MIHI NON LICET IUDICARE

Virum cognovi
hominum ineptiis necatum.
Pulcher esse dictum est
cum natus est
et filium mariti foedi
matris non esse.
La sua famiglia era povera,
perciò egli un delinquente.
Si diceva che la madre
non gli desse da mangiare,
si rideva della sua magrezza.
Il suo migliore amico era ricco
e la gente ruppe l’amicizia
chiamandolo “ripudio”.
Le sue vesti povere ma pulite
per chiunque erano rubate.
Ricevere il suo saluto era un disonore,
poi un insulto, più tardi un delitto.
Si diceva che puzzasse, picchiasse
e fosse un incapace,
per questo cambiò lavoro spesso.
La sua compagna era di nobile famiglia
e la gente franse l’amore
chiamandola “puttana”.
Sposò la più “brutta”della città
e lavorando i campi visse meglio.
Costruì una casa, ebbe molti figli;
si disse fosse un bruto.
Un giorno fu ucciso in una rissa,
ma dissero che si suicidò.
Genti meda fiat andada a s’interru;
una fèmina bidendi sa tumba iat nau:
“No est lìcitu giudicai,
ma depiat essi interrau comenti a un’animabi”,
e un’àteru iat nau:
“No est lìcitu giudicai,
ma non meritàt indulgéntzia”.
Genti meda trabessa cussa die iat nau:
“No est lìcitu giudicai”.

licet, foedi, si diceva, si rideva, ripudio, povertà, puttana, rissa, giudicai, pettegolezzi
Un appunto mi ricorda che scrissi questo brano sentendo dei pettegolezzi in autobus. Avevo diciassette anni… Oggi ho l’esperienza per affermare che la diffusione di chiacchiere false può davvero rovinare la vita di una persona.
Mi era parso che per affrontare questo tema ci stesse bene il latino; così scrissi l’originale, riportandolo successivamente in questa forma, con avvio in latino e chiusura in sardo, come per un edificio restaurato che mostra delle parti antiche o similari.
Tre giorni prima misi insieme degli accordi che scelsi per questo brano:
LA FA, DO LA, FA DO (per tre versi, poi a seguire, come una ballata).
(IV – 11.7 A)

UNA MORTE DATA

Accadde quel giorno…
non tornò a casa,
il fatto preoccupò,
essendo insolito.
Trascorso del tempo
si segnalò la scomparsa,
temendo si trattasse
di sequestro o fuga,
che comunque occorse
contro sua volontà,
perciò certamente viveva smarrita,
come in un deserto.
L’accaduto mi colpì…
il suo aspetto era ingenuo
e credevo impossibile
che qualcuno potesse
farle del male;
attesi con ansia
notizie su di lei:
sarebbe stato bello
se fosse scappata
verso la libertà,
ma si parlava, distruggendo le speranze,
di un’eventuale morte.
Un giorno degli uomini
mentre erano a pesca,
trovarono un corpo
rigido, senza vita.
Vedendone il volto
è assurdo immaginare
una ragazza dolce
ora corpo esanime:
maledetta la violenza presente nel mondo,
gli istinti criminali.
Di fronte a casi simili
non bisogna illudersi
si tratti di incubi,
tristemente rimane
solo l’impegno al fine
di migliorare l’umanità:
una mesta utopia?
forse non cambieremo
e sarà da ipocriti piangere le sventure,
se stiamo a guardare.milena sutter,sequestro,ingenua,pescatori,dolce,violenza,incubo,studentessa,maggio,genova

Fatti di questo tipo purtroppo stanno diventando sempre più comuni, quello a cui si riferiscono i versi suscitò molto clamore ed è uno dei più noti.
Il brano originale, scritto a sedici anni, una dedica alla piccola Milena, simulava la narrazione da parte di un ipotetico coetaneo (di cui resta traccia nei versi riveduti); il titolo era Urano (requiem per lei), la forma quella della canzone, musicata e con il ritornello tormentone “come da te Urano”, scomparso nel nuovo testo.
Il brano dunque è stato oggetto di diverse modifiche, anche strutturali. L’originale faceva riferimenti precisi al fatto di cronaca, ma è più difficile spiegare le variazioni, che assumersi il coraggio di pubblicare il testo così come nacque:
Urano (requiem per lei)
Quel giorno di maggio [in origine: Quel giorno Milena]/ tardò a rientrare; [non rientrò affatto, ndt]/ ogni giorno alle cinque [le diciassette? five ‘o clock? ndt]/ la vedevo passare./ Dopo qualche tempo/ scattò l’allarme,/ “Scappata di casa o rapita?”/ erano le domande./ Senz’altro fu costretta/ e purtroppo per lei,/ viveva nel buio, nel silenzio, nel deserto,/ come da te Urano./
Temetti per lei/ perché il crimine è usuale; [primissima lezione era: perché l’amo]/ Gli amici, le amiche,/ tutti la cercavano./ Ma chi la portò via,/ al suo mondo ha pensato?/ Forse no! Ma allora/ è inumano e pazzo/ e siccome con loro/ non si può ragionare/ la tenne nel buio, nel freddo, nel pianto,/ come da te Urano./
Una notte degli uomini/ andarono a pescare/ e trovarono un corpo,/ rigido, ormai immortale./ Non l’avrei mai pensata/ senza vita, inerme, sfigurata/ e mi chiedo se può esistere/ un mostro che così l’abbia/ portata, nel buio, senz’aria, là in fondo,/ come da te Urano./
Inutilmente cerco/ di pensare che è in vita,/ oramai non mi rimane/ che ricordare./ Rimpiango che quel giorno/ non rimase in casa a sognare./ E’ impossibile sapere/ quel mostro in libertà/ e lei nel buio, nel silenzio, nel deserto,/ come da te Urano./
Accordi composti il giorno dopo la scrittura del testo:
LA-, DO LA (quattro volte per otto versi)
LA-, DO LA-
DO
MI- LA (come da te Urano).
(III- 8.7 A)

RIUNIONE PASSIONALE

Mentre andavo a una riunione improvvisa
il sole era ancora alto,
così notai il cambiamento entrando
in una stanza buia;
attesi che i miei occhi si adeguassero
a quell’atmosfera,
per vedere con chi ero là dentro
dove già era la luna.
Un raggio di sole colpiva
il corpo di una donna,
mi adagiai vicino a lei che
si diede ai miei istinti,
Le sue membra fremevano e mi davano
sensazioni previste,
le mie mani studiavano la sua calda pelle
come automi;
la liberai dalle vesti,
la mia bocca carezzò il suo seno
e il fumo della mia sigaretta
passò ai suoi polmoni.
La musica di sottofondo addolcì
le sue prime parole,
capii che tutto ciò per lei
non era usuale,
così la strinsi con sincerità
per la prima volta
e andai via dicendole:
“Se ti vedrò ancora
ti consolerò”;
quando varcai la soglia, la luna
era già alta.

moon, passional, atmosphere, woman, instinct, limb, sensation, hot skin, breast, underground

Anche questo brano è stato concepito in inglese, il titolo originario era Moon (passional reunion). Avevo 17 anni e la scelta della lingua è legata alle scelte musicali di allora e alla voglia di usare i versi anche musicalmente. Il passaggio all’italiano deriva dal fatto che la versione inglese potrebbe contenere degli errori grammaticali imbarazzanti, tuttavia la riporto in calce.
Sentimentalmente ancora nel periodo “penitenziale”, ebbi altre conoscenze rocambolesche, nuove esperienze rivelatesi assolutamente temporanee, delle quali tuttavia il brano fotografa solo un quadro. Le annotazioni sul diario in questo caso non fanno testo perché sono sminuenti.
Nonostante un’immagine del brano, preciso che non fumo e anzi lo combatto. L’ho fatto da adolescente per atteggiamento, ma è stata una cosa stupida e nociva. Smettere non è difficile se si tiene alla propria salute.
(IV – 27.9 A)

MOON (passional reunion)
(versione originale)
While I was going to a sudden riunion/ the sun was high still,/ thus I noted the change entering/ into a dark room;/ I waited that my eyes adequate itself/ to the atmosphere,/ to see with whom I was inside there/where it was already the moon./
A light ray struck/ a woman’s body,/I lay down near her who gave/ herself to my instincts./
Her limbs quivered and gave me/ sensations foreseen/ my hands studying her hot skin/ like automata;/ freed her from the dress,/ my mouth caressed her breasts/ and the smoke of my cigarette/ passed on to his lungs./
The underground music sweetened/ her first words,/ I realized that all for her/ was not usual,/ so I tightened her with sincerity/ for the first time/ and I went away saying/ “If I will see you again/ I will comfort you”.
When I crossed the threshold the moon/ was already high./