PARADISO (evasione)

Sul cedere alla passione, sulle sue modalità, si saranno scritti fiumi di parole neppure originalissime. Il mio ragionamento, semplice, parte dall’esperienza, da considerazioni razionali che tali non possono essere quando si vivono certi momenti: gli estremi sono l’abbandono totale al piacere o il freno della razionalità, che è piuttosto frustrante anche se alla lunga può pagare.

Ginevra e Graham scelsero la prima soluzione e alla fine ne mostravano i segni inequivocabili e leggibili anche da chi sorvegliava sulla loro minore età, e soprattutto su di lei. Non abbiamo mai vissuto, tranne rare eccezioni, in un mondo che non fosse paternalista o, un tempo, maschilista.

Così lei fu ripresa pesantemente, dovette sottostare a dei veti e conseguentemente regolarsi. Fu l’inizio di incontri rubati, delle evasioni, delle strategie per vedersi, un periodo complesso nel quale gli incontri solitari si fecero sempre più rari e conquistare un bacio diventava un’impresa. Come accade in questi casi le menti elaborano e giungono a qualche rimedio: la campagna, le strade poco trafficate fuori dall’abitato, il loro ponte e per non dire che stavano perdendo qualcosa si lasciavano andare a stranezze amorose, come anche rotolarsi abbracciati per strada nel buio più fitto.

L’infatuazione era alle stelle e a lui pareva di essere più preso, ma in realtà la vivevano solo diversamente, semplicemente Graham non nascondeva la folle passione che provava, lei invece riusciva in questo. E lì mancò due giorni e fu drammatico, anche perché si avvicinava la partenza definitiva per quella estate, saliva l’ansia, la paranoia, la vedeva cambiata, forse era solamente più razionale, elaborava il distacco.

Ebbero un’ultima giornata d’amore durante una gita campestre sull’altipiano, in un bosco piuttosto selvaggio, dove appunto era facile imboscarsi; ci provarono più volte finché ci riuscirono e non si risparmiarono, con una certa prudenza, che man mano si avvicinava il tramonto andava svanendo. L’ultima fuga fu un nascondiglio tra le rocce vulcaniche e lì anche Ginevra mollò tutti i freni e si lasciò andare del tutto… Non filò tutto liscio quando rientrò, perché tutto fu palese ed evidente, ma l’abisso, l’assenza che si prospettava davanti a loro lo esigeva.

Quel paradiso inatteso si concludeva così, con un ultimo saluto struggente indimenticabile e forse non si sarebbe mai più replicato con quell’intensità. Passò un tempo lunghissimo colmato da lettere fitte, ma anche da periodi molto freddi, prima di un nuovo incontro.

Le riflessioni cui induce questo racconto sono innumerevoli. Mi viene da pensare ai luoghi in cui due amanti possono aver vissuto momenti così intensi di passione giovanile. Nella seppur breve esposizione si succedono una lunga serie di luoghi che certamente i nostri protagonisti avranno rivisitato durante la loro crescita. Essi possono aver subito una controversa serie di vicende: alcuni, ancora esistendo, si saranno modificati al punto di non essere più riconoscibili o rintracciabili, per il cambiamento anche solo della viabilità; altri potranno essere ancora pressoché immutati, muti testimoni degli antichi fatti accaduti; altri ancora saranno magari stati cancellati del tutto o quasi, senza lasciare traccia di se. E come si pone la memoria di fronte a un rinnovato passaggio in quei luoghi, tenuto conto che in base agli anni trascorsi ogni persona ha maturato nuovi rapporti, esperienze e quant’altro, e questo crogiuolo di storie si agita fino a una percezione evanescente, che a tratti neppure affiora più? Tutto dipende dal singolo individuo, dalle sue modalità di proteggere, esaltare o dimenticare il ricordo.

Chi tiene alla propria storia avrà preso le sue precauzioni per serbarne memoria, alimentandola nei modi dovuti… Allora insieme ad essa acquisteranno valore, quella campagna dove un tempo si coglievano le mandorle e ora è brulla, quel punto stradale che è rimasto immutato, quel ponte che non c’è più e se proprio vuoi ancora vederne una sembianza devi sfidare la scarpata o il bosco sempre meno fitto e selvaggio, vittima magari del cambiamento climatico o di qualche parassita che pian piano lo distrugge.

E’ davvero particolare e a tratti stupefacente osservare dalla finestra un paesaggio conosciuto da sempre, apparentemente immutato e che invece visto da vicino non è più lo stesso, come noi.

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45 Paradiso (evasione) (19 – III – 2.10 a) a 29.6.2023

DONNA M’APPARE E MI PLACA IL CUORE

Uno sguardo fulmineo e inatteso, un contatto, una tenerezza, e altrettanto improvvisamente il percorso opposto ugualmente imprevisto, sorprendente e per certi versi inquietante ed enigmatico.

