BOCCA DI PORTO

Ridotto a perdigiorno o perditempo
nella città bagnata e a tratti scura:
spiaggia, barche, nubi alte, arietta fresca
le passeggiate tenta.
Lungo il corso di marmo grezzo e piano,
dal principio all’estremo, fino al faro,
formicolio di gente che va e viene,
l’onda i massi lambisce.
Intanto la pioggia cade battente,
è il fuggi fuggi dal liscio selciato!
Sfolla il molo lapideo e resistono
con te due ardimentose.
A piedi nudi, tra falcate e schizzi,
mostrano sul grondante lor mollezze,
qualmente una fanciulla solitaria,
Galene, dea of calm sea.
La delicata ninfa si dilegua
impavida del rovescio, anzi grata,
sulla molto candida prospektiva,
trend del carezzevole.
Giunta alla meta, aggirato il culmine,
incontri i suoi occhi mare smeraldo,
abbozzano un sorriso che ti dice
Hi, man from palafitte!”
Fissate entro la mente le sporgenze
sogni di smuovere la palizzata,
navigare al caldo nella buriana,
nel coito turbolento.
Colto il frutto del giacere soffice,
per incanto risplenderà il cammino,
arte di acque, di laguna e di marea
contemporanea e irreale.

145 mosee

Metrica barbarica
(terzine di endecasillabi sciolti alternate a un settenario)
(XXVIII.XLIV – 5.9 Chg)

Verso 16: Galene, leggi Galini

ODE ALLA TUSCIA

Dopo vani giri nell’iposcenio,
trovato il bandolo della matassa,
in piazza san Lorenzo che è il proscenio,
mi siedo sulla soglia di un millennio.

Cala la sera sul fresco interlunio,
in antiche viuzze gente si ammassa,
via cupa pare splenda al plenilunio,
esalterei la creatività di Annio.

Al pensiero di che avrei perso avvampo,
tanta bellezza resistita al tempo;
a Etruschi e Longobardi mi accompagno.

Età antica e Medio evo fan convegno,
la rivalsa dell’osco sul romano,
sangue che vive in più d’un talismano.

Danno un lampo assai umano
gli occhi leggiadri delle donne tusce,
dolce perdersi tra le loro cosce.

141 ode alla tuscia

Sonetto caudato originario
(XXVIII.XLIV – 23.6 Viterbo)

ENTRE DOS PUEBLOS

Starò ancora ore
su questa cara panca
misura ardore,
terrammore,
spazio qui in città che ho inteso adottare,
per farmi apprezzare foriero,
e il pensiero è da decifrare.
Risposte
chiedo al tempo odierno, senza clamore,
ma di soluzioni mi è debitore.
Flutti su prore,
luce chiara, attonita,
delle dimore
pluscolore,
mi osservano in tale luogo di mare,
o direi lagunare, invero,
veritiero dèe figurare.
Gorgoglia
nel suo moto il canale incantatore,
la brezza da levante ne è sensore;
sguazza pur fiero un veliero
dall’imbarcadero, a vagheggiare
d’altro emisfero il mistero,
ossia il sentiero di scie corsare.
Il rumore
del traffico leggero al digradare
del sole; staccare, calat su sero,
si alzano domande da interpretare.
Seduto
tra i due abitati, anime del fervore,
testi di tanto scritto evocatore;
Cióxa, il tuo impero severo,
groviglio intero da elaborare
da assorto e austero straniero,
messaggero che non sa sbrogliare.

140 entre dos pueblos

Polisillabi compositi rimati
(XXVIII.XLIV – 21.6 Chg)

A SIENA

Lustri trascorsi come nulla fosse,
sembra il domani della prima volta
a Siena, vedute a tratti rimosse.
Tappa in circostanze fortuite colta
che passaggio d’israelita promosse,
firstling causa Palestina irrisolta.
Epic night all’addiaccio nello stadio,
gennaio, fatta sera là mi insedio.

Quale feticcio cerco tal presidio
essenzialmente cambiato dal tempo,
di assenze e moti obliati stillicidio,
puzzle altera carte nel frattempo.
Del portico arcuato è il nuovo episodio,
il mitico affaccio in piazza del campo:
di fronte situa il duomo la memoria,
sintesi architettonica aleatoria.

Sequenza di cui è arduo ricrear la storia,
di spazi ampi nella realtà ristretti,
eppur gioielli d’immutata gloria
di una città dai multiformi aspetti.
Nel mescolio l’incerta traiettoria
della fonte cui ricorron gli assetti:
smarrita, una a parete ne battezzo,
ma ricordo lo spiazzo e stava in mezzo.

Lascio il passato e il mio tour attualizzo
con lei assidua che sussurra apprensione,
accompagna passi e atti che realizzo,
comanda di mie mosse indecisione;
direzione tridimensionalizzo
postque decumano sublimazione –
ab ante scale infinite al Cannon d’Or -,
usque ad arena del palio in messidor.

Altri varchi all’Assunta di termidor,
tra i volti del fiorile su e giù errante;
centro di contrade e borghi que j’adore,
da quella de’ Servi ai colli del Clante
…e al Pomodorin, pappa col pomodor.
Leggenda è ormai la senese zelante
che offrì sulla soglia dei Benincasa
servigi, essendo di grazia pervasa.

139 a siena

Ottave di endecasillabi 
(XXVIII.XLIV – 21.4 Siena)

ASSISI

Da questa giornata iniziata male,
bacata dalla tua inattesa assenza,
una sparizione che è sofferenza.
In caso di attrazione degli opposti,
da Goethe a Castoldi, nuoce o consola,
secondo dei propositi armoniosi.
Fiore laudato sie Padova-Assisi,
estasi dei miei viaggi dilatati,
duecento miglia che stavano scritte.
Anche la rossa snob osservo e assorbo,
mela senz’abito ‘e benedictione,
a Ponte San Giovanni pace e bene.

Un’idea vaga sempre avuta in mente
e ora che incombe ne senti il profumo
che poi si concretizza nel mai visto.
Da San Rufino, non ignoro pietra,
negli elementi aleggia il misticismo
e nello filosofico simposio.
Francesco e Chiara, amore, mi’ Signore,
appaiono in sembianze di santuario,
dovrei scriver cosa? Non ho parole!

Ho avuto il mio piccolo miracolo,
sorella luna