SOSIA

Durante l’adolescenza mi è accaduto spesso che mi venisse attribuita una somiglianza. Qualche volta anche non eccessivamente gradita (sebbene i miei interlocutori si sorprendessero ritenendo evidentemente di avermi fatto un complimento).

Il primo che ricordo è un cantante piuttosto noto ai tempi, poi persone comuni in cui difficilmente mi riconoscevo, talvolta anche a me sconosciute. Il caso più clamoroso avvenne in autobus, forse a Roma, dove io stesso credetti di somigliare a qualcuno.

Insomma, qualche decina di sosia l’ho avuto, non sto qui a fare nomi, posso solo arguire, per le attribuzioni iniziali che in effetti erano complimenti, ma un adolescente che pensa di essere padrone della terra, per non dire altro e rischiare la blasfemia, è talmente narciso che al momento non accetta alcun confronto. Nelle valutazioni entrano tutta una serie di elementi che prescindono dalle sole sembianze, al punto che anche quando la somiglianza è ritenuta positiva, si schermisce, fingendosi insoddisfatto, anche perché la questione, specie in giovane età, finisce per toccare tasti molto personali, sui quali all’insaputa degli approssimativi proponenti, si continua a rimuginare.

Certo, perché scattano tanti impulsi, dalla curiosità all’esaltazione; dalla delusione all’autostima. Inizia una sorta di dialogo con il proprio io, che valuta la considerazione e tutto sommato la positività di avere dei sosia in cui ti si riconosce, qualcosa di molto diverso dalla somiglianza familiare… Non si tratta di riflessioni etniche e ancora meno razziali, ma neppure di quelle somiglianze che si riscontrano in certe comunità più o meno chiuse o meno aperte, ove tutti ci si somiglia un po’ (altro fenomeno curioso), forse per unioni tra parentele anche lontane.

La peculiarità di sosia riveste un aspetto per certi versi sociale, si gode di una certa attenzione e considerazione, al di là dell’aspetto frivolo; sotto il profilo psicologico è una sorta di stimolo, una spinta verso una società in nuce di cui possiamo renderci conto di far parte, più essere che non essere, possiamo fare tutte le considerazioni del mondo, esagerare ancora di più, tuttavia nel periodo adolescenziale può essere un valore che aiuta, l’importante è che qualche anno dopo si scoprano i veri valori, meno esteriori e più interiori

Lungi da me polemizzare su un aspetto così… sovrastrutturale? Ma sì! Eppure davvero, al di là della facile ironia, da un certo punto in poi sarei stato più interessato a che mi fossero attribuiti “sosia di idee”, della serie “Tu la pensi proprio come il tale o il talaltro”…

Dico davvero. Ognuno di noi esseri umani si forma in qualche modo fino a diventare adulto – non ho alcuna intenzione di fare ora l’elenco della sintesi delle migliaia di tipologie secondo cui ciò possa avvenire. Solitamente accade nell’ambito della vita familiare, quella con gli amici e i conoscenti, la scuola, le letture, i viaggi, le esperienze, le vicissitudini, gli amori… e via dicendo.

Ho potuto constatare che alcuni incontri e alcune letture del periodo alto adolescenziale sono state molto importanti per la mia formazione. Ovviamente queste si sono agganciate o forse fuse con un carattere già formantesi, non modificandolo, ma correggendolo, liberandolo a volte da pregiudizi o “dogmi” assunti per partito preso.

Qui i nomi posso farli, non ho remore come per quell’altra sorta di sosia. Certo, ora che ci penso, sicuramente dimenticherò tanti e certamente non attribuirò la dovuta importanza a chi ne ha avuta più di quanto io possa valutare ancora oggi; penso ai miei genitori, ai nonni, ad alcune zie e zii e in generale alla mia grande famiglia, ma qui siamo anche un po’ nell’ambito dello scontato, nell’area degli insegnamenti impercettibili, poi è arrivato un tempo in cui i maestri cominciavano ad avere nomi altisonanti, sia come idee, sia come persone… Cominciavano a chiamarsi Gesù Cristo, attraverso tanti filosofi e storici non convenzionali, anarchismo, libertarismo, radicalismo, obiezione di coscienza contro le guerre e l’uso delle armi, ma anche Ignazio Silone, Alsous Huxley, Karl Marx, Elsa Morante, Dacia Maraini, Sergio Atzeni, Lorenzo Milani, Franco Battiato, Giovanni Franzoni, Francesco Masala, Michail Dostoevskij, Lev Tolsoj, Grazia Deledda… Mi rendo conto che potrei continuare per pagine e certamente dimenticherei qualcuno di molto importante che rileggendo riterrei di aver dovuto citare, ma questo corto elenco dà già un’idea di uniformità, anche se non necessariamente comune a tantissimi e questo non è un fatto negativo.