A volte capitano davvero cose strane, in realtà non sempre piacevoli, ma talvolta sì, e allora magari vorremmo che ne accadessero di più, soprattutto quando di quelle belle non ne avvengono da mesi o talvolta da anni. Allora la memoria. che aveva messo una pietra da tempo su quella storia, va a rivangarla, ne vuole cogliere quel flash positivo, gradevole, incredibile nella sua, addirittura, banalità. Eppure a me è stato insegnato che talvolta anche il banale ha un proprio valore, e non effimero. Si, tergiverso, non è una lunga storia e quella sgradevole è durata più di quella banalmente gradevole.

Ero ancora matricola, avevo preso posto un po’ casualmente nell’aula a tribuna per seguire la lezione di Letteratura Latina. Il prof iniziò la sua lezione; la Sua caratteristica più rilevante era che ci dava individualmente del voi, e collettivamente del loro… Si comportava da barone nei confronti di borghesi? era fedele al duce? o semplicemente, pur non essendo esattamente un provisional dell’IRA, adottava dei comportamenti eccentrici di imperiale memoria? Egli era molto attratto dalla fredda cultura marmorea, infatti era un patito dei Carmina (o Carmen).

I Carmina sono stati le prime testimonianze della letteratura latina e hanno avuto seguito anche in epoca cristiana, fino al basso medioevo. Essi venivano usati dai Romani per esprimere una poesia dal tono solenne, di carattere rituale e propiziatorio, manifestata anche mediante iscrizioni prosastiche. Poteva ad esempio trattarsi di un confronto enfatico tra il celebrato e i suoi commensali, dove il primo veniva paragonato a un antico illustre, in quanto persona tanto al di sopra del suo tempo da poter essere paragonato solo alla stregua dei grandi del passato. A questo proposito si ricordi che anticus per i romani era sinonimo di migliore. Gioite pertanto voi cui è stato detto: pagu antigu!

Successivamente vennero chiamati in questo modo quei canti, in versi saturni, che venivano intonati, improvvisando, durante i banchetti o per inneggiare il trionfo di un condottiero. I testi in argomento erano i Carmina Latina Epigraphica. Ma dove è andato a pescarli questi Carmina? è da una settimana che ne cerco almeno uno! Evidentemente anche durante l’impero romano e nei tempi immediatamente successivi esistevano delle avanguardie, per pochi eletti…

Bene, in questo contesto – quasi che anche le lezioni universitarie avessero adottato le interruzioni pubblicitarie -, quello che distrattamente avevo ritenuto un collega e sedeva davanti a me, un gradino più in basso, si voltò verso di me con una velocità notevole, quasi che stesse meditando quel gesto da diversi minuti; aveva un sorriso stampato in faccia, capelli cortissimi ed era evidentemente una ragazza… Non so se il mio stupore sorridente durò più o meno del tempo che lei impiegò per una sorta di presentazione e per chiedermi degli appunti, così a bruciapelo. Disse qualche altra parola riferita allo studio… Quei pochi secondi somigliavano più che altro a un approccio il cui scopo ultimo era tuttavia inesplicabile anche per la singolare modalità in cui si svolse.

Ci demmo appuntamento al termine delle lezioni, tutto filava abbastanza liscio, la conoscenza, insieme alla confidenza erano cosa fatta, tanto che da quel rapido movimento di collo del mattino sembrava passata un’eternità, sebbene ancora abbia dubbi sul fatto che il secondo step sia avvenuto lo stesso pomeriggio o un altro giorno.

Fosse quel che fosse, al termine di una passeggiata accademica di sapore intimo, memore di altre esperienze andate in un certo modo, tirata la sintesi delle funzioni trigonometriche dei casi, le chiesi un bacio. Lei fece letteralmente un balzo, era chiaro che non se lo aspettava; dopo qualche mormorio incomprensibile, proferì le parole più ingenue di tutta la storia: “Va bene che mi sono appena lasciata con il mio ragazzo, ma insomma…”. E cosa vuoi che ne sappia io che ti sei appena lasciata con il tuo ragazzo. Recupera padronanza di se stessa in pochi secondi e “Vuoi un bacio? Eccolo”, si inerpica e mi bacia sulla guancia, poi confermiamo l’appuntamento per più tardi per studiare insieme in sala di lettura.

Lettura, appunto, ma delle situazioni! Non che sia così semplice, ma non mi lamento, il mio è solo un auspicio.

In breve Silvia mancò all’appuntamento, la attesi abbastanza, poi decisi di continuare a studiare in un’aula, come usavo… Passò qualcosa come una mezz’oretta e la santarellina, proprio lei, apparve sulla porta nella sua massima disinvoltura e in compagnia, cercava un’aula libera… il conto dell’inganno era presto fatto.

