DISTERRU A SU TRAVESSU

Emigrazione al contrario

Fin da bambino ho appreso, nella frequentazione della casa del nonno materno, che le sue origini paterne erano continentali (espressione che viene imputata con meraviglia a noi sardi, ma che viene regolarmente usata anche dagli inglesi per riferirsi all’Europa non insulare). Per l’esattezza fu suo nonno che emigrò in Sardegna per ragioni di lavoro e qui sposò, intorno ai quarant’anni, la mia trisnonna Mariangela, trentenne di Bòttidda, in provincia di Sassari, ma al confine con la provincia di Nuoro.

Mio nonno Tomaso, cui il padre pose il nome del nonno, non amava parlare della famiglia paterna. Mio bisnonno Paolo, quando ancora nonno era bambino, presumibilmente dopo la grande guerra, partì per l’Argentina, peraltro in compagnia di un fratello della moglie, ma dopo qualche anno non si seppe più niente di lui. Anch’io ho raccolto solo ipotesi contrastanti: che si fosse creato una nuova famiglia (anche il cognato, che si sposò in Argentina, non seppe più niente di lui), che fosse tornato in Italia presso la famiglia di origine, addirittura che fosse stato ucciso a Genova…

Nella famiglia prevalse la tesi che avesse abbandonato mia bisnonna e i figli.

Tuttavia gli zii (quali fossero le loro fonti non so: nonno, mia bisnonna, i parenti di Nuoro – ove i bisnonni erano nati entrambi) riferivano notizie sommarie, si parlava di una vaga origine “toscana”…

Nonno ci lasciò che ero ancora adolescente e non ebbi mai modo di approfondire direttamente con lui la questione, tuttavia mi ero ripromesso di fare delle ricerche, visto che le notizie dirette erano piuttosto nebulose.

Iniziai allo stato civile di Nuoro, diversi anni fa. Non trovai molto anche perché alcuni registri erano di complicata lettura e altri erano andati distrutti in un incendio. Non sto a ricostruire l’intera ricerca, ma scoprii che la discendenza riguardava la provincia di Como, allora austriaca, mentre per il Comune potevo solo fare ipotesi, mi ero scritto lo scarabocchio così com’era e poteva essere Asso, Azzio, Azzate… non so che altro. Ma insieme agli scarabocchi, un registro in bella scrittura diceva inequivocabilmente Azzio e questo comunicai ai parenti.

Mi recai ad Azzio ben due volte, ma non trovai nulla; il sindaco e il parroco mi assicurarono che quel cognome non apparteneva a quel paese, era per questo non trovai nulla neppure nell’archivio della pieve. La cosa mi sbalordiva parecchio e feci le mie supposizioni…

La seconda ricerca a Nuoro la feci presso l’archivio diocesano, non ebbi molto spazio là, ma il direttore (o semplicemente la mia guida) mi diede un’informazione fondamentale, che in un primo momento presi con scetticismo: un sito dei “mormoni” pubblicava antichi atti di stato civile (pare che il sito sia stato ora rimosso, non ho verificato). Con calma un giorno feci la ricerca su internet, trovai il sito e, cosa allora per me stupefacente, trovai l’atto di matrimonio, leggibilissimo, dei miei trisnonni: la località era Arcisate, una valle più a est, ma sempre nella “nuova” provincia di Varese.

Ad Arcisate trovai tutte le conferme del caso, grazie all’aiutante dell’archivio parrocchiale.

I misteri non sarebbero finiti, la via più semplice è quella più impossibile: far risuscitare i trisnonni; altre vie, potrebbero essere cercate tra i discendenti ancora presenti nel paese, o ancora, complicate ricerche storiche dai tempi delle 5 giornate di Milano…

Fermo restando che pare il mio trisnonno fosse giunto in Sardegna per lavorare alla ferrovia (ma anche questa è un’ipotesi) – è certo che era capomastro, maestro di muro, per dirla con Francesco Masala, ed era istruito – resta il succo della questione: cosa gli sarà passato per la testa di trasferirsi in Sardegna… Si era verosimilmente innamorato di Mariangela durante il suo soggiorno per lavoro. In fondo lui aveva superato i 40 e lei aveva 29 anni, si sposarono nel 1868 e vissero a Nuoro in Perda de s’oru (chissà se quella o è aperta o chiusa. Òru è l’oro; óru è l’orlo).

