesto – quasi che anche le lezioni universitarie avessero adottato le interruzioni pubblicitarie -, quello che distrattamente avevo ritenuto un collega e sedeva davanti a me, un gradino più in basso, si voltò verso di me con una velocità notevole, quasi che stesse meditando quel gesto da diversi minuti; aveva un sorriso stampato in faccia, capelli cortissimi ed era evidentemente una ragazza… Non so se il mio stupore sorridente durò più o meno del tempo che lei impiegò per una sorta di presentazione e per chiedermi degli appunti, così a bruciapelo. Disse qualche altra parola riferita allo studio… Quei pochi secondi somigliavano più che altro a un approccio il cui scopo ultimo era tuttavia inesplicabile anche per la singolare modalità in cui si svolse.

Ci demmo appuntamento al termine delle lezioni, tutto filava abbastanza liscio, la conoscenza, insieme alla confidenza erano cosa fatta, tanto che da quel rapido movimento di collo del mattino sembrava passata un’eternità, sebbene ancora abbia dubbi sul fatto che il secondo step sia avvenuto lo stesso pomeriggio o un altro giorno.

Fosse quel che fosse, al termine di una passeggiata accademica di sapore intimo, memore di altre esperienze andate in un certo modo, tirata la sintesi delle funzioni trigonometriche dei casi, le chiesi un bacio. Lei fece letteralmente un balzo, era chiaro che non se lo aspettava; dopo qualche mormorio incomprensibile, proferì le parole più ingenue di tutta la storia: “Va bene che mi sono appena lasciata con il mio ragazzo, ma insomma…”. E cosa vuoi che ne sappia io che ti sei appena lasciata con il tuo ragazzo. Recupera padronanza di se stessa in pochi secondi e “Vuoi un bacio? Eccolo”, si inerpica e mi bacia sulla guancia, poi confermiamo l’appuntamento per più tardi per studiare insieme in sala di lettura.

Lettura, appunto, ma delle situazioni! Non che sia così semplice, ma non mi lamento, il mio è solo un auspicio.

In breve Silvia mancò all’appuntamento, la attesi abbastanza, poi decisi di continuare a studiare in un’aula, come usavo… Passò qualcosa come una mezz’oretta e la santarellina, proprio lei, apparve sulla porta nella sua massima disinvoltura e in compagnia, cercava un’aula libera… il conto dell’inganno era presto fatto.

Il resto sono brevissimi episodi in cui lei cerca di tornare a parlarmi seppure con modalità più imbarazzata, la evito, ma la curiosità è sempre più forte del rancore più o meno legittimo: sentire le sue parole giustificative di un simile comportamento.

Passarono mesi prima che mi decidessi a soddisfare questa esigenza… La trovai a studiare in fondo a un corridoio del Corpo Aggiunto vicino all’aula magna, i capelli erano ormai lunghi… Mi parlò come se ci fossimo visti il giorno prima, ma il rancore era il suo: non le avevo passato alcun appunto.

Che storia è questa, direte. Un mese dopo il fatto scrissi due sonetti di ispirazione stilnovista, uno in sardo, uno in italiano; per quest’ultimo, quel voltarsi come un’apparizione istantanea sorridente non poteva essere dispersa in se stessa, fu il suo grande avvolgente regalo, tuttavia ingannevole quanto sembrasse vero. Nella realtà c’è tanto di non detto, difficile fare ipotesi: forse esperimenti di circuizione, con gesti, contatti felini, fascinazione, per poi negarsi in modo singolare, non chiudere per fartela pagare. Sole e luna per certi versi: tramo l’ignoto e capto l’errato.

78 donna m'appare

34 Donna m’appare e mi placa il cuore (76 – XVI.XXVIII – 6.4 a) a 31.07.2022

ABOUT PROMENADE…

L’io, l’intimità, l’amore, cosa c’è di più personale e più intimo dell’amore? Niente probabilmente, anche perché racchiude un’infinita scala e varietà di sentimenti: l’amore davvero, se mi si consente la licenza, si può graduare come un vino, dal più forte al più leggero, da quello dolce a quello secco e si potrebbe continuare con le distinzioni. Sicuramente ogni amore è diverso, ma la gradazione può accomunarli nella diversità. Quelli dolci sono piacevolissimi, non danno grandi fastidi, quelli forti possono far male, sono struggenti, uniscono la gioia, il piacere, alla passione e talvolta alla sofferenza, al dolore, eppure sono quelli più voluti, mai dimenticati.

