NAUSICAA

Tenue fragore d’onde arbarensi
dittami sillabi per la musa alense.
Novello Odisseo nell’ingrato viaggio
ritrova Nausicaa lasciata acerba.
Il film è come una stazione radio,
per ella, ai limiti del suo dominio,
quando la frequenza gli viene tolta
e voci e suoni si accavallano come in
un concerto di musica contemporanea
per sola voce e frusciante nastro magnetico.
Ora si fa nitido il suo volto atterrito
da occhi di passione in esubero,
nella sua gola l’urlo implode sfiorato da carezza.
Attenzione massima per l’abdicazione discreta,
forse immaginaria, ma la verità è da scriversi
sugli assi cartesiani di tante vite
e infine né opinione, né perfezione.
Nuova stazione, nuova Nausicaa, nuovo porto,
attraverso incertezze, studi, sorrisi, vacuità,
nitidezza infine, estasi, appiglio nel naufragio.
Sbalordito penso a quanto ho dissipato.
I miei rimandi ora hic et nunc, carpe diem non colti,
perché il viaggio è avanzato tosto:
lei ha calato le vele, tu navighi a vista.
Ho afferrato la corda e attendo toccare terra…
Di sublime c’è questo esserci, sapere che tu sei/sai… non so.
Sarà d’ordinaria lettura, di chimere, o rivelata.
Mi arrendo al tuo candore, insperato. Dio c’è! 
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Questi versi, della serie dittata dal mare (che la pensa come me… 🙂 [Noti]), sono versi ancora grezzi, non lavorati, di prima stesura, però è il loro turno. Riflettevo sul se pubblicarli così o andare oltre. Li pubblico perché sistemarli in metrica sarà un lavoro complesso, visto che al momento della scrittura, pensavo all’esametro, “impossibile” in italiano, ma adeguabile, come altri ben più autorevoli hanno fatto. Non mi rifarò a loro tuttavia, ma a un mio adattamento personale. Si vedrà… si vedranno i versi lentamente cambiare forma. Si fa sempre di necessità, virtù.
(XXIV.XL – 25.6 Arbo)