FULGORI

La rimozione – soft – può anche essere una forma di scaramanzia, forse per questo mi limito ad esaminare, quasi esclusivamente, sogni piacevoli o almeno non spiacevoli. Dico questo perché potrebbe sembrare che ne descriva di molto simili sotto certi aspetti.

Quello che mi accingo a trattare, ormai datato, mi colpisce per alcune immagini, soprattutto per la parte più emotiva e piacevole, e per chi non ha mai avuto un sogno ricorrente, posso comprendere questo tipo di suggestione molto realistica presente in tante altre avventure oniriche, benché con eventi e protagonistǝ diversǝ.

La vicenda inizia quanto il riferente aveva tredici anni, appena terminata la seconda media, agli albori dell’adolescenza; è una di quelle storie impossibili che si coltivano a quella età, ma che in molti frangenti continuano a perpetrarsi per il resto della vita, compreso il rimuginare i tempi andati per trovare spiragli che non ci sono.

In fondo, nel caso specifico, non vi è mai stata una esposizione diretta, altresì molto è stato sottaciuto, disseminando “letteratura” affinché arrivasse a destinazione, con sguardi o forse con lumate insistite e scoperte da Lei, con conseguente imbarazzo. La passione si è trascinata così per anni finché non si sono più visti e ancora è così. Sono fatti che i più dimenticano o almeno così sostengono, non posso sapere la verità di chiunque. Ma c’è anche chi non dimentica nulla e semmai si distraesse, ecco il sogno pronto a rinfrescare la memoria.

E’ questo un fenomeno strano perché stravolge completamente la realtà, lo spazio e il tempo, ma ti dà le identità, forse i volti, ma occorre prenderne nota altrimenti a lungo andare sorgerebbero dubbi su chi e su cosa…

Tale storia è complessa, ne resta la parte centrale e conclusiva di forte intensità emotiva, di sensazioni realistiche. Ne è protagonista un grande amore adolescenziale tra il narratore e Am, la ragazza; un amore vero quanto platonico benché duraturo, con una sorta di “Beatrice” personale, la vera, non quella angelicata nella Comedia. A lei è stata dedicata anche una poeesia ermetica, scritta a quei tempi… Un lungo romanzo di pochi versi, di topoi privati, di paradossi, citazioni, suggestioni, figure retoriche…

La visione onirica si svolge in un paese della zona, forse M (il nome intero svierebbe dalla verità invece che sostenerla; tanti gli elementi estranei, cui, per trovare un nesso occorre fare giri assurdi, talvolta irriferibili). Il nostro – con la sua compagna – crede di vedere un’osteria e vi si dirige. Per accedere scende dei gradini, il locale è sotto il livello della strada, l’uscio è rustico. La penombra rivela una rivendita di scanni ove si consumano anche bevande (!) e appare Lei, non ci sono dubbi che sia Am, vi è una sua foto appesa che lo conferma, ma ora è adulta, appena sfiorita, eppure mantiene il suo fascino misterioso e potente.

Sta nel locale insieme alla sorella minore che è stata sempre empatica nei confronti di lui. Eppure viene incontro Lei, si avvicina tanto, si sfiorano i rispettivi corpi, accosta talmente le labbra al suo viso che scatta un bacio quasi orgasmico, ne nasce un breve dialogo, il rito dell’agnizione e osservata la sua perplessità mista ad emozione, gli dice “Non pensare a quello che è stato prima tra noi”, dunque ora lo vuole, ma certifica anche che prima non lo voleva… Per dirla con Rachele: la signora prima non lo voleva e poi lo voleva?

Il sogno si dirama in varie situazioni (è situazionista!), con echi, suoni, sogni nel sogno: lui ha un dialogo rassicurante con la sorella A2 (si narra di un amore talmente forte che l’infatuazione si estese pure alle sorelle), poi trova Lei in cantina in complicità con la sua compagna, pacate, confidenti, si avvicina… e qui tutto sfuma nel risveglio, quasi a lasciare qualsiasi finale a chi lo fa, lo ascolta, lo legge.

Esso, per quanto surreale, può sembrare facilmente interpretabile, forse riferibile a una sorta di desiderio latente, auto-telepatia, dato che non era un periodo in cui la pensasse particolarmente, ma l’onirismo ha queste caratteristiche, riesce a leggere nei meandri della mente.

La circostanza si verifica nel fulgore mattutino, quando il torpore è più forte della luce che piuttosto si riflette in un film. Lei appare nella semioscurità, una sconosciuta che presto si rivela, matura, e l’unico rimpianto è il tempo che è trascorso senza vederla.