Questi ultimi amori, essendo di meno, sono più facili da ricordare. Immagino che ciascunǝ abbia un personale metodo per individuarli. Per quanto mi riguarda è tutto molto naturale, vi sono alcune gradazioni di passione, sentimento, riconoscibili nell’immediato o anche con il tempo e quelle più alte oltre ad essere riconoscibili per le caratteristiche e le comuni emozioni, rimangono indimenticabili e permanenti, i sentimenti persistono al di là dell’effettiva continuità del rapporto, perché il problema è che spesso nell’amore non vi è convergenza assoluta e duratura.

Mentre espongo un po’ sommariamente, ho in mente l’ultimo amore intenso, intensissimo; non devo ora raccontarlo, necessiterebbe, tenuto conto di vari aspetti, di un contenuto piuttosto voluminoso e complesso, intendo trattare qui di un sogno, immagino sia stato il primo che ha riguardato Lei, e se non è stato il primo, è comunque quello che appena sveglio ho subito annotato appena sveglio su carta di fortuna. Era allora talmente intenso il sentimento, la prima fase dell’innamoramento, durata peraltro molto a lungo, per cui sentivo il bisogno irrefrenabile di gridare al mondo che amavo lei, che il mio cuore era impegnato e voleva essere una sorta di impegno anche nei suoi confronti e lo feci dove tutto ebbe inizio.

Si è trattato di un amore abbastanza letterario, parlo ovviamente dal mio punto di vista, pertanto ogni momento, fin dal principio, è stato funzionale allo scopo, al sogno e quant’altro.

Anche i sogni sono di un’infinita tipologia, con differenti gradazioni di interesse. Non è mia abitudine trascrivere o ricordare i sogni, quando accade è perché mi hanno profondamente colpito, sono particolari e interessanti, danno magari lo spunto per scrivere, perché spesso si presentano in forma di racconto, seppur surreale talvolta, come una specie di dettato, di messaggio. Il senso di annotare il sogno è che capita di dimenticarlo dopo alcune ore, ma anche appena svegli non si ricorda per intero, solo sprazzi della parte finale…

Nell’autunno precedente avevo presentato a Roma la mia prima monografia, un saggio storico; lei non c’era, ma lo avrei tanto voluto. Peraltro potrei dire che quel libro, non solo, ma è anche stato “galeotto”: era in cantiere quando ci siamo conosciuti e lei ha seguito intensamente ogni momento della preparazione, tutto il percorso dell’editing fino alla pubblicazione e oltre… Lo stesso percorso c’è stato per me durante la formazione e la pubblicazione del suo.

Ormai è primavera, il tempo va a ritroso, sono di nuovo a Roma per la stessa presentazione, ma con lei. L’evento è previsto per il pomeriggio. Utilizziamo la mattina per una passeggiata. Ci troviamo all’imbocco di via Giulia, dal lato vicino al Vaticano. Via Giulia ha un grande significato per me, quando capito a Roma, se ne ho il tempo, la raggiungo e visito i luoghi memorabili, in particolare il liceo Virgilio.

Via Giulia è una via lunghissima, una passeggiata importante, la percorriamo tutta, ebbri di passione, fin dove congiunge con il Lungotevere a ponte Sisto. Ora, se si indaga sui titolari dei toponimi spesso si hanno brutte sorprese; quando è possibile li cito come indicazione decontestualizzata, tuttavia non riesco a citare quelli ancora intitolati ai Savoia, nemici della Repubblica e di tanto altro, lo so, tergiverso, ma è importante.

A proposito della passeggiata, essa è guidata da una marea di suggestioni: Minerva spira e conducemi Appollo (Canto II, Paradiso, Divina Commedia, verso 8). Sapienza e poesia scosse, sorprese, dalle nostre notti e dalla paura della libertà del nostro amore. Percorriamo via Giulia avvinghiati, ogni pochi passi un bacio sulla bocca, poi giunti in fondo, nello spiazzo che si apre verso il ponte, ci spogliamo del nostro casual e ci stendiamo sui sampietrini, mentre le acque del Tevere scorrono tranquille e sembrano approvare la nostra passione, così come il traffico che pare ammiccante e non ci dà fastidio… La presentazione sarà stupenda!

