PURGATORY (strumpet)

Questa “comedia” termina con il Purgatorio, è una “mondana” comedia, inizia dal bello, continua con momenti no e si infrange nel palliativo. Il riferimento alla “divina” è solo nominale.

Non c’è alcun Virgilio e l’eventuale Beatrice (Ginevra) è ora solo un pensiero inespresso, relegato agli altri due momenti, e questo conclusivo, ma sostanzialmente di mezzo, si frappone tra sofferenza acuta e speranza.

Ginevra e Graham vivono sospesi, appesi a notizie, suggestioni, pensieri, episodi… transfert… Hanno momenti di distensione, come possono essere una giornata al mare, un incontro improbabile, simpatia contingente, lusinghe, contatti e tenerezze, vorrei ma non posso… Una giornata normale, diversa, rappresentata come una sorta di apocalisse digradante, espressa in lingua inglese, come se ciò la facesse apparire in una dimensione più irreale.

“Strumpet” non ha accezione negativa, semmai retorica e allo stesso tempo provocatoria rispetto al giudizio della gente sulle ragazze naturalmente affettuose o in cerca d’affetto.

Peraltro nella scrittura la realtà si contrappone alla fantasia, la banale cronaca al surreale costruito con tutti i mezzi a disposizione e con l’idea di avanguardia che rende suggestiva qualsiasi tipologia espressiva, perfino materiali inesistenti da oltre un secolo utilizzati per costruzioni fatiscenti che non starebbero né per terra, né in aria.

Così la giornata al mare in torpedone, in un luogo relativamente lontano ma abbastanza noto al protagonista per averlo frequentato da bambino, si trasforma in un “purgatorio” molto particolare e fantastico. La gita collettiva ha i soliti sviluppi, mare, pranzo, passeggiate e ritorno, socializzazione con le persone conosciute e focus su chi interessa maggiormente fino a creare un certo pathos, ma lasciamo perdere la piattezza.

Graham si trova davanti a una porta e ha alle sue spalle i mesi di alienazione transitoria, vi entra e si trova davanti the window sill dalla quale scorge the artificial horizon, elettrico, magnetico, manco la terra si fosse trasformata nella scenografia di un film di fantascienza.

Una situazione normale, se non fosse per tutti quei luccichii e scoppiettii. Una casa comune, vuota, vicino a the gutter si scorge un cavo che avvolge una colonna (sarà infame) alla stanza, che sa di plenary cell in cui espiare e là c’è una donna, bronzea, sembra a lamb of molten gold, forse richiama il vitello d’oro biblico; simboli inquietanti, si fa presto a dire bitch, strumpet (magari trumpet, beach). Ella prega, eppure non distrugge il pregiudizio (black death), come si fosse solo messa a lucido, tanto che in quel contesto surreale e visionario estrae dalla cenere una cornice arroventata ove sta scritto il suo motto: sono semplicemente una donna, né pietra, né pianta, neppure cultrice della ruggine, pertanto faccio l’amore e non sto a badare quando e con chi. Eppure tiene un diario, lo custodisce con cura e ne trae piacere.

Lui si accosta, vi si siede accanto, si eccita scorgendone il viso, l’attenzione precede qualsiasi gesto che non sia la pressione tra i loro corpi, la penombra cela la loro intensa emozione, il loro rossore, le loro gocce di sudore; la temperatura è aumentata nonostante la frescura vespertina, lui cerca il suo corpo, le morbidità, le sue labbra, lei resiste al di là dei “cattivi” pensieri anzidetti e in quel contesto molto particolare, come può esservi il cielo in una stanza potrebbe starci anche il mare, almeno una piscina; il luogo si trasforma in un solarium, in cui giacciono dopo un bagno rinfrescante e stesi uno accanto all’altra tornano a bruciare, a smaniare, a pulsare, a possedersi.

Ora la mente vaga tra realtà e fantasia, è un peccato in questo periodo così particolare o tutto va circoscritto nel confine dei desideri? Non c’è tempo per riflettere, trattasi di bizzarrie, perché lei è già in piazza, nella confusione, a mettere in pratica il suo motto, a rinfocolare il pregiudizio che sia troppo facile… e perché lei e non le decine di individui che le stanno intorno a struggersene?