Se proprio si volesse trovare una ragione per questo sogno, potrebbe essere la fusione tra una sorta di complotto dei sensi che non la hanno mai dimenticata e perpetrano un amore ormai antico, ma sempre vivo, insieme al piacere per il cinema surreale di David Lynch… altro lungo capitolo…

fulgori

37 Fulgori (87 – XX.XXXIII – 8.5 a) a 30.10.2022

SENZA ETÀ

Il problema è il suono del mare, la sua voce (se parla), il suo dittare. Cos’è il mare? È un immenso blob o è una pluralità di acque che hanno diversi suoni, diverse voci e parlano a chi vogliono parlare e a chi vuole ascoltare? Complesso è complesso il mare, né più né meno di quanto possa esserlo l’umanità, qui fa una cosa, là ne fa un’altra, qui calmo, là mosso, agitato, in burrasca, tempesta, uragano. Le variabili sono tante e interagiscono con il resto della natura, dai venti allo stesso uomo e la natura cambia, come i venti, come le persone. Insomma, se sono nella costa di Arborea o di Pistis, non sono né a Scilla, né a Cariddi o in ciascuna delle altre centinaia di migliaia di spiagge del mondo. Per limitarci al mar di Sardegna avremo un centinaio di suoni diversi moltiplicati per tutti i giorni di ogni millennio. Questo discorso ozioso porta al punto: cos’ha detto quel mare quel determinato giorno.

Il mare parla per incantesimi con il suono dei suoi flutti, una voce che si ripete ossessivamente e puoi recepire il suo messaggio se ti circonda il silenzio, allora ti folgora, ti ispira e detta e se detta devi notare perché è preciso. Se il mare asseconda il tuo pensiero sarà più facile capire.

Riconosco la calma risacca che si infrange sulla sabbia a riva, perfino le spugne, agglomerati di fibre d’alga, sono immutate, come pure i nastri di poseidonia, la spiaggia è deserta, selvaggia, evidentemente non ambita, l’aria è tersa e i capi della Frasca e di san Marco di Tharros sono chiari all’orizzonte.

In questo contesto, il mare dice che anch’io sono lo stesso e sarò lo stesso ogni volta che ci tornerò, come tutte le volte che ci sono già stato, che mi distenda all’ombra o al sole. Il pensiero allora vaga leggero e senza età, a quelle tante volte, alle varie circostanze indubbiamente differenti, benché io sia lo stesso ora e allora. Lo sciabordio mi riporta i clamori familiari, misti al suono dell’acqua e della brezza e altre decine di situazioni, apre la mente, quasi ti fa paura tanta è la sorpresa, la rivelazione: non ho mai avuto età come è vero che sono io, è così da sempre e lo sta dicendo il mare con il suo suono d’onda, con le acque che partono cerimoniose dai due capi del golfo a comporre il messaggio che giunge a destinazione.

Le dispute filosofiche o empiriche sono tante, quella sulle questioni dell’età anagrafica ha la sua importanza, la sua rilevanza, la sua incidenza nella vita sociale. Può apparire ridicolo, ma è così; lo dico per averlo sperimentato, ma è superfluo perché è un fenomeno noto, che si ripete puntualmente quasi tutti i giorni, ed è soggettivo solo fino a un certo punto in quanto la società è orientata a considerare l’età anagrafica discriminante riguardo a molti comportamenti anche a prescindere dal concetto di età biologica. Prima o poi tutti ne avremo l’opportuno riscontro.

Dover assumere certi comportamenti in base all’età che appare sui documenti (fatti salvi quelli che la natura stessa impone) è una palla al piede quasi in ogni momento della nostra vita.

Cito spesso alcuni esempi limite accadutimi per il fatto – a sentire i più – che dimostri meno anni (ciò, se possibile, penalizza due volte): a 18 anni fui cacciato da una sala da biliardo perché ritenuto molto più piccolo; per la stessa ragione le ragazze neppure ti calcolavano; a 23 anni – in occasione delle mia prima esperienza di insegnante – il bidello mi strappò il registro di classe di mano ritenendomi un alunno… e così via. In età adulta accade il contrario, ti capita di essere approcciato a pelle da persone molto più giovani che appena conoscono la tua età anagrafica cambiano atteggiamento.

Mi rendo benissimo conto che non si tratta di un comportamento assoluto, ma anche che l’atteggiamento sociale prevalente va in questa direzione e non ci sono Zero che tengano, né enti, enta o anta. E quando si parla di società, si parla oltre che di retaggio storico – che può avere un suo valore, ma è solo un valore storico – di progresso, che proprio perché è tale deve tener conto anche di un’evoluzione della mente umana: conoscere la storia non per imitarla, ma per trarne insegnamento ed evitare di ripetere errori.