68 promenade

About promenade… (106 – XXV.XLI – 28.3 a) a 26.02.2022

VIDA PASSADA

Vita arcaica

Mi soffermo spesso a pensare ai miei avi, senza limiti di tempo a volte, dunque spingendomi in una immobilità naturale o solo filosofica, che si trattiene sull’amore per il proprio sangue, per la propria infinita o indefinita ascendenza.

Naturalmente il più delle volte il mio pensiero si contiene fin dove la storia lo sorregge… E fin dove può aiutarmi la scienza storica, antropologica, linguistica e letteraria? Solo fino a ipotesi ai limiti della toponomastica, ma anche esse vanno ragionate, devono avere un fondamento.

Sì, ho cercato, ma non così tanto da poter scrivere un lungo saggio, il problema è che il tempo va gestito e occorre fare delle scelte, dare delle priorità su come impiegarlo.

Tuttavia ho scavato nella mia genealogia a tutto campo e potrei andare oltre, perché non ho superato il Settecento e ancora non conosco il nome di un eptavolo… dovrò tornare negli archivi…

Eppure purtroppo c’è chi non conosce neppure i nomi dei bisnonni e probabilmente in alcuni casi dei nonni, dunque ci sarebbe di che essere soddisfatti.

Stiamo nel Settecento dunque. Non è semplicissimo pensare ai propri avi di allora. Occorre stabilire come erano le strade, come erano le case, che genere di attività svolgessero, quali le sembianze (facendo un tourbillon di particolari da attribuire, tra zii, prozii e il nonno relativo,), quale il carattere (idem), oppure introdurre nella ricostruzione della nebbia, quella aiuta di sicuro!

Nel mio caso di roman dovrei farne parecchi: le località da cui provengono i miei avi sono varie, e in un caso, visto che vivo in un’isola, anche oltre mare. Eppure, solo relativamente al nonno materno, dovrei allontanarmi dalla città in cui vivo. Gli altri tre nonni hanno la discendenza in un raggio contenuto in 10 km.

Potrei cominciare dai pochi elementi che ho per immaginare il mio villaggio natale nel XVIII secolo. Per fortuna ci sono testi che lo descrivono, essendo esso una millenaria sede vescovile – che solo ora papa Francesco, o chi per lui, sta mettendo in discussione, ma non hanno altro da fare? Pensate al Becciu e lasciate in pace la nostra diocesi. O volete ridurre la chiesa come la sanità? Attendiamo un nuovo vescovo e che sia un teologo della liberazione -.

Sicuramente c’era già la Cattedrale attuale, che per quel tempo doveva equivalere a qualche grande meraviglia; nascevano o erano appena nate altre due chiese, ma il quartiere  più popolato era ancora intorno a Santa Maria, l’antica parrocchiale. Dalla piazza una strada sterrata saliva verso alcuni del comuni minori vicini.

Certo, se in quel tempo avessimo avuto un pittore che ci avesse lasciato le sue opere, i suoi paesaggi, sarebbe stato bello. Dobbiamo mettere in moto l’immaginazione, ma dalla nostra parte c’è il fatto che lo sviluppo edilizio rurale non era un tempo sviluppato come ora.

Il quartiere di Santa Maria, aveva vie strette e contorte, come sentieri, su cui si affacciavano case distribuite disordinatamente, con portali per le famiglie più benestanti e ecas (cancelli di legno) per quelle meno abbienti, o anche portali minori; a tratti muri a secco chiudevano i cortili e gli orti che si alternavano alle abitazioni, qualcosa del genere l’avremo vista da bambini, qualcosa esisterà ancora, paesaggio, vesti, sembianze, suoni e pensieri… qualcosa…

La casa del nonno è immersa nella via che ha conservato prevalentemente il suo aspetto antico, muri a secco, dislivelli, serpentine, vicoli. Certo, la proprietà  dei suoi padri comprendeva almeno la metà dell’intero isolato, suddiviso poi tra gli eredi (non vi è stato giustamente majorascato), era una fattoria di contadini e allevatori e li vedo muoversi tra loggiato e corte, fienile e stalle… E giù nella strada il passaggio delle donne con in testa crobis (ceste) piene di panni lavati nel torrente o brocche d’acqua tenute in equilibrio con l’ausilio di un semplice panno arrotolato in cerchio sul capo, un via vai che si incrocia con uomini a cavallo diretti alle loro haciendas, o greggi di pecore che occupano l’intera strada annunciate dallo scampanellio dei pitajólus.