Quando scrissi i versi omonimi e altri in seguito, tutto verteva ancora su Azzio in Valcuvia, una bella zona immersa nella natura, ai margini del parco Campo dei fiori. Arcisate però non è da meno, si trova a poca distanza da Varese nella Valceresio. Ciò che non si spiega è cosa c’entri Azzio; sì, perché nell’atto di morte del trisnonno a Nuoro (1882) è indicato chiaramente come Comune di nascita Azzio “del fu Tomaso di Azzio”. E’ vero che gli atti in quei tempi riferivano quanto dichiarato dai testimoni e infatti lo stesso atto riporta altre imprecisioni, ma non credo ci fossero in quel momento in ufficio conoscitori delle valli varesotte per incorrere in un simile equivoco… Tra le altre cose ho pensato a un domicilio o residenza ad Azzio, i due comuni sono vicini (20 km. attraversando il Parco)… A meno che non si siano messi seduta stante a frugare sulla carta geografica nomi verosimili. Non so come potessero essere i documenti di allora, certo alcuni scrivevano in modo poco leggibile.

Il trisnonno comunque nacque sotto l’impero austriaco (com’era la calligrafia austriaca?), poi divenne sardo (suddito del Regno di Sardegna) a 33 anni, chissà che faceva nel 1848 a 22 anni, avrà partecipato alla rivolta?

Entrata la Lombardia nel regno sardo (che per inciso della Sardegna ha solo il nome, ripagato con sfruttamento e tasse) venne a lavorare in Sardegna, come altri lombardi – una sorta di emigrazione al contrario -, qui si stabilisce lasciando la famiglia nel varesotto e iniziando una nuova generazione in Sardegna.

 66 disterru

14 Disterru a su travessu (66 – 8s – XIII.XXIVd – 31.07 a) a 30.11.2020

CUSS’ORTA CHI SEU STETIU A MILANU

(otava)

Cuss’orta chi seu stetiu a Milanu
apu biu totu sa genti chi curriat,
no mi ndi parriat mancu unu sanu
e a mei puru de curri mi beniat.
Mi domandu, immoi ca est beranu
iat’essi mellus ki a s’achietai podiat.
Toca, ca mi nci torru in Sardigna
a fai una vida u’ pagu prus digna.

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L’inserimento di questa tra le mie poeesie mi fa venire in mente le parole del muratore che, terminato di intonacare il muro realizzato da me per emergenza e non certo a regola d’arte – giacchè solo nipote di diversi maestri di muro e niente più -, disse “D’iat a ai mai cretiu de essi intonacau custu muru!” (L’avrebbe mai creduto di essere intonacato questo muro!).
L’ottava ebbe origine in pochi minuti durante un’esercitazione di versificazione nell’ambito di un corso di formazione in lingua sarda e restò abbandonata tra gli appunti per poco tempo. La sera stessa nel selezionare tre brani per un premio letterario dedicato alle minoranze etniche, mi venne in mente di inserirlo per saggiare le reazioni della giuria… Ebbene proprio questo fu scelto per la pubblicazione, con un certo mio stupore, e fa bella mostra di se tra più degni brani in ladino, albanese, friulano, arberesh, sloveno, griko, romancio, occitano, croato, catalano, cimbro, sardo stesso e diverse altre lingue minoritarie.
Che dire? La giuria in qualche modo ripassò la palla al mittente, mettendolo in condizione di dover giustificare l’argomentato e di promuovere l’ottava al rango di poeesia (… e vorrei vedere, dopo essersi conquistata la pubblicazione in un autorevole volume!).
Le motivazioni per un brano di esercitazione, poco più di un mascherone (espediente dei compositori nel simulare la metrica non badando al senso delle parole), sono deboli. Ad imitazione de sos poetas che improvvisano nelle piazze della Sardegna e sono artefici della poesia estemporanea in sardo, di lunga tradizione, ci era stato assegnato un tema, probabilmente “il viaggio”, mi venne subito in mente questa immagine, in parte reale, ma soprattutto caricaturale della vita frenetica milanese.
Amo Milano per diversi motivi, oltre alle brevi visite, ci ho anche vissuto tre mesi di fila in gioventù, dunque lo sviluppo dell’ottava non rispecchia il mio pensiero, tuttavia alla maniera dei poeti estemporanei che durante le gare poetiche, con tanta ironia e sarcasmo, se le danno di santa ragione (a parole) anche per il diletto del pubblico, pur essendo grandi amici, così il luogo comune (non del tutto però) della frenesia milanese, specie la mattina quando si corre al lavoro e si rincorrono i mezzi di trasporto, dà lo spunto per stigmatizzare il logorio della vita moderna in favore di quella più agreste, magari arcadica, pastorelle comprese.
(XXII.XXXVIII – 24.5 A)