Ecco, da questi e altri ho tratto insegnamenti che ho assorbito a modo mio e ognuno in qualche modo ha parte nelle mie idee di oggi… Se mi attribuissero, anche vagamente, uno di questi sosia di idee, ne sarei veramente gratificato.

sosia

22 Sosia (51 – VII – 23.10 a) a 30.07.2021

TANJA

Come balsamo, serbo memoria
di quella carrozza, a Mosca,
ove sentii i tuoi seni
e lisciai duro le tue cosce.
Tu interdetta tollerasti
e fremeva tutto il tuo corpo;
ti indussi in cantina,
ma ti negasti in nome di Julca.
La tua costante presenza
rende evidente l’impotenza
del mio corpo malato, ma vivo,
tra queste mura chiuse da sbarre.

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Una mascalzonata! Un Gramsci erotico, novità assoluta, dissacrante… In realtà un pensiero a un Gramsci vivo, umano, comune, nel periodo trascorso a Mosca nel 1925.

Ancora oggi il rapporto tra Tatiana Schucht e Antonio Gramsci, resta velato di mistero. Per approfondimenti posso segnalare due interessanti libri: Lettere 1926-1935 di Antonio Gramsci e Tatiana Schucht (a cura di Aldo Natoli e Chiara Daniele), ed. Einaudi e La Russia di mio nonno. L’album familiare degli Schucht di Antonio Gramsci jr., ed. L’Unità.
Gramsci si recò per la prima volta in Russia nel 1922 a rappresentare il Pcd’I nell’esecutivo allargato dell’Internazionale Comunista. Malato, ricoverato per le cure del caso, conobbe Eugenia e Giulia Schucht, che sarebbe diventata sua moglie.
Solo nel 1925 conobbe a Roma Tatiana Schucht, sorella maggiore di Giulia, poco prima di tornare a Mosca per un altro esecutivo dell’IC.
Nel Novembre 1926 venne incarcerato dai fascisti, fino alla morte avvenuta nel 1937.
(XVI.XXV – 5.11 A)

SOSIA

Ogni tanto dicono:
“Un essere umano ti somiglia!”
Curioso! Vorrei poterlo vedere,
ma quasi sempre è lontano;
penso sia bello avere dei sosia,
è anche un sollievo sapere di non essere unici.
Quando dicono: “Hai un uguale”,
è un complimento che sento;
essere unici è essere isolati,
avere uguali è un socialismo datoci.
Ogni volta uno! è un riconoscimento,
è un’attenzione prestata, un non essere “x”.
Il profilo uguale a quel cantante,
l’anglosassone simile con la donna amata,
o quello del paese che tediava l’amica.
L’amico di quella che venne d’estate
o lo spavento nel bus vedendomi di fronte…
In me vedono un volto conosciuto.
In molti proprio non mi ci vedo,
in altri non mi hanno veduto
notando un carattere diverso;
quell’altro era borghese io proletario.
In fondo è un fatto esteriore:
di sosia d’idee non mi parlano mai.

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Per i miei ventun anni, appena rientrato da un viaggio durato un anno, mi regalai questi versi. A volte le celebrazioni non funzionano, hanno un ché di formale, tuttavia affrontavo un tema a lungo meditato e su cui mi interrogavo costantemente. La necessità costante che abbiamo di attribuire e di avere o meno dei sosia è in fondo un mistero dell’esistenza, un appiglio della prima conoscenza, un gioco… poi nella profondità di un rapporto le sembianze danno spazio ad altro, qualcosa di meno evanescente.
(VII – 23.10 A)