Indimenticabili e dal sapore ancestrale, erano le notti trascorse in casa dei nonni paterni, quando essendo tutti i letti occupati. mi si stendeva un materasso sopra s’intabau (pavimento tavolato) ai piedi del letto matrimoniale. Era per me la panacea, dormivo tranquillissimo perché non avevo la paura che ci fosse qualcosa sotto il letto. Mi è rimasto l’istinto di controllare quando alloggio fuori di casa, anche in albergo… dove talvolta l’amara sorpresa è la polvere.

65 vida passada

13 Vida passada (65-7s-XIII.XXIVc – 31.07 a) a 23.10.2020

UNA VIOLENZA

La parola violenza insieme a “poche” altre non vorrei neppure vederla scritta. In amore poi, meno che mai. Ma come accade per la comunicazione, a volte è necessario usarla per rendere l’idea.

Le cose finiscono” mi diceva recentemente June. Tutto dipende dalla filosofia che si adotta; in realtà nulla finisce, tutto si trasforma più o meno bene, più o meno in bene. Ma June è capace di dire queste cose carezzandoti, baciandoti, amandoti.

Quando si adottano sistemi differenti, quando non si ha neppure la maturità o la conoscenza della dolcezza, della tolleranza, della comprensione, tutto assume contorni diversi.

Figuriamoci per due adolescenti che remano sulla stessa barca in direzioni prevalentemente opposte. Sì perché è tutto un remare disordinato, che addirittura talvolta fa muovere l’imbarcazione di un metro avanti e due indietro: una confusione solenne.

Il dolore che può dare un amore disomogeneo o più che esso, il modo di concepirlo, di viverlo, è in certi casi lancinante, può privare di razionalità e di diverse altre capacità, poi il tempo lenisce, soprattutto se si ama la vita propria e altrui. Il tempo appiana perfino i contrasti talvolta, certo illude anche, provoca ricadute possibilmente peggiori.

Dov’era arrivato il film? Si era in pieno gioco assurdo.

Ginevra, trascorsi quasi due mesi, ha un piccolo ripensamento; smette il suo atteggiamento ostile, osserva che anche Graham si mostra disponibile al dialogo, benché siano evidenti i dislivelli emozionali. Lei si preoccupa, si informa, lo critica, ma segue un percorso razionale; lui cerca spiragli che sembrava impossibile immaginare.

Torna il saluto. E’ pace? Ginevra è un grillo parlante, non tiene nulla, esterna i rimproveri, ma dice anche troppo: stavo per venire nel tuo letto, ma tu un po’ mi attiri, un po’ mi fai paura.

Parole incomprensibili per Graham, il gioco è più grande di lui, non lo capisce, neppure lo vede. Scorge solo la possibilità che si è aperta per tornare insieme e persegue quella quasi convinto di riuscire nel suo intento e in realtà il successo si avvicina. C’era da vincere una sensibilità di cui lui ignorava l’esistenza e non si fida del ti farò sapere io quando me la sentirò, non si fida perché lo considera un pretesto, un tentativo di dilazione – chissà se lo era, in realtà me lo sono sentito dire tante volte e a memoria non ricordo che nessuna sia venuta a dirmi ora me la sento -.

Così insiste, il tira e molla è evidente, la lotta interiore pure, i pretesti che Graham dà per irritarla sono molteplici e ingenui, fino ad errori macroscopici. Forse davvero la pazienza poteva essere il mezzo più idoneo.

La nuova rottura è ancora peggiore, dispetti, insulti, fatti inenarrabili, ma questa volta sono stati superati i confini del superabile, del concepibile, del credibile. Lui è distrutto e non ha più nessuna voglia di vederla.

Questa sua seconda partenza è agli antipodi rispetto alla prima, quando due mani si sfiorarono per un tempo infinito fino all’ultimo lembo di unghia.

Sarebbe stato bello concludere così, ma non posso non registrare l’insofferenza del produttore, che conosce la vera storia e mi accusa di aver cosparso anche troppo miele su un racconto che avrebbe meritato ben altri fuochi d’artificio e perfino colpi di cannone.

