MYSELF IN WONDERLAND

Stop fare la matta tigre cartapesta,
le idee riorganizza, la ragione assesta.
Spalmato vaniglia nel tratto di tatto,
vibri brutto tiro stimandomi fatto.
Disarmonica aria, riflessione hazard
da scomodare Watts and Carrol’s play sluggard.
Fregio d’attenzione dai tempi di Alice,
pago il mio abboccare a ogni ammaliatrice.

Svanita dopo anni of intimate slumbers,
sbuchi per incanto in athenaeum chambers
e io pesce vanesio intorno alla tua esca,
anche a lenza lenta la trovo fiabesca.
E’ tardi White Rabbit per sfuggire all’amo,
la dose raddoppia, le sirene acclamo.
Pronunci il mio nome con voce sensuale,
pregusto wonderland, molli knock fatale.

99 myself in wonderland

Il sarcasmo attenua molto il disappunto, le scottature, ed è l’unico collegamento tra la storia narrata – pretesto per la scrittura – e il brano, che muove da sensazioni molto più gradevoli.
L’esistenza di ciascuno è più o meno costellata dalla presenza di avanzi di memoria mai approfonditi e ogni volta che si va a fondo a uno di essi, si apre un mondo nuovo e generalmente è bello. Tra questi avanzi ci sono anche dei libri, dei titoli, degli autori… Alice in wonderland è stato per me uno di questi avanzi fino a pochi anni fa, come tanti libri che stanno in una biblioteca, finché un giorno come per magia arriva il loro momento. Avranno un’anima anche i libri? Si risentiranno di non essere stati scelti? Specie quelli che giacciono a scaffale da lustri e si vedono preferire dall’ultimo arrivato. Potrebbe essere una bella fiaba…
Altrove mi capita di disquisire sulla casistica molto varia che porta alla lettura di un libro, dal capriccio o ispirazione del momento, alla necessità, all’accettazione di un consiglio, al puro caso, all’interesse e via dicendo. Nel caso di Alice si è trattato del voler condividere un mondo con una persona cara (che non è la protagonista del brano – lo preciso, a scanso di equivoci. – Non è lei, ne altra che mi voglia o mi abbia voluto un po’ di bene), un mondo peraltro popolarissimo che a me sfuggiva e che come sempre capita mi si è manifestato in vario modo e con scoperte sorprendenti, come ad esempio un brano dei Jefferson Airplane.
Il brano non è dunque un omaggio alla cruda e un po’ anonima protagonista, ma a tutto il mondo culturale di cui dicevo, fino ad arrivare ad Isaac Watts (1674-1748) (evidente l’ossequio a The Sluggard) e Philip Doddridge.
Metro: ottave di sestine doppie a rima baciata.
(XXVI.XLII – 5.8 A)

THE MAX THRILL

Fiesta con Chita in città
tra ambigue mura e mare
nonché ambiguo interland,
velo che copre il sogno.
Metropolitan screening
di capannoni argento
e percorsi squadrati
dal selciato precario.
Fuga da lei, da loro,
il passato e presente,
piani viaggi onirici
su mezzi evanescenti…
Destinazione ignota,
curiosare al piano x,
dismesso, inesistente,
ma è facile il rewind.
Odo note di allora
in contesto spaziale,
letto senza lenzuola,
carpet of electric wire.
Luce scopre l’imposta,
il tempo è senza tempo,
the outsider’s coccoleonte
m’incrocia e si dilegua.
Dopo ore apro gli scuri,
la casa si è spostata
in una città che sorge;
andrei, Chita mi attende.
Urgenza di spegnere,
non trovo interruttori
e vago invano in cerca
in lunga stanza stagna
velata da tendaggi,
con passi più pesanti
la cui eco è avvertita;
un telefono squilla,
panico, mi scoprirà!
Sgomento, prigioniero,
disperato, perduto…
potrò solo svegliarmi.
Scagliato tra tue braccia
per lunghi attimi dolci,
stupore e felicità
per un amore vivo.
Came back the dream, other turns
del nostro stare insieme,
condizione radiosa,
sol presenti a noi stessi
su per antiche scale,
per gradini ripidi,
che tu affronti sicura
e io con difficoltà.
Alla luce del sole
liberi, senza paura
senza brutti presagi,
coperti dal presente.
De jossu e in susu, dubbi
vicoli sconosciuti,
saluti dolcemente,
ammaliante vaghezza.
Percorro l’incontrada
con l’animo in subbuglio,
pago del realizzato,
conscio che è ancora poco.98 the max thrill2