Sono ancora dentro la cella (i registi sono capricciosi), dove ha preso a ruotare l’elica e rinfrescarli, la sua pelle nuda è intirizzita e chiede di riscaldare i suoi brividi… “Ho freddo…” (si dice anche nei migliori film) ed è azione importante, nonché piacevole, dare calore, specie da adolescenti, quando il cinema d’essai aiuta tanto. E chi se la dimentica questa? Le vent nous portera encore…

21 purgatory

Purgatory (strumpet) (21 – III – 16.11 s) a 28.8.2023

PURGATORIO

Apro la porta
e dal davanzale della finestra
scorgo l’orizzonte artificiale
del purgatorio.
Vicino alla grondaia,
un cavo di ferro,
lega una colonna alla mia cella plenaria.
Devo pregare
con una donna;
ella sembra un agnello
d’oro fuso,
invece è dannosa:
ha solo lucidato
la sua peste e trae dalla cenere
la sua parola d’ordine,
in una cornice
marcata a fuoco.
‘Non sono vegetale
o minerale,
scelgo l’amore,
non la ruggine;
semino catene di corna’.
Ma non lacera
i sentimenti raccolti nel suo diario.
Nel mio itinerario
vedo il suo viso,
dopo una scossa,
entrare nel mio fragile cuore.
L’aria calda e la sabbia
sollecitano un bagno nel mare salato;
nel solarium
la pressione
del mio sangue
chiede una spinta carnale:
è il mio peccato
nel purgatorio.
Sulla piazza,
nella confusione,
mette in pratica
il suo motto:
è troppo facile sedurla.
Quando l’elica gira,
l’aria fresca
va sulla sua pelle nuda;
nella sua stanza buia
riscaldo i suoi brividi.
Non posso
rimuoverla dalla mia mente.

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Con “Purgatorio” termina la trilogia del “dolce amore”. Una “Comedia” un po’ al contrario, o almeno disordinata, che inizia con i due momenti del Paradiso ed è preceduta dall’Inferno.
Il Purgatorio, dopo la sofferenza acuta, rappresenta il tempo mediano in cui si fondono rassegnazione e speranza, si vive un po’ sospesi, appesi a notizie, suggestioni, pensieri, episodi…
Una giornata al mare, un incontro improbabile, simpatia contingente, lusinghe, contatti e tenerezze vorrei ma non posso… Una giornata normale, ma diversa, rappresentata come una sorta di apocalisse digradante, che la lingua inglese mi sembrava facesse apparire in una dimensione più irreale.
Il mio diario di allora la definiva “impressioni…” (sulla giornata e sulla protagonista), precisando doverosamente che “strumpet” non ha un’accezione negativa, semmai provocatoria rispetto al giudizio della gente sulle ragazze naturalmente affettuose.
L’unica variazione riguarda l’eliminazione degli ultimi tre versi, piuttosto retorici e sentenzianti, mantenuti nella versione inglese.
(III – 16.11 Sestu)

PURGATORY (strumpet)
(versione originale)
I open the door/ and from the window sill/ I perceive the artificial horizon/ of the purgatory./ Near the gutter/ a cable of iron/ ties a column to my plenary cell./ I must pray/ with a woman./ She looks like a lamb/ of molten gold,/ instead is harmful./ She has only polished/ her black death and takes from ash/ her password/ in a frame/ brand marked:/ “I’m not vegetable/ or mineral,/ I select love/ not rust;/ I issue chain of horns”./ But doesn’t rip/ the feelings collected in her diary./
In my itinerary/ I see her face,/ after a shock,/ come into my brittle heart./ The hot air and the sand/ solicit a bath in the salty sea./ In the sunning place/ the pressure/ of my blood/ needs a carnal push./ It is my sin/ in the purgatory./ On the square/ in the confusion/ she carries on/ her slogan./ It is so easy to seduce her./ When the screw turns,/ the fresh air/ goes on her nude skin./ In the darkroom/ I heating her chills./
I cannot/ remove her from my mind./
We condemn/ the strumpets/ without know their anxiety./

Questo brano in origine fu musicato in questo modo:
MI SOL LA SI (I open…of the purgatory, un accordo per verso e si ripete fino ad harmful)
RE LA- (per i successivi sei versi, poi si riprende alternando).
(IV – 16.4 A)