INFANZIA

Delle immagini staccate si susseguono
nella mia mente pensando all’infanzia:
affacciato alla finestra attendo mia madre:
passerà per il cancello del medico;
un fulmine illumina un camion:
cado con mio padre dalla vespa;
chiedo frutta a “nonna” Assunta:
vivo da lei con la famiglia.
La camera da letto è piena di gente:
è nata mia sorella!
Storie dei leoni di marmo
posti agli ingressi dell’altare;
piango alla vista del presepio
sentendo di una fine prossima;
la statua di Maria gira le case
l’attendevo, ora è da noi e ho paura.
Curiosità o voglia per certi gesti
con colei che avrò nel futuro?
avendoci scoperti ci castigano,
ma i nostri atti hanno seguito;
vengo sorpreso a fuggire dall’ospedale:
comincio a reagire alle prigionie.
Nell’asilo mi inoltro tra le bimbe
con visi che stimolano passione;
bestemmio per farmi notare:
qualcuno causa una punizione;
vedo i lavori della piazza ai caduti
dal muretto del cortile da gioco;
conto sui banchi dei semi colorati:
dico di conoscere il numero “uno”;
al teatro imposto dalle suore,
distratto, non ricordo la mia parte;
ai funerali della madre di un compagno
recito con gli altri requiem;
dalla villa fiabesca del dottore
spio una compagna che desidero.
In moto vengo portato al mare:
ridono mentre urlo nell’acqua;
alla fiera mi colpisce la visione
di una piscina o qualche doccia;
nei dolci sagomati di nonna
trovo uno strano fascino;
la casa di nonno è vecchia:
vi frugo cercando “nuove” cose;
cerco emozioni con un’amica:
le hanno insegnato le rinunce da fare;
mi dispero su un pullman
sentendo nominare il carcere.
Molti fatti fanno faticare
a scoprire se stessi in minor tempo.

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A diciotto anni ripresi il discorso iniziato con “Una nascita” e ne scaturì questo testo.
L’elaborazione fu complessa, tuttavia non come i  successivi della categoria, perchè i ricordi dell’infanzia sono appunto un susseguirsi di immagini staccate, momenti che avevo paura di dimenticare e che ho voluto fissare in questi versi, senza la pretesa di comprenderli tutti.
Il brano non ha subito modifiche rispetto all’originale.
Lo stesso giorno, lo dico solo per completezza (so di non essere un musicista), “musicai” il brano in questo modo:
LA FA LA MI
RE MI RE MI (da ripetere ogni due versi a mo’ di ballata).
(IV – 28.12)