LIBERAZIONE

Penso che a chiunque sia capitato di scrivere, al di là della lista della spesa o del taccuino degli impegni, ma c’è chi, al di là della sporadicità, scrive da sempre, diciamo pure che ha scelto la scrittura come sua occupazione, non come fonte di reddito, dunque non come lavoro… Quella è un’altra casistica che sotto certi aspetti può non andarmi a genio: se percepisco che qualcuno scrive per contratto penso non valga la pena di leggerlo, almeno se quello è lo scopo della sua scrittura.

Per quanto mi riguarda posso dire che la scrittura è andata diventando progressivamente una delle mie occupazioni principali. Ho ricordo di miei scritti fin dalla scuola elementare, tenevo un apposito quaderno dei cui contenuti posso solo fare supposizioni, perché finì al rogo in occasione di qualche brutto voto riportato nei quaderni “ufficiali”…

Iniziata la scuola media la scrittura trovò spazio nei diari, in quaderni, in lettere, prima in forma disordinata e da un certo punto in poi più metodica; da adulto ho cercato di recuperare il più possibile di quanto scritto allora, non perché si trattasse di capolavori o qualcosa di lontanamente simile, ma perché costituiva degli step della mia formazione. Per questa ragione mi sono preso la briga di pubblicare parte di quelle cose anche “banali”, solo in quanto rappresentavano il documento di un percorso.

Con il tempo di esperienze di scrittura ne ho fatto tante e un po’ di tutti i generi, dagli articoli su stampa quotidiana e periodica ai blog, dalla scrittura di versi al racconto e alla saggistica. Essere filologi di se stessi è divertente, ma anche molto impegnativo.

Insomma nel campo della scrittura ho cercato di non farmi mancare quasi niente, neppure l’improvvisazione. Non è un genere cui sono aduso, chi non è avvezzo a improvvisare cade necessariamente in forzature; ovviamente apprezzo quelli bravi. In Sardegna abbiamo sos poetas e sos cantores, posso vantare di averne avuto uno tra i miei avi. Ma il certame poetico, il contrasto o tenzone è abbastanza diffuso anche nel continente. Al giorno d’oggi c’è il rap e i dissing, ma in mezzo all’inflazione ci sarebbe da fare una drastica selezione.

Una delle mie storiche improvvisazioni avvenne in quarta superiore durante l’ora di lezione e al primo banco. Quei brani scritti in quel modo inizialmente non furono riconosciuti, ma li avevo conservati, quasi come mosto che avrebbe potuto diventare vino, non lo diventarono, ma con il tempo acquisirono il titolo di documento, mica poco!

Quella sorta di flusso di coscienza (ante litteram, perché allora non conoscevo Joyce) realizzato con il mio compagno di banco, produsse sei brani, il primo parla di viaggio, dei desideri di un periodo in cui si aspira a essere più grandi per avere più libertà di movimento, ma questa smania viene sostanzialmente contenuta da una sorta di realismo, lo spauracchio della routine.

Quale può essere l’idea di viaggio di un adolescente? L’autostop…Alzarsi all’alba, raggiungere l’autostrada e alzare il pollice… Avevo già fatto le mie prime esperienze in tal senso, ma per spostamenti limitati, non avevo ancora letto Kerouac.

Diciamo che al giorno d’oggi, con la pandemia, cambierebbe anche la prospettiva del testo, non so se si pratichi ancora l’hitch-hiking, sicuramente non con la stessa disinvoltura di un tempo. Ma anche allora non era tutto scontato, capitava di aspettare per ore che un’automobile si fermasse; così nella carriera di un autostoppista, insieme a camminate di chilometri per trovare una postazione migliore, diventavano leggendari i passaggi lunghissimi. A memoria il mio passaggio più lungo è stato Geisingen – Koln di 474 km.

Mi vengono alla mente i ricordi di decine e decine di viaggi in autostop, anche in parte dell’Europa; non ho mai preso nota di essi, ma di tanti ho dei ricordi. La maggior parte di essi riguardano l’attesa del passaggio, raramente del percorso.