Doll in the middle, illustration drunkenrabbit

Del mio rapporto estemporaneo con il sogno e con i sogni c’è ormai poco da svelare.
Questo più che un sogno fu un’epopea, percepita come una lunga avventura onirica mattutina, domenicale, estiva, piena di sviluppi e colpi di scena, compreso un risveglio interno al sogno, sogno nel sogno e tratti di mero incubo.
Grande l’impressione al risveglio, specie per il ricordo di ampi tratti, sebbene sfumati e frammentari.
La protagonista femminile, in realtà sono due che si scambiano e confondono, agendo come unica persona. Si tratta di due lunghe frequentazioni, una antica, una relativamente più recente, che non hanno nulla in comune se non la città che abitano.
Ho usato il nome Chita (Conchita) per omaggio a Buñuel e per la straordinaria coincidenza sotto questo aspetto con “Quell’oscuro oggetto del desiderio”.
Il sogno originale è certamente più efficace dei miei versi, non posso rappresentarvelo, resterà nell’elenco dei miei cortometraggi mancati, specie nella parte più drammatica, ove volendo venire a capo dei misteri del rapporto con Conchita, sulla via di essere scoperto, il protagonista non trova modo di spegnere la luce; l’unica soluzione offerta dal sogno è svegliarsi nel sogno stesso e passare dall’incubo al piacere. Che sogno ruffiano!
Sviluppo dei versi in settenari.
(XXVI.XLII – 11.7 A)

MEMORIA TERRA NULLIUS

Assiso spalle al calore del sole,
appena oltre Porta Santa Maria,
su seggi lapidei cingenti il prato
spio la teoria di statue e una colomba
esprime ormai il capo di quella mozza
evocando tratti gusto egiziaco.
Ma come lei il mio pensiero vola
in quel passaggio in terra di nessuno.
Nanzi le barre della casa fatua,
ove ho sorbito dalle tue colline,
tu onorato il tempio del Sardus Pater,
ho modellato ciò che tu hai plasmato
dopo preghiere, sospiri, promesse,
simboli eretti tra sacro e profano.
Sovrappongo il mio passo al tuo calpestio,
calle ove han modulato nostre voci.
Fremiti, angosce, immagini infinite,
e certo tanto ancora da compiere.

memoria terra nullius

Ci sono giorni che ti alzi dal letto, fuori è luce e un istante dopo ti sembra di essere ancora lì, già buio, a stenderti di nuovo. Giornate vacue, tempo sprecato, vita andata.
Amo quei giorni che, quando li ricordo a distanza di tempo, sono talmente intensi che i fatti accaduti si suddividono in un periodo intero e la vita la allungano.
Questo è uno di quei giorni, sufficiente a scrivere almeno un lungo capitolo di un libro, ma la mia musa ha il dono della sintesi e della discrezione, e me ne dispensa un poco… ma per lei è sempre troppo.
Endecasillabi a briglia sciolta.
(XXVI.XLII – 22.6 Chg)

DITTATO DEL MARE DI MEZZO

I cavalloni che ho aggredito
tra i Capi, nel mare mediano,
della Frasca e dei Corsari, turrito,
evocan primo ardore meridiano.

Nel letto, supina, t’alzo il vestito,
ti osservo, stimo, quale ape sultano;
del cibo che inforno traiam mito,
la pala incalza a ritmo pacchiano.

Ora Anfitrite, ora Afrodite, me
rapiscono e te Cupido sfianca,
ti rende docile al caldo seme;

più fervore t’infonde e non più stanca
ti abbandoni al piacere che preme,
alla piena fusione poco manca.

pisor2Serie del mare. Sonetto dedicato, ispirato dal pensiero permanente di quei tempi e non solo.
Il titolo individua il punto in cui avviene la scrittura: il mare di mezzo tra i due capi, che ditta; mare già ampiamente cantato.
(XXVI.XLII – 15.9 Arbu/Pis)

SEGMENTO OSCHIRI – MONTI

Justy is the cruellest romance:                suggestion     
she loves me but would hate me…       
Chi si firmaus nos nd arruint                         resonance 
puru is milliardàrius.   
Inquietudine. Le nubi grigie                              atmosphere
incombono nel tardo pomeriggio.   
Costei mi ama, non nega, ma tace,              conjecture
perifrasa, per un buon interprete.    
Una e trina, la dolce,                                mystery
la testarda, la dura.   
Trovare il bandolo di                                     matassa
Justine si rivela arduo.                
Eccentrica fino a un certo punto,                        analysis
manda la sensibilità in ferie   
insieme alla fantasia e al sogno,                   dualism
richiama all’opera l’intransigenza.   
Sovrana di sagacia                                   quality 
assai funambolica,   
lasciati andare, gioca                                     temptation
semmai d’indice e medio   
under the covers listen my fantasies                    epigone
and do not refuse the implementation.   
Che tempo fa? L’economia va a pezzi,          clamors 
capitali estero, stato ad personam

