PROFUMO INTENSO DI TRENTA ROSE

Brevi “ere” le nostre, anche quelle dimenticate, che ogni tanto riaffiorano dalla familiare “letteratura”. I signori dell’informatica in un’escalation, in un climax ascendente sempre più rapido, ci hanno trasformato la vita quotidiana dagli aspetti fondamentali fino ai minimi particolari… la stessa scrittura, la vita sociale, perfino gli amori. Le lettere sostituite dalle @mail, la scrittura dalla carta ai blog, la socializzazione in piazza sostituita dalle chat, fino a soluzioni sempre più minimaliste: sms, social, whatsapp… l’ impigrimento programmato.

Non posso affermare che questa interpretazione del “benessere” da parte dei leader delle società informatiche sia esente da danni, dunque anche portatrice di “malessere”, tuttavia i pochi tentativi di contrastare il fenomeno sono stati generalmente fallimentari o relegati a scelte personali e di piccole comunità.

Una delle ragioni di chi utilizza criticamente questi mezzi, è appunto usarli senza essere usati e in effetti la guerra dall’interno si mostra più efficace di quella che li ignora. In realtà molti manager, sotto la pressione di un’utenza che non si fa usare, hanno più volte dovuto fare marcia indietro (servizi a pagamento, contenuti irricevibili…), eppure tengono banco tanti aspetti diseducativi che passano incontrastati, come la pubblicità, la sottile propaganda, il controllo dei contenuti, la censura, anche con i cosiddetti algoritmi, ergo, si sono creati gli strumenti per far leggere ai più i contenuti che vogliono loro.

Cosa c’entra questo discorso con il profumo delle rose? Solo uno degli aspetti concreti collaterali. Riguarda la scrittura e gli amori nati su internet in poco meno di 30 anni. Non mi risulta sia stata prodotta finora grande letteratura dalla posta elettronica a facebook, dagli sms a whatsapp, eppure sono stati pubblicati dei libri, ne ricordo uno a base di sms; immagino siano aspetti che hanno occupato anche il cinema e la tv, come la presenza dei telefonini. In realtà, come dicevo, hanno occupato ogni aspetto della vita, se è vero che oggi relazioni e anche amori nascono nella miriade di chat esistenti, ma anche sulla post@, sui social, perfino sui blog, peraltro un po’ in crisi a causa del boom fb, twitter, instagram… e la crisi porta anche minori possibilità che in passato, molte piattaforme hanno chiuso, benché un blog contenga anche – o contenesse – l’aspetto più vicino alla cultura delle opportunità informatiche.

Una condivisione di temi in versi o in prosa spesso era l’avvio per un approccio più intenso che si sviluppava con lettere elettroniche e talvolta culminava in incontri, contro il più effimero rapporto di appuntamenti via chat o social: la scrittura di un certo impegno contro il telegramma, in sostanza.

Dal generale al particolare, in questo contesto nasce anche, il profumo delle rose, un rapporto intenso di mesi, e le rose, trenta, sono un omaggio per un compleanno, simboli di un’intensa passione la cui nascita prescinde dalla forma e non limita alcuna prospettiva.

La passione ha sviluppi insospettabili e simboli imprevedibili: il mistero, la profezia, sgorgano da ogni parola, il rituale celebrativo non ha confini, come non li ha l’etere, pertanto si incrociano anche gli idiomi:
“Sueño besar un verdadero poeta… en la boca, claro que si… te deseo”.
“Renderti le labbra opache di sensi, negli occhi carpirti il piacere che desidero darti… Yo tambien te amo”.

Si scomodano i bastioni cittadini, la poesia provenzale, i salmi e possibilmente “Il cantico dei cantici”, perfino Luis Buñuel e Carole Bouquet (Cet obscur objet du désir).

E’ sempre complicato comprendere come possa affievolirsi una simile esaltazione, eppure…

L’inverno è lungo, molto più della bella stagione, che proprio per questo scorre rapida e si lascia dietro rimpianti.
Le belle giornate d’inverno si ricordano di più proprio perché rare e tali sono anche quelle senza sole, quando il fortunale si abbatte contro le case, ma noi stiamo dentro al caldo del camino a rimestar castagne o tra bei sogni nel tepore del letto. Allora anche la tempesta racchiude in se quel non-so-che di lirico.
L’inverno ha code anche in primavera e che dire dei temporali estivi, ma passeggeri, alla fine dei quali rimane l’intenso odore di terra e il ritorno della sfiancante calura. Intemperie…

101 a sonia

36 Profumo intenso di trenta rose (101 – XXIV.XL – 16.4 a) a 28.9.2022

PROFUMO INTENSO DI TRENTA ROSE

Profumo intenso di trenta rose
dian questi versi, pari all’estasi
che annuseremo amandoci, mi vida…

D’anonima data al volger autunno
il nostro trionfo, al bastione virtuale:
fortunale, buriana, uragano!
Mi leggi tra le righe, malagueña.

En  la primavera tu nacimiento,
altra pagina di storia, andalou:
“sueño besar un verdadero poeta…
en la boca, claro que si… te deseo”.

Unica caramella in my life,
renderti le labbra opache di sensi,
negli occhi carpirti il piacere
che desidero darti… Yo tambien te amo.