Comprendo anche che si tratti di un problema effimero rispetto a quelli che coinvolgono il mondo in questo momento, ma se abbiamo sempre creduto che il personale sia politico, come non ci insegna solo il Sessantotto, ma perfino qualcuno come Tolstoj in “Resurrezione” o in “Guerra e pace” e non solo lui, non potremo mai occuparci al meglio della società, dell’universalismo, della fratellanza, se non anche curando ogni aspetto della nostra esistenza, anche privata.

senza età

25 Senza età (99 – XXIII.XXXIX – 29.6 arbo) a 29/31.10.2021

SENZA ETA’

Il frastuono dei flutti è il medesimo,
nondimeno le spugne sulla rena:
l’aria è tersa, oggi, tra la Frasca e San Marco;
la spiaggia deserta da non credere,
pressoché selvaggia, non ambita.
Anch’io son lo stesso, sistematicamente,
disteso all’ombra o al sole:
la memoria scivola leggera, non ha età,
pur privata dei familiari clamori
attutiti dal vento e dalle onde.
L’ambiente naturale apre la mente:
non ho mai avuto età! Da sempre,
ma ora lo so, me l’ha detto il mare.
Dai due capi del golfo, imperterrito,
compone messaggi con suono d’onda
e li porta al poeta con brezza marina.

(Se ditta e non annoto è un guaio
perchè preciso ditta)

ageless,esistenzialismo,frastuono,san marco,clamori,messaggi,poeta,flutti, terso,spiaggia

Non parlerò del testo, tra i primi dittato dal mar di Sardegna, folgorante per me. La possibilità di contagio è libera e autogestibile.
L’ispirazione avvenne al solstizio d’estate, otto giorni prima dell’effettiva stesura. Questo non dovrebbe accadere, carta e matita dovrebbero essere sempre a portata di mano, benchè la redazione sia avvenuta nello stesso luogo ispiratore e il fatto che il mare la pensi come me, aiuta.
Poeesia esistenziale, metrica libera, ma non vi è alcuna influenza, almeno razionale o voluta. Segnalo tuttavia un poeta di cui avevo trascritto e dimenticato, da oltre cinque anni, alcuni versi… Ritrovatili pochi giorni fa, prima di far luce completa, mi son chiesto: e questi quando li ho composti? Erano tratti da “Bestiario” di Gabriele Pepe.
“Battitori e predatori primordiali/ dilatati nel grande afflato cacciatore/ proiettati sui mirabili acidi nucleici/ di giungla primigenia/ imbevuti d’adrenalina, di scalpitanti/ succhi gastrici provenienti dal pliocene:/ emoglobina fossile./ Ominazione avvenuta per processo predatorio/ sul filo tagliente dell’ossidiana…”
(XXIII.XXXIX – 29.6 Arb)

FULGORI

Il fulgore che precede il risveglio,
pelicula riflessa sul torpore,
frammento di te ormai sconosciuta,
tra la bruma ti effigia matura.
Dura il tuo fascino sempre nuovo,
misterioso, potente… il rimpianto.
Non chiamata dal mio impaccio, venisti,
lambii il tuo seno, ti sfiorai la bocca
e volente ignoravi il passato.
Ti racconta venditrice di scanni
e in taberna in situation con lei,                  (echi)
in intelligence di base lynchiana,                  (dream)
jumping on solitary telepathy                          (music)
in geometrico complotto di sensi.

clamori,pelicula,frammento,fascino,seno,taberna,situation,lynch,jumping,telepathy

Ancora un frammento della seria onirica. Racconta un sogno complesso, ricordato solo in parte al risveglio, ma di forte intensità emotiva, caratteristica necessaria per la trasposizione in versi, come nei casi analoghi già visti.
La protagonista è uno dei miei più grandi amori adolescenziali. Amore grande quanto platonico, benché duraturo; una sorta di “Beatrice” personale, la storica, non quella angelicata nella Comedia.
A lei è dedicato anche il brano Ermetica, scritto ai tempi…
Siccome “Le poesie non si spiegano, se raggiungono il posto giusto le senti, ti grattano dentro” (Margaret Mazzantini), non posso aggiungere altro, altrimenti parlerei di tutto quello che si nasconde in questo lungo romanzo di pochi versi, dei topoi privati, dei paradossi, delle ermetiche citazioni, delle suggestioni, delle figure retoriche… però è anche vero che la mia è solo una poeesia
(XX.XXXIII – 8.5 A)