Caro prod, ne è passata di acqua sotto i ponti da allora e dalla prima stesura in versi, e per fortuna c’è stato nel frattempo un fondamentale percorso umano, nonché una miriade di altre delusioni che farebbero impallidire la storia dolce e turbolenta di Ginevra e Graham.

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9 – Una violenza (Prima gioventù-IV) (44 – V – 14.9 a) – a 29.06.2020

DOLCE AMORE

Il tempo procede, la nostra vita tranne rari casi è pianificata. Anche un giovane adolescente ha la sua scuola, le sue vacanze, i suoi tempi di studio e di “svago”, la sua estate. Quasi ogni giornata si svolge sotto determinati ritmi, movimenti e comportamenti.

Gli amori giovanili spezzano in qualche modo questa routine, se sono davvero tali; diventano nella nostra vita degli elementi destabilizzanti e catturano tutta l’attenzione su di essi, per cui, che so, hai davanti un libro di storia, ma stai sognando ad occhi aperti una avventura con lei, che magari è lontana e hai solo questa modalità per viverla.

Diverso tempo fa (forse c’è ancora nell’incasinamento globale della vita odierna – extra covid s’intende) c’era il cliché dell’amore stagionale, solitamente estivo. Una sua caratteristica, specie per i più giovani, figuriamoci per gli adolescenti, era “giurarsi” amore eterno e comunque mantenere in qualche modo i contatti.

Oggi è facilissimo con i telefonini, le @mail e le varie amplificazioni tecnologiche di essi; questa tecnologia è però intervenuta solo alla fine del secolo scorso, alla fine degli anni Novanta, prima (in tempi non preistorici) ci si affidava alle lettere, neppure al telefono, perché non garantiva la privacy o la tranquillità necessaria per esprimere certi concetti. Nelle lettere si scriveva di tutto e di più, al telefono a volte l’emozione non faceva spiccicare due parole sensate, ma era il festival dei monosillabi.

Ma non tutti i rapporti che nascevano intorno ai sedici anni erano riconducibili al cliché accennato, alcuni erano amori e passioni struggenti, tenuti in vita dalla loro stessa natura.

Poi lei ritorna, è passato del tempo, anche troppo; i comportamenti sono diversi, non c’è omologazione in questo, entra in gioco il proprio carattere in via di formazione, ma in parte già assestato e ci accompagnerà per il resto della vita.

Rispetto a quando è avvenuto il distacco fisico sono accadute delle cose, alcune anche imbarazzanti, dunque emerge un po’ di paura, di chiusura. Non desideravi altro che questo momento e ora sei come freezato; per fortuna l’incontro avviene e lo sblocco è incoraggiante, tutto è in continuità, come se tempo non ne fosse passato, e come allora c’è solo lei, non c’è altro che abbia senso, che meriti attenzione.

Il racconto dei mesi di lontananza, qualche ombra che non trova spazio e si dissolve immediatamente, si fanno valutazioni importanti e anche qualche imprudenza che causa un allontanamento non messo in conto. La storia a un certo punto allarga il suo orizzonte e inquadra un mondo oltre te e lei, un mondo anche minuscolo cui quella favola non va proprio bene.

Si entra così in un’altra dimensione, dover fare le cose di nascosto, organizzare incontri clandestini, tutto si complica, ma l’amore è talmente sfacciato che sfida le difficoltà e riesce a trovare spazi per momenti incredibili.

Eppure tra le varie discontinuità della vita c’è anche quella che una coppia, per quanto di adolescenti, è appunto formata da due persone diverse, da due teste diverse, da due cuori diversi, per quanto forse quelli siano la minore dissomiglianza…

Ecco, il mondo che si oppone, a tratti duramente, comincia a fare breccia e qualcosa si rompe.

Quando accade ciò è doloroso per entrambi, qualunque sia la parte che vuole chiudere e quella che non si capacita di cosa stia accadendo.

In questi casi c’è sempre una parte determinata, “lucida” nel suo delirio e nella sua sofferenza, che non ha più presente soltanto quell’amore, ma tanta altra vita; mentre l’altra parte è come colpita da un dramma così immenso che perde qualsiasi possibilità di ragionare, salvo sapere solo anni dopo che magari il mantenimento di una qualche capacità razionale avrebbe forse potuto salvare il salvabile. Altri noti e penosi cliché

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7 – Dolce amore (Prima gioventù-II) (42 – V – 14.9 a) – a 29.04.2020

PRIMA GIOVENTÙ

La questione si pone di nuovo: dove finisce l’adolescenza e inizia la giovinezza…?