Il resto sono brevissimi episodi in cui lei cerca di tornare a parlarmi seppure con modalità più imbarazzata, la evito, ma la curiosità è sempre più forte del rancore più o meno legittimo: sentire le sue parole giustificative di un simile comportamento.

Passarono mesi prima che mi decidessi a soddisfare questa esigenza… La trovai a studiare in fondo a un corridoio del Corpo Aggiunto vicino all’aula magna, i capelli erano ormai lunghi… Mi parlò come se ci fossimo visti il giorno prima, ma il rancore era il suo: non le avevo passato alcun appunto.

Che storia è questa, direte. Un mese dopo il fatto scrissi due sonetti di ispirazione stilnovista, uno in sardo, uno in italiano; per quest’ultimo, quel voltarsi come un’apparizione istantanea sorridente non poteva essere dispersa in se stessa, fu il suo grande avvolgente regalo, tuttavia ingannevole quanto sembrasse vero. Nella realtà c’è tanto di non detto, difficile fare ipotesi: forse esperimenti di circuizione, con gesti, contatti felini, fascinazione, per poi negarsi in modo singolare, non chiudere per fartela pagare. Sole e luna per certi versi: tramo l’ignoto e capto l’errato.

78 donna m'appare

34 Donna m’appare e mi placa il cuore (76 – XVI.XXVIII – 6.4 a) a 31.07.2022

DONNA M’APPARE E MI PLACA IL CUORE

Donna m’appare e mi placa il cuore,
ha preso e avvolto il mio pensiero,
ei in lontananza parmi sia Amore
ma da vicino disconosco ‘l vero.
La gota sua spande il mio ardore,
Eros ha impetrato il sentiero
e benché interdetto dal furore
ho chiesto le sue labbra guerrigliero.
Come sole nel primo equinozio
da splendente tosto s’è oscurato
al passo di nube in precipizio,
così il suo volto da giocondo, irato
mi mostra della luna il giudizio.
Tramo l’ignoto e capto l’errato.

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Dopo un percorso iniziato con la prima adolescenza, siamo a dei flashback dentro le aule dell’Università.
La ripresa intensa e approfondita degli studi letterari ha ispirato questo sonetto di vago sapore stilnovista.
Uno sguardo fulmineo e inatteso, un contatto, una tenerezza, e altrettanto improvvisamente il percorso opposto ugualmente imprevisto, sorprendente e per certi versi inquietante ed enigmatico.

(XVI.XXVIII- 6.4 A)

PARADISO (evasione)

Dopo le minacce
ti sbilanciasti poco.
Ti diedi solo un fiore
ormai superato,
ma reso originale:
che giorno sprecato!
Qualcosa era cambiato,
evadere i controlli
non era facile.
Finì la carestia;
avevo il cuore in festa
nei campi selvaggi;
nel nostro rifugio,
storditi dal delirio,
colti nel fallo.
Scappare
verso il dolce dovere,
sotto il cielo,
al centro dell’asfalto,
sperimentando
l’amore d’avanguardia.
Il buio senza te
non mi dava pace.
Tornasti trasformata…
in fretta a ritrovarti,
che strano non capirti.
Cercavo il paradiso
tra gli alberi e la pace,
dapprima poco amore:
non è bello aspettare.
Insieme penetravamo
tra le rocce aguzze:
testimone la natura;
l’ardore testimone
nella divagazione
della nostra alienazione.
Visite
evitarono la fuga
per raggiungere
la “pianta del futuro”
e calmare
la mia disperazione.
Qualcuno ci aiutava
a vivere i sogni,
ma cercavi un trono;
non bastava una pietra,
tra sentieri surreali
e caverne vegetali.
Tra tanti richiami,
nel sapore di un bacio,
pensavamo ad altro:
raffiche di mitra
dovemmo subire
per quell’evasione.
Fingevi ingenuità
nell’addio all’avventura,
distruggendo la paura.
Finiva
la dolce realtà,
il calore
di colpo si freddò,
le tenebre
ancora ci separano.

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Seconda parte della suite omonima, caratterizzata da una metrica più incalzante e da situazioni più frammentate, da minore libertà d’azione dei protagonisti, con il passaggio dalla libertà all’evasione, dal poter agire liberamente, al dover farlo di nascosto.
Questa parte ha subito ancora meno modifiche della prima ed è stata scritta solo qualche settimana dopo, in generale valgono dunque le stesse osservazioni fatte in precedenza.
(III – 2.10 A)

Music:
MI- … LA- … DO (5 vv.)
MI- … LA-  (2 vv.)
MI- … LA- DO
(e si ripete…)
(III – 7.9 A)