SOSIA

Ogni tanto dicono:
“Un essere umano ti somiglia!”
Curioso! Vorrei poterlo vedere,
ma quasi sempre è lontano;
penso sia bello avere dei sosia,
è anche un sollievo sapere di non essere unici.
Quando dicono: “Hai un uguale”,
è un complimento che sento;
essere unici è essere isolati,
avere uguali è un socialismo datoci.
Ogni volta uno! è un riconoscimento,
è un’attenzione prestata, un non essere “x”.
Il profilo uguale a quel cantante,
l’anglosassone simile con la donna amata,
o quello del paese che tediava l’amica.
L’amico di quella che venne d’estate
o lo spavento nel bus vedendomi di fronte…
In me vedono un volto conosciuto.
In molti proprio non mi ci vedo,
in altri non mi hanno veduto
notando un carattere diverso;
quell’altro era borghese io proletario.
In fondo è un fatto esteriore:
di sosia d’idee non mi parlano mai.

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Per i miei ventun anni, appena rientrato da un viaggio durato un anno, mi regalai questi versi. A volte le celebrazioni non funzionano, hanno un ché di formale, tuttavia affrontavo un tema a lungo meditato e su cui mi interrogavo costantemente. La necessità costante che abbiamo di attribuire e di avere o meno dei sosia è in fondo un mistero dell’esistenza, un appiglio della prima conoscenza, un gioco… poi nella profondità di un rapporto le sembianze danno spazio ad altro, qualcosa di meno evanescente.
(VII – 23.10 A)