Traduzione:
QUELLA VOLTA CHE SONO STATO A MILANO
Quella volta che sono stato a Milano/ ho visto tutta la gente che correva,/ non me ne sembrò neanche uno sano/e anche a me veniva da correre./
Mi chiedo, ora che è primavera,/sarebbe meglio se potesse calmarsi (la gente, ndt)./
Suvvia, me ne torno in Sardegna/ a condurre una vita un po’ più degna./

DISTERRU A SU TRAVESSU

Ita d’at’ essi cuntessiu
a Giuvananton de Tumas
a nd i piobai in Sardigna
de cussu celu in Valcuvia!
Nasciu asuta ‘e s’imperu,
regnìculu a trintatres,
at’ ai gherrau po s’unidadi
chi Insubria no bolit prus?
De sicuru scideus ca issu
fiat maistu de muru
e arrutu is ingiàssus cun
su regnu, trentzit po Nùoru.
Adiosu Pauli Majori,
Vares, padentes e padrus.
Barantaduos nd i tenit
candu cojat Mariàngiula,
matessi nomi ‘e sa mamma…
nascit Paulu, bisaju miu.
Spantat custu acuntéssiu
de isterru a su travessu;
in s’otuxentus de mesu,
po crésias e ferruvias,
lumbardus traballant innoi.
Jaiu Tumas Rossi in Azzio,
mancai in Oro, Mara, Torcin,
Umbera o Dolza Molino,
logus togus de làcana,
de aqua e bidri de matas,
passat sa becesa sciendi
ca su semi suu at inghitzau
unu fedu nou in Sardigna.

vares.jpg

Valcuvia, Varesot, in modo più estensivo e arcaico Insubria… La consapevolezza che una parte di te provenga da lì fa un effetto particolare, soprattutto dopo aver calpestato lo stesso selciato di quegli avi, visto gli stessi luoghi o parte di essi.
Un mio trisavolo nacque là, dopo la Restaurazione, in territorio allora austriaco, al confine con la Svizzera e il Regno di Sardegna.
Era il periodo in cui si diffondevano, anche in Lombardia, idee indipendentiste tese a realizzare la cosiddetta “unità d’Italia”. Dal 1830 la regione diventò un centro di cospirazioni segrete tendenti a realizzare una nuova nazione, fino alle note “cinque giornate di Milano” del 1848. Nel giugno di quell’anno, durante quella che si ricorda come prima guerra di indipendenza i lombardi votarono a favore di un plebiscito per la fusione con il Regno di Sardegna, ma la guerra fu vinta dall’impero austriaco. In seguito alla seconda guerra di indipendenza la Lombardia fu ceduta al Regno di Sardegna (trattato di Villafranca del 12 luglio 1859, ratificato col trattato di Zurigo del 10 novembre 1859). Si trattò di una conquista, non di annessione per plebiscito, come per altre regioni italiane.
Far parte dello stesso stato, evidentemente, favorì spostamenti nei diversi territori, così mio trisavolo emigrò in Sardegna…
In origine il titolo del brano era “Varesot in Sardigna”.
(XIII.XXIVd-31.07 A)

Traduzione:
EMIGRAZIONE AL CONTRARIO
Cosa sarà passato per la testa/ a Giovanni Antonio di Tomaso/ per trasferirsi in Sardegna/ da quel paradiso in Valcuvia!/
Nato sotto l’impero (austriaco),/ sotto il Regno (di Sardegna) a 33 anni,/ avrà lottato per l’unità/ che l’Insubria non vuole più?/ Di certo sappiamo che lui/ era maestro di muro/ e caduti i confini con/ il Regno, si mosse per Nuoro./
Addio Lago Maggiore,/ Varese, boschi e prati./ Quarantadue ne ha/ quando sposa Mariangela,/ stesso nome di sua madre…/ nasce Paolo, mio bisnonno./
Meraviglia questo episodio/ di emigrazione al contrario;/ nell’ottocento di mezzo,/ per chiese e ferrovia,/ lombardi lavorano qui./
Nonno Tomaso Rossi ad Azzio,/ forse ad Oro, Mara, Torcino,/ Umbera o Molino Dolza,/ tutti luoghi di confine,/ d’acqua e verde di alberi,/ trascorre la vecchiaia sapendo/ che il suo seme ha iniziato/ una nuova generazione in Sardegna./