Lasciare Itaca necesse est,
for a new trip ad quaestio thesis;
spiegar le vele ut Taurinorum
getting suggestion suggestive
ab border Turris Libisonis,
sed etiam ab geminas turres,
ansia for Al-Kaida disaster;
angoscia di Fleba, fenicio.
Cabotaggio lungo la Corse,
to Genoa in odor de Milàn,
supero Appennini, a manca
Langhe, passo Alessandria e Asti,
…all’improvviso Porta Nuova.
Al Don Quijote, caldo atipico,
tutto ruota su Castle place.
Compio il ritorno come dono.
Dalle carte spirit of hartshorn,
la fringale induce panico,
vago confuso verso il Po.
Certe presenze invisibili,
assenti al photographic blitz.
Vagheggio d’archivum secretum.
Tre settimane scarse per assimilare il crollo delle Twin Towers, prima di affrontare il viaggio, mentre vengono diffuse voci sugli “obiettivi sensibili” e in almeno due di questi doverci andare, uno è il bersaglio grosso…
Inquietudini, calcoli, paranoie di quei giorni, in giro a pensare se fosse sicuro essere in un punto o in un altro, in mezzo alla fitta passeggiata o nella chiesa poco affollata che ospita la reliquia delle reliquie… O la buffa tranquillità quando si stava in un luogo più anonimo.
Questo è in parte lo stato d’animo ispiratore di questo brano, ma vi è anche la celebrazione del viaggio e della città mai vista prima, rivelatasi una piacevole sorpresa: città granata, città culturale, città operaia e ancora tanto misteriosa.
Le colpe di chi vi agisce le lasciamo a loro, non devono ricadere sulle città.
Torino credo sia la più multietnica delle città che ho visitato, una babele di linguaggi le fanno eco, così anche i miei novenari sperimentali si adeguano a ciò e al caos di inizio millennio.
(XX.XXXIII – 2.10 Torino)