segmentoIl segmento Oschiri – Monti non è il tentativo di introdurre la geometria nei versi, ma il tratto di ferrovia sarda ove ho composto questi. Scelta strana forse, tuttavia, nella fattispecie, il luogo di composizione interferisce con la stessa, per lo stato d’animo che qualche sms non piacevole indusse a tentare di descriverlo, ma anche per l’influsso e la registrazione degli echi ambientali e del paesaggio esterno.
Messaggi indisponenti e dolci si alternavano, come a produrre un umore variabile, sinusoidale, quindi in qualche modo la geometria c’entra ed è riprodotta nel disegno stesso creato dall’alternarsi di endecasillabi e settenari sciolti. L’ammirazione si alterna all’invettiva e a quel pizzico di sarcasmo che non guasta, in maniera composita e multilaterale, a seconda della sensibilità del lettore.
Un breve film o teatro surreale, quasi istantaneo, con citazioni illustri, da Eliot a Sade, e meno, ma non per questo meno autorevoli, i rumors dei passeggeri del treno.
Se il brano non vi piace potete divertirvi a trovare lo spot che si nasconde nelle iniziali dei titoletti dei distici, per la cui soluzione vi soccorre l’immagine.
(XXV.XLI – 18.10 Berchidda)

THE WARNING DREAM

In principio un nome, indirizzo di posta,
vaga idea nello scuro, fading of wonderful world.
In sembianze errabonde, svianti, mi sei apparsa,
sfuggente la tua essenza che non potei cogliere.
Profondità in the room d’esordio collegiale,
carrellata sui volti, smania di bello, di te.
Delizia sconosciuta, presagio di già visto,
rapino il tuo sguardo, frenesia d’intimità.
Quella sera, distinti, l’inebriante epifania;
volli starti vicino per poter valutare
i tratti del tuo viso, il tuo corpo sinuoso,
il seno, le cul sacré, avvolti nella seta;
stringente nei tuoi occhi, sulle labbra e tutta te,
ogni poro ammiccava stupendamente stunned. 
Clamori d’agnizione, fluire di parole;
parlavi, ti prendevo, davi, perdevo il filo.             
Il seguito, chimere, in fuga le occasioni
per paura di fallire, remote esitazioni.
Dagli incontri fugaci, i messaggi non colti,
occhiate reciproche di non facile chiosa.
Ermeneuta dei sogni perché ricompare lei?
Precettrice dei sensi, grazia double recognized,
esulto e mi sorprendo, un poco ti ho avuto.
Vaga realtà, riunione, vicinanza, dialogo,
diventi tangibile avvolta dalla foschia.
Intuire l’epilogo del magico monito:
non ti pensavo adesso, mi inquieta l’evento;
il mio desiderio è condividerlo con te.

wonderful world, mail, collegiale, frenesia, epifania, cul sacré, stunned, agnizione, ermeneuta, precettrice

Questi versi mi sono forse ingrati perché non riescono ad esprimere le sensazioni che ad essi sono affidate. Ho già espresso il limite delle convenzioni linguistiche rispetto ai sentimenti.
Difficile esprimere il concetto anche in prosa, è da vivere; a me è capitato tante volte, perché è evidentemente qualcosa che cerco: la meraviglia, il fantastico, il sorprendente, lo stupendo, che, si badi bene, sono emozioni che provengono da fatti semplici, fino a qualche piccola scarica adrenalinica, che per me sarebbe sufficiente, ben sapendo che senza volerlo si va spesso ben oltre e allora la meraviglia può rasentare lo sconcerto e la paura, di cui si può sorridere solo quando si è in grado di raccontare il vissuto. Ma non è il caso di questo brano, benché il panico, l’angoscia, non debbano necessariamente comparire in situazioni di pericolo fisico; la questione allora è dominarsi o lasciarsi andare, essere talvolta coraggiosi, altre irresponsabili.
Anche una semplice conoscenza può avere un po’ di tutti questi ingredienti. Io che mi guardo assolutamente dall’autolesionismo propendo certamente per le cose semplici e facili, ma purtroppo la vita non è così, non si adegua del tutto alle nostre volontà. Penso sia comune il fatto che talvolta conoscere una persona possa diventare un percorso di anni, da un contatto, uno sguardo, apparentemente insignificanti e spesso rimossi da uno dei due, fino all’apoteosi che acquisisce a volte quel senso di incredibile, dello stare insieme, in un’esclalation crescente o meno, quella sensazione che ci fa scuotere la testa e ridere… ma era così semplice allora?
Il discorso sarebbe lungo, ma non devo ora scrivere un saggio, e potrebbe abbracciare i meccanismi perversi della nostra mente, dei nostri ragionamenti, paure e inibizioni.
Mi viene facile citare un esempio letterario, dalla recente lettura de “Der Zauberberg” di Thomas Mann, quindi della controversa conoscenza tra Hans Castorp e Clavdia Chauchat, e mi viene voglia di citare anche un certo intento sadico e irridente dello scrittore nei confronti del lettore, lasciato in ambasce per pagine e pagine, ma si tratta ovviamente della maestria di Mann e della forza del libro.
Anche questo brano è ispirato dal sogno mattutino che lo ha preceduto, del quale qui e là riporta vaghe immagini.
La metrica invece non è casuale o meramente sperimentale, ma è come un tema conduttore che caratterizza la personalità della protagonista, una figura un po’ d’altri tempi e un po’ neocontemporanea, a mio modo di vedere. Si tratta dunque di neoalessandrini o se preferite, semplici settenari doppi.
(XXV.XLI – 29.6 A)

