UNA MORTE DATA

Accadde quel giorno…
non tornò a casa,
il fatto preoccupò,
essendo insolito.
Trascorso del tempo
si segnalò la scomparsa,
temendo si trattasse
di sequestro o fuga,
che comunque occorse
contro sua volontà,
perciò certamente viveva smarrita,
come in un deserto.
L’accaduto mi colpì…
il suo aspetto era ingenuo
e credevo impossibile
che qualcuno potesse
farle del male;
attesi con ansia
notizie su di lei:
sarebbe stato bello
se fosse scappata
verso la libertà,
ma si parlava, distruggendo le speranze,
di un’eventuale morte.
Un giorno degli uomini
mentre erano a pesca,
trovarono un corpo
rigido, senza vita.
Vedendone il volto
è assurdo immaginare
una ragazza dolce
ora corpo esanime:
maledetta la violenza presente nel mondo,
gli istinti criminali.
Di fronte a casi simili
non bisogna illudersi
si tratti di incubi,
tristemente rimane
solo l’impegno al fine
di migliorare l’umanità:
una mesta utopia?
forse non cambieremo
e sarà da ipocriti piangere le sventure,
se stiamo a guardare.milena sutter,sequestro,ingenua,pescatori,dolce,violenza,incubo,studentessa,maggio,genova

Fatti di questo tipo purtroppo stanno diventando sempre più comuni, quello a cui si riferiscono i versi suscitò molto clamore ed è uno dei più noti.
Il brano originale, scritto a sedici anni, una dedica alla piccola Milena, simulava la narrazione da parte di un ipotetico coetaneo (di cui resta traccia nei versi riveduti); il titolo era Urano (requiem per lei), la forma quella della canzone, musicata e con il ritornello tormentone “come da te Urano”, scomparso nel nuovo testo.
Il brano dunque è stato oggetto di diverse modifiche, anche strutturali. L’originale faceva riferimenti precisi al fatto di cronaca, ma è più difficile spiegare le variazioni, che assumersi il coraggio di pubblicare il testo così come nacque:
Urano (requiem per lei)
Quel giorno di maggio [in origine: Quel giorno Milena]/ tardò a rientrare; [non rientrò affatto, ndt]/ ogni giorno alle cinque [le diciassette? five ‘o clock? ndt]/ la vedevo passare./ Dopo qualche tempo/ scattò l’allarme,/ “Scappata di casa o rapita?”/ erano le domande./ Senz’altro fu costretta/ e purtroppo per lei,/ viveva nel buio, nel silenzio, nel deserto,/ come da te Urano./
Temetti per lei/ perché il crimine è usuale; [primissima lezione era: perché l’amo]/ Gli amici, le amiche,/ tutti la cercavano./ Ma chi la portò via,/ al suo mondo ha pensato?/ Forse no! Ma allora/ è inumano e pazzo/ e siccome con loro/ non si può ragionare/ la tenne nel buio, nel freddo, nel pianto,/ come da te Urano./
Una notte degli uomini/ andarono a pescare/ e trovarono un corpo,/ rigido, ormai immortale./ Non l’avrei mai pensata/ senza vita, inerme, sfigurata/ e mi chiedo se può esistere/ un mostro che così l’abbia/ portata, nel buio, senz’aria, là in fondo,/ come da te Urano./
Inutilmente cerco/ di pensare che è in vita,/ oramai non mi rimane/ che ricordare./ Rimpiango che quel giorno/ non rimase in casa a sognare./ E’ impossibile sapere/ quel mostro in libertà/ e lei nel buio, nel silenzio, nel deserto,/ come da te Urano./
Accordi composti il giorno dopo la scrittura del testo:
LA-, DO LA (quattro volte per otto versi)
LA-, DO LA-
DO
MI- LA (come da te Urano).
(III- 8.7 A)

PLUTONE

Diabolico punto lontano,
inutile meta che cerchi la luce,
il tuo nome inganna,
Plutone: sei ghiaccio!
Fossi unico!… Invece
hai bisogno d’amore,
non stancarti a cercare…
Un’istituzione semplice
lavando ignoranza, creerebbe un Uomo:
grande cosa per tutti!
Farebbe parlare,
conoscere il mondo;
spiegando fenomeni
quanta gente ha insegnato!
Agglomerati di fogli da scrutare
sprigionano cultura mostrale;
tra gli impianti originali,
laboratori santificati,
teoriche sale,
esperienze immaginarie…
tutto un mitico gioco
nasconde l’identità
della tua amante, Plutone.
Sarebbe Pubblica Istruzione,
lo dice una scritta nel marmo.
plutone, diabolico, ghiaccio, ignoranza, mostrale, laboratori, esperienze, marmo, scuola, pubblica istruzione

      Suppongo che da sempre gli studenti abbiano contestato in modo più o meno veemente l’istituzione scolastica, con apoteosi storica nel Sessantotto. Ciò accade soprattutto perché in passato il Ministero della Pubblica Istruzione veniva affidato a politici conservatori e fuori dal tempo, più recentemente da improvvisatori, pasticcioni o emeriti ignoranti.
     Ancora oggi (a parte la discesa in campo degli asini e lo smantellamento della scuola pubblica, privata di risorse) l’attività didattica perde di vista che lo scopo della Scuola è educare ed istruire e non una funzione punitiva dello spirito giovanile.
     Brano scritto a diciassette anni, quando definivo la situazione della scuola “disastrosa” e “Questa istituzione sta perdendo valore col tempo ed è come Plutone, lontana, buia, fredda”. Figuriamoci ora!
     In origine il brano aveva come sottotitolo, appunto, “Scuola”. Rispetto all’originale ha subito dei tagli a versi da me giudicati eccessivi, retorici e in parte non più condivisi.
     Dopo il terzultimo verso c’era questo testo:
Deciso la soglia ho varcato./ Sarà un’eccezione vedere imparare/ i ragni e la muffa:/ hanno diritto anche loro./
Tra baldoria e silenzi/ dei ragazzi e un signore/ si stanno a guardare./
     Alla fine c’erano questi versi:
Finita l’ardua scalata/ avrò un foglio di carta/ e starò senza mangiare:/ ho solo perduto del tempo./
Non bisogna mentire/ “cari” governanti./ Plutone, lei potrebbe morire./
(III – 7.12 Sestu)