Unguento del Libano nelle mani,
‘chè affinino loro sensibilità  
e godano delle carezze e ansimi
no sólo una vez, si no mil y mil veces.

a sonia.jpg

L’inverno è lungo, molto più della bella stagione, che proprio per questo scorre rapida e si lascia dietro rimpianti.
Le belle giornate d’inverno si ricordano di più proprio perchè rare e tali sono anche quelle senza sole, quando il fortunale si abbatte contro le case, ma noi stiamo dentro al caldo del camino a rimestar castagne o tra bei sogni nel tepore del letto. Allora anche la tempesta racchiude in se quel non-so-che di lirico.
L’inverno ha code anche in primavera e che dire dei temporali estivi, ma passeggeri, alla fine dei quali rimane l’intenso odore di terra e il ritorno della sfiancante calura. Intemperie…
(XXIV.XL – 16.4 A)

MOMENTI DI UN AMORE

 …Poi restammo soli
e aumentò la mia voglia;
misi fine agli indugi
posando il capo sul tuo seno,
avvertii un fremito.
L’oscurità celava il paesaggio, per strada
soltanto un cane.
Stavo adagiato su di te, muovendoti
mi carezzavi.
Ebbi paura che volessi smettere, interruppi
i preliminari.
Ti baciai con impeto, perdesti
il controllo dei sensi.
Al buio sulla soglia di casa
ci congiungemmo;
l’abbraccio fu eccitante, desiderai
palparti la pelle.
Amavi con dolcezza e provai
buone vibrazioni.
Ignoravi di avermi sedotto, lo svelai,
rimanesti incredula.
Subentrava l’infelicità, se per un attimo
ci separavano.
Un furore sconosciuto saldava
gli attesi incontri.
Una sera, soavemente, cedesti
sotto un arcale.
Nella notte fonda, senza luna,
giocavamo coi nostri corpi.
Privi di meta, fuori dal mondo, ma coscienti
della libertà,
cercavamo di appartarci, evitando
ogni compagnia.
Cambiò la vita improvvisamente, i problemi
si dissolsero.
Usavamo con cura ogni istante
nello stare insieme;
tante volte l’incantesimo terminava
per un rumore.
Un giorno corresti via angosciata
udendo un richiamo:
era tua sorella che ideò
il cattivo scherzo.
Ora sei partita, ma ricordo spesso
i nostri momenti.

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Inizia con questo brano una seconda fase della mia adolescenza; già scoperto l’amore, le forti passioni, fulminanti o durature, improvvisamente a sedici anni, all’amore si aggiunse il sesso: fu una fortuna che non siano stati disgiunti. In tal modo lo conoscevo già, in vari giochi, il più noto quello del “dottore”, in cui fin da piccolo ebbi anch’io modo di cimentarmi.
Ma qui si trattava di altra cosa: sensazioni indescrivibili, che interessavano tutto il corpo, stomaco e intestino compresi. Il primo bacio, darei non so cosa per ridarlo, per i momenti che l’hanno preceduto e quelli che lo hanno seguito. Ho avuto la fortuna di scambiare il primo bacio con una ragazza che amavo davvero (sedici anni, difficile essere credibili, ma quello era solo l’inizio di un folle amore, tanto “folle” che è stato necessario internarlo, recluderlo, e più volte…).
I versi, i primi di tanti su questa storia (alcuni già pubblicati, es.: “Alienazione transitoria (inferno)”, sono come dei flash che illuminano dei momenti notturni. Anche questi hanno subito una revisione per la solita fobia di banalità e retorica, ma ritengo utile riportare qui sotto l’originale, con un’operazione meta-filologica: evidentemente la revisione non ha saputo mantenere alcune importanti sensazioni ancora calde. Devo ammettere che quell’impulso che mi spinse a modificare il testo, è ora scomparso. Non scrivo così ora, ma so apprezzare l’efficacia del testo originale; allo stesso tempo sono cosciente delle cause, anche “storiche” e in parte pudiche, di una revisione. Il primo titolo era “Saturno (al buio)”.
(III – 5.8 A)

SATURNO (al buio)
Fummo finalmente soli/ e in me nacque un sentimento;/ non sapevo da dove cominciare,/ assaporavo il tuo corpo fresco,/ unitamente al tuo spirito caldo./
Nella notte “dormiva” la casa, l’ultimo cane/ era passato già./ Sul tuo grembo mi adagiai e il tuo corpo/ carezzava me./
“Stai dormendo?” sussurrasti; strinsi i tempi,/ dicesti “Non puoi…”/ ma forzai la tua bocca, mi accettasti/ quando vi entrai./
Abbi fede in Saturno che ci guarda,/ il nostro sangue unirà./
(prove di paganesimo!, ndr)
La mia mente senza alcool, ma era pazza,/ bramava la tua pelle./ Nel piacere eri soave; forti sensazioni/ mi appagavano./ Il mio peccato era amarti tanto; mentre il tuo,/ non credermi sincero./ Da beato a condannato io mutai,/ salivi ormai le scale./
O Saturno, dacci un lembo del tuo anello,/ le nostre dita ornerà./
Ricordi quella sera che, affamato,/ sotto un arco ti gustai?/ .. e la sera, senza luna, che il tuo enzima/ si mescolò col mio?/
In salita, in discesa, sulla strada,/ sapore di libertà!/ Chi sapeva e “non vedeva”, in una curva vide/ le nostre effusioni./
L’universo volta faccia, non ci guarda,/ Saturno ci abbandona?/
Un’altra notte poco propizia, quanta voglia/ di tenerti con me./ Il rombo di un motore mi deluse, mi sollecitò/ a nascondermi con te,/ ma il ristoro durò poco, sulle labbra,/ cibo del mio amore./ Un richiamo, un sussulto, una corsa,/ mi tolsero ogni gioia./
L’hai presa, diavolo d’un Saturno; ma il tuo anello/ le nostre dita ornerà./

Accompagnamento musicale:
(inciso)
DO…….
LA- … MI- LA  MI
(ritorno)
MI… LA- … DO… MI- LA  MI (e si riprende).
(III – 4.8 A)