VIDA PASSADA

Vita arcaica

Mi soffermo spesso a pensare ai miei avi, senza limiti di tempo a volte, dunque spingendomi in una immobilità naturale o solo filosofica, che si trattiene sull’amore per il proprio sangue, per la propria infinita o indefinita ascendenza.

Naturalmente il più delle volte il mio pensiero si contiene fin dove la storia lo sorregge… E fin dove può aiutarmi la scienza storica, antropologica, linguistica e letteraria? Solo fino a ipotesi ai limiti della toponomastica, ma anche esse vanno ragionate, devono avere un fondamento.

Sì, ho cercato, ma non così tanto da poter scrivere un lungo saggio, il problema è che il tempo va gestito e occorre fare delle scelte, dare delle priorità su come impiegarlo.

Tuttavia ho scavato nella mia genealogia a tutto campo e potrei andare oltre, perché non ho superato il Settecento e ancora non conosco il nome di un eptavolo… dovrò tornare negli archivi…

Eppure purtroppo c’è chi non conosce neppure i nomi dei bisnonni e probabilmente in alcuni casi dei nonni, dunque ci sarebbe di che essere soddisfatti.

Stiamo nel Settecento dunque. Non è semplicissimo pensare ai propri avi di allora. Occorre stabilire come erano le strade, come erano le case, che genere di attività svolgessero, quali le sembianze (facendo un tourbillon di particolari da attribuire, tra zii, prozii e il nonno relativo,), quale il carattere (idem), oppure introdurre nella ricostruzione della nebbia, quella aiuta di sicuro!

Nel mio caso di roman dovrei farne parecchi: le località da cui provengono i miei avi sono varie, e in un caso, visto che vivo in un’isola, anche oltre mare. Eppure, solo relativamente al nonno materno, dovrei allontanarmi dalla città in cui vivo. Gli altri tre nonni hanno la discendenza in un raggio contenuto in 10 km.

Potrei cominciare dai pochi elementi che ho per immaginare il mio villaggio natale nel XVIII secolo. Per fortuna ci sono testi che lo descrivono, essendo esso una millenaria sede vescovile – che solo ora papa Francesco, o chi per lui, sta mettendo in discussione, ma non hanno altro da fare? Pensate al Becciu e lasciate in pace la nostra diocesi. O volete ridurre la chiesa come la sanità? Attendiamo un nuovo vescovo e che sia un teologo della liberazione -.

Sicuramente c’era già la Cattedrale attuale, che per quel tempo doveva equivalere a qualche grande meraviglia; nascevano o erano appena nate altre due chiese, ma il quartiere  più popolato era ancora intorno a Santa Maria, l’antica parrocchiale. Dalla piazza una strada sterrata saliva verso alcuni del comuni minori vicini.

Certo, se in quel tempo avessimo avuto un pittore che ci avesse lasciato le sue opere, i suoi paesaggi, sarebbe stato bello. Dobbiamo mettere in moto l’immaginazione, ma dalla nostra parte c’è il fatto che lo sviluppo edilizio rurale non era un tempo sviluppato come ora.

Il quartiere di Santa Maria, aveva vie strette e contorte, come sentieri, su cui si affacciavano case distribuite disordinatamente, con portali per le famiglie più benestanti e ecas (cancelli di legno) per quelle meno abbienti, o anche portali minori; a tratti muri a secco chiudevano i cortili e gli orti che si alternavano alle abitazioni, qualcosa del genere l’avremo vista da bambini, qualcosa esisterà ancora, paesaggio, vesti, sembianze, suoni e pensieri… qualcosa…

La casa del nonno è immersa nella via che ha conservato prevalentemente il suo aspetto antico, muri a secco, dislivelli, serpentine, vicoli. Certo, la proprietà  dei suoi padri comprendeva almeno la metà dell’intero isolato, suddiviso poi tra gli eredi (non vi è stato giustamente majorascato), era una fattoria di contadini e allevatori e li vedo muoversi tra loggiato e corte, fienile e stalle… E giù nella strada il passaggio delle donne con in testa crobis (ceste) piene di panni lavati nel torrente o brocche d’acqua tenute in equilibrio con l’ausilio di un semplice panno arrotolato in cerchio sul capo, un via vai che si incrocia con uomini a cavallo diretti alle loro haciendas, o greggi di pecore che occupano l’intera strada annunciate dallo scampanellio dei pitajólus.

Indimenticabili e dal sapore ancestrale, erano le notti trascorse in casa dei nonni paterni, quando essendo tutti i letti occupati. mi si stendeva un materasso sopra s’intabau (pavimento tavolato) ai piedi del letto matrimoniale. Era per me la panacea, dormivo tranquillissimo perché non avevo la paura che ci fosse qualcosa sotto il letto. Mi è rimasto l’istinto di controllare quando alloggio fuori di casa, anche in albergo… dove talvolta l’amara sorpresa è la polvere.

65 vida passada

13 Vida passada (65-7s-XIII.XXIVc – 31.07 a) a 23.10.2020