Tutto sommato non penso sia un problema che debba porsi un trovatore di versi o anche di prosa, tuttavia c’è certamente un’età nella quale esse camminano di pari passo, o meglio, il caso è del tutto soggettivo.

Personalmente, all’epoca, ritenevo che l’adolescenza terminasse più o meno con la maggiore età, forse anche prima… Oggi, ma l’ho già scritto altrove, per una sorta di opportunismo di nessun valore, ritengo che l’adolescenza vada (anno più, anno meno) dagli 11 ai 20 anni. Come età conclusiva sono in linea con la “scienza”, la quale posticipa notevolmente l’inizio.

Questo ragionamento, che può anche essere marginale, vale poco per i diretti interessati. Provate a dire a un diciottenne che è adolescente…

Torno pertanto a me stesso, che credo di non essermi mai posto il problema adolescenziale, considerandomi un giovane, almeno fin dall’inizio delle scuole superiori. Ma siamo sempre nel campo dell’interesse rispetto a ciò che si vuole fare, pensare, ottenere.

Quasi tutti i ragazzi e le ragazze vogliono diventare presto adulti per fare, secondo loro, quello che vogliono. Anche ciò è molto relativo perché dipende da famiglia a famiglia, dalla libertà di azione che viene data.

Ecco che allora, per risolvere il dilemma, ho elaborato l’espressione “prima gioventù” comprendendovi i sedici anni.

In quel tempo molte ragazze, ma anche ragazzi, avevano storie fin dai dodici anni, sicuramente dai quattordici (c’è stato un significativo regresso in questo senso, e forse persiste ancora oggi, ma non credo si possa fare un discorso troppo generale), a sedici anni si era un poco in ritardo e questo pesava parecchio.

Ma qui può sorgere un altro rompicapo: cosa significa avere una storia a quella età, è un problema di rapporti fisici o anche un fattore di tempeste ormonali, tra il sentimentale e lo psicologico? Capisco che si tratta di faccende diverse, ma anche precedentemente al primo bacio o (nella migliore delle ipotesi) al primo rapporto, possono esserci stati amori e approcci intimi di diversa natura, dall’amore platonico ma intenso, struggente, a situazioni più fisiche, ma meno sentimentali e solamente passionali, legate al desiderio. Un grande bailamme da valutare comunque soggettivamente.

Penso e in parte spero, che nessuno si sia mai sognato di elaborare dei teoremi psico-matematici sul tema.

Potremo stare allora al senso comune, a ciò che segna il salto verso un traguardo certamente atteso: il primo bacio.

… E dopo questo, la prima relazione, i primi distacchi, le prime sofferenze e tutta una serie di nuove consapevolezze, che viste oggi si collocano in quella parte della pubertà che è crescita sotto il profilo psicologico-sentimentale, oltre che fisico, ma poco più avanti, anche ideologico, tanto che nella mia esperienza personale, l’adolescenza avanzata, ha segnato la costruzione delle mie idee, mantenute fino a oggi, pur arricchendosi di contenuti ed esperienza, marcando certamente ogni altro aspetto della vita.

prima gioventù

6 – Prima gioventù (41 – V – 14.9 a) – a 26.03.2020

NUOVA COMUNIONE

Desiderio perenne
dal primo approccio ed eri senza volto,
sensazione solenne
tale passione ha alimentato e accolto.
Colà venivi, andavi,
tra razionalità e accondiscendenza,
mito dei più soavi,
fiamma di condivisa compiacenza.
Coltivi le paure,
accendi, vuoi esser presa, sei un po’ mia,
sorprendi con premure,
larga in quanto d’oltre caro dare via.
Viso suadente, esalta,
la tua voce femminina inebriante:
quel confonde, essa assalta,
sirena fuori dal mare cantante.
Mai ci fu comunione più anelata
anche se in sogno arridesse il trionfo,
né disincanto ma sorte insperata,
senso di ricompensa, nessun tonfo.
Strenne, le amore, Eva, la prediletta,
un figlio, e non pesa chi dà o chi accetta.

153 nuova comunione

Canzone alla greca
Metrica:
strofe aBaB cDcD
antìstrofe eFeF gHgH
epòdo ILILMM
(XXIX.XLV – 1.08 A)