Slegature:
fading of wonderful world = evanescenze di un mondo fantastico
stunned = sorpreso intensamente

INVITO AL SOGNO

E’ vago nel torpore mattutino
intendere il soffio della dea glauca
e ora nel mio scrittoio m’infervoro,
del cibo che solum è mio mi pasco.
Conquistatrice di passioni cupe
con i tuoi svaghi acerbi prendi e rendi,
impavida hai donato il turbamento
improvvido, prima di cestinarlo.
Il mondo è ai tuoi piedi, eppur prodiga
ti concedi al bacio e al desiderio,
un climax paradossale che sembra
parte della drammaturgia plautina.
Nel talamo austero lei ci divide,
avverto la tua smania nei suoi occhi,
finché lasci perdere ogni scrupolo,
fai pressione, mi sfiori e ti inondi.

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Un sabato del mese più bello dell’anno, alzarsi tardi è un invito al sogno e il sogno talvolta ti ripaga con dei fantastici cortometraggi, che è arduo descrivere al risveglio e non solo perché non si ricordano perfettamente.
Questi endecasillabi sciolti contengono qualche citazione e riferimento piuttosto evidente, pertanto almeno qui mi risparmio le note. Dico solo che il verso 4 è quasi tutto di Machiavelli, fatto abbastanza singolare visto come la penso su di lui (vedi Diary).
(XXV.XLI – 20.6 A)

NAUSICAA

Tenue fragore d’onde arbarensi
dittami sillabi per la musa alense.
Novello Odisseo nell’ingrato viaggio
ritrova Nausicaa lasciata acerba.
Il film è come una stazione radio,
per ella, ai limiti del suo dominio,
quando la frequenza gli viene tolta
e voci e suoni si accavallano come in
un concerto di musica contemporanea
per sola voce e frusciante nastro magnetico.
Ora si fa nitido il suo volto atterrito
da occhi di passione in esubero,
nella sua gola l’urlo implode sfiorato da carezza.
Attenzione massima per l’abdicazione discreta,
forse immaginaria, ma la verità è da scriversi
sugli assi cartesiani di tante vite
e infine né opinione, né perfezione.
Nuova stazione, nuova Nausicaa, nuovo porto,
attraverso incertezze, studi, sorrisi, vacuità,
nitidezza infine, estasi, appiglio nel naufragio.
Sbalordito penso a quanto ho dissipato.
I miei rimandi ora hic et nunc, carpe diem non colti,
perché il viaggio è avanzato tosto:
lei ha calato le vele, tu navighi a vista.
Ho afferrato la corda e attendo toccare terra…
Di sublime c’è questo esserci, sapere che tu sei/sai… non so.
Sarà d’ordinaria lettura, di chimere, o rivelata.
Mi arrendo al tuo candore, insperato. Dio c’è! 
nausicaa,odisseo,radio,dominio,contemporanea,magnetico,assi cartesiani,frequenza,esametro,levante

Questi versi, della serie dittata dal mare (che la pensa come me… 🙂 [Noti]), sono versi ancora grezzi, non lavorati, di prima stesura, però è il loro turno. Riflettevo sul se pubblicarli così o andare oltre. Li pubblico perché sistemarli in metrica sarà un lavoro complesso, visto che al momento della scrittura, pensavo all’esametro, “impossibile” in italiano, ma adeguabile, come altri ben più autorevoli hanno fatto. Non mi rifarò a loro tuttavia, ma a un mio adattamento personale. Si vedrà… si vedranno i versi lentamente cambiare forma. Si fa sempre di necessità, virtù.
(XXIV.XL – 25.6 Arbo)