Ottenere un passaggio è sempre un sollievo, una sorta di liberazione, di corsa verso l’imprevisto, verso la montagna, il mare o qualsiasi altro luogo spesso sconosciuto. Il senso di leggerezza è tipico di quei viaggi e ogni ricordo è ormai gradevole,  anche dei tratti percorsi a piedi. Eppure in qualsiasi viaggio la meta ultima è casa, il ritorno, il tuo letto e all’inizio anche il ritmo abituale è gradevole, almeno quanto basta per aver bisogno di un nuovo viaggio.

34 liberazione

Liberazione (34 – V – 7.4 ca) a 29.12.2021

ESALOGIA

LIBERAZIONE
L’hai il pollice?
Allora alzati all’alba
e raggiungi l’autostrada
per fermare le corse.
Uno stridore di freni
percuote le tue orecchie
e un’automobile ti porta via.
Corri verso la liberazione,
verso l’imprevisto,
verso la montagna
dove l’acqua sgorga
dalla terra e conforta
la tua esistenza.
Il giorno è troppo breve
per godere di ogni risorsa
e il tuo animo combatte,
vuole stare là con la natura,
evadere il mondo corrotto;
eppure tu tentenni,
ti imponi di tornare:
dormirai nel tuo letto,
ti alzerai, lavorerai, mangerai,
dormirai nel tuo letto…
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VAGONE
Un rumore mi sveglia,
l’ambiente che ho intorno
mi stupisce…
Gia! Sono in treno,
nel mio vagone,
nella mia cabina.
Dal finestrino
il paesaggio corre,
regna il silenzio.
Lei dorme ancora.
vorrei entrare
nei suoi sogni.
Mi cruccio
per la sua assenza;
la sveglio,
sguardo fulmineo,
irraggiungibile,
Intendo: il viaggio
sarà ancora lungo.
Ci abbandoniamo
a giochi quieti.

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INSONNIA
Quella casa era troppo ampia
perché io ci dormissi
un’altra notte.
Divenne un problema
assegnarmi un letto.
Dormire con te?!
Ci credevano innocenti,
tu non dicesti niente,
fulminea malizia negli occhi.
Pensavo si scherzasse,
situazione paradiso jamais veu
pericolosa, compromettente.
Mentre fantasticavo
non mi resi conto
che ti proposero di andare
dove io non volevo.
Fu una notte insonne,
passata a mordermi le dita,
primizia di occasioni perdute.

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I tre brani, insieme ad altri tre già pubblicati (L’esigenza, Suonando sulla nave, Un mondo diverso), costituiscono una particolare esalogia, in quanto sono stati composti in quarta superiore, durante l’ora di lezione, al primo banco.
Il diario riporta semplicemente “vena compositiva libera”. In realtà per qualche tempo questi brani non erano “riconosciuti” tra i miei versi, li conservavo quasi come testimonianza di quella “vela” mentale, come versi spontanei.
Per dirla tutta, io e il mio compagno di banco, tutt’altro che decisi a seguire la lezione, ci sfidammo a comporre versi a tempo, ognuno di noi dava il titolo del brano all’altro e tutto si doveva risolvere in qualche minuto.
I versi sono dunque composti di getto, in una sorta di flusso di coscienza ante litteram (allora non conoscevo certo quel concetto e tanto meno Joyce), penso si sia risolto tutto in meno di mezzora.
I brani sono stati corretti, mantenendo sempre il concetto originario. Questi pubblicati sono i primi tre, seguivano poi “Suonando…”, “Mondo diverso”, “L’esigenza”.
Sono riconoscibili in nuce le mie idee ecologiste, libertarie, pacifiste e una empirica passionalità. Essi segnano in sostanza uno spartiacque tra il primo e un secondo periodo compositivo.
(V – 7.4 Ca)

http://musicalbox.myblog.it/files/04%20-%20Sysyphus%20Part%204%20,%20Richard%20Wright.mp3