A UNA COMPAGNA

Scrivere per tessere di mosaico comporta il rischio di ripetersi, ma il peggio è se ci si contraddice. Neppure tanto però: potrebbe migliorare l’elaborazione del testo per capire le ragioni della contraddizione, o l’esame dei differenti contesti, studiare il senso del seguire se stessi.

Forse si è già scritto di “retorica” in questi testi, e non di ars retorica, ma banalmente ciò che intendiamo oggi, qualcosa di artificioso, ricercato, ad effetto. Sicuramente negli scritti adolescenziali questa cosa c’è, è documentata, ammessa, perfino compresa. Si percepisce la consapevolezza di trovarsi davanti a un testo che ha questo “difetto” e tuttavia scaturisce da un’esigenza positiva.

Sedici anni, seconda superiore ormai conclusa, classe mista, ormoni in subbuglio (il primo bacio ha da venire, ma è imminente). Si tratta chiaramente di un periodo formativo importante, anche se non decisivo (quello arriverà tra qualche anno), come trovarsi Entre dos tierras (per dirla con un brano rock gotico-new wave importante). La tipica fase di transizione in cui si alternano amori, delusioni, cronaca, rivolta, individualismo cristiano militante, primi approcci movimentisti confusi.

Contrariamente al primo anno, il nostro, legò particolarmente con alcune compagne di classe peraltro più grandi di lui. L’anno precedente in questo senso fu piuttosto problematico, un po’ per lo snobismo di alcune, un po’ per l’età, l’inesperienza, l’inadeguatezza da entrambe le parti.

Legò in particolare con due di loro, sue vicine di banco, perché in qualche modo lo incoraggiavano, erano solidali, si creò un rapporto anche fuori dalle mura scolastiche.

Le due ragazze erano amiche ma piuttosto diverse tra loro. Lui stava in un banco laterale rispetto alla cattedra, e sedeva “perpendicolarmente” a lei e alla sua compagna di banco, una bionda, bella, per la quale si era preso una cotta e con la quale condivideva gusti più leggeri e il dutch sound… ma è dell’altra che dobbiamo parlare, la più sensibile della classe, quella che amava divertirsi,  ma si commuoveva e versava lacrime vere di fronte a ingiustizie consumate vicino o lontano da lei nello spazio e nel tempo o anche solo nell’udir parole di approvazione per esse. Sognatrice, amava i poeti spagnoli, come Rafael Alberti (Balada para los poetas andaluces de hoy). Nell’Istituto, un vecchio convento, per starci tutti dovevano ricuperare degli spazi, tra archi e colonne.

Gli era capitato di doverla consolare alcune volte, piangeva più per rabbia che per dolore, nel senso che non tollerava il razzismo in senso ampio, neppure nei ragazzi della loro età. Ovviamente la pensavano allo stesso modo, ma in classe c’erano elementi neofascisti o almeno reazionari.

Questo suo soffrire gli provocava dispiacere tanto era spontaneo e non controllabile, così intorno alla fine dell’anno scolastico scrisse per lei un testo che a distanza di tempo gli apparve per certi versi retorico e che modificò cercando di salvare il salvabile. Secondo alcune sue amiche le versioni originali sono migliori delle versioni modificate, ma chi resiste quando la retorica si tocca con mano?

Lei era una ragazza che amava il divertimento e nello stesso tempo era particolarmente impegnata, cose non affatto in contrasto; andavano alle manifestazioni politiche della sinistra studentesca… Gli sembrava che averla definita “divinità”, “pace inerme”, fosse piuttosto fuori luogo. Eppure in quella prima stesura c’è una punta di ironica polemica, di celata esaltazione.

Chi si era sostituita a quella ragazza che amava andare in giro in moto a cosce scoperte? probabilmente nessuno, non la conosceva ancora, pertanto la riconobbe per ciò che realmente era: una persona giusta, cui dava grandi responsabilità, come la redenzione degli uomini, una jesus di cui manco a dirlo diventò discepolo. La logica del testo invoca che il divino non si soffermi nei retti, ma in chi fa la guerra e il male. Concetti elementari originali, rivisti, ma solo nell’esposizione.

Il narratore si chiede, che ti è successo? Sembravi una come tante, invece sembri diversa da ciò che vedevo prima di frequentarti, oppure sei semplicemente stata sempre così? posso sbagliarmi, dimmi tu come stanno le cose, tuttavia ora è ben evidente, al di là della tua femminilità, l’aspirazione al bene. La politica demagogica e ingannatrice fa la guerra al mondo e tu puoi fare molto per smascherarla (un compito pesantissimo), liberiamoci dal sistema impostoci fin da piccoli. E, il potere deve essere distrutto, perché è da esso che nascono i mali dell’umanità.

14 a velia

A una compagna (14 – III – 3.6 s) a 24.9.2023

A VELIA

Cosa ti è successo
dolce sorella?
sembravi una come tante…
Pare che tu
sia cambiata
o sei stata sempre così?
Forse sto sognando
e non ragiono
o manco di sensibilità;
è meglio che
risponda tu
al mio dubbio.
Lasciami osservare
il tuo fascino
seducente e incantevole;
guarda in te stessa,
verrai a conoscenza
dell’aspirazione al bene.
Alla gente hanno detto
criminali falsità,
tu puoi far molto per la verità.
La libertà
si ottiene
liberandosi dal sistema
che ci ha imposto il regime
fin da bambini.
Compagna,
smascheriamo insieme
i tiranni menzogneri:
il potere
deve essere distrutto.sognatori,pacifismo,sensibilità,alberti,paperblog,velia,pace,divinità,sorella,dos tierras

Se dovessi dare un titolo a questo brano (un altro dei miei sedici anni) sulla base del periodo formativo che tratta, potrebbe essere Entre dos tierras (che potete ascoltare a questo link http://diaryofboard.blog.tiscali.it, con speciale dedica ad Anina).
I versi di questo periodo esprimono infatti una fase di transizione alternando, amori, delusioni, cronaca, rivolta, individualismo cristiano militante (difficile rendere l’idea, ci provo così), primi approcci movimentisti. Il brano, stravolto e ridotto, è dedicato ad una mia compagna di scuola (II superiore), la più sensibile della classe, quella che amava divertirsi, era anche ripetente, ma si commuoveva e versava lacrime vere di fronte a ingiustizie consumate vicino o lontano da lei nello spazio e nel tempo o anche solo nell’udir parole di approvazione per esse. Sognatrice, amava i poeti spagnoli, come Rafael Alberti (balada para los poetas andaluces de hoy). Nell’Istituto, un vecchio convento, per starci tutti dovevamo ricuperare degli spazi, tra archi e colonne. Io stavo in un banco laterale rispetto alla cattedra, e sedevo “perpendicolarmente” a lei e alla sua compagna di banco, per la quale mi ero preso una cotta e con la quale condividevo gusti più sbarazzini e il dutch sound. Erano entrambe più grandi di me, mi adottarono come mascotte… ma questo è tema di altri racconti.
In origine il titolo era Divinità (a Velia), poi il sottotitolo divenne “pace inerme” e dopo la revisione “Ad una dolce sorella” (forse dalle suggestioni di Rustichelli & Bordini). Come ho fatto in altri casi, in questa sede opererò un ripristino…
Il testo coglie l’attimo di cambiamento di questa diciottenne da ragazza je-je ad impegnata…
(III – 3.6 S)

Music:
LA
FA
SOL MI   (due volte)
LA RE
SOL DO
DO RE

LA
FA
SOL MI
SOL
MI
(IV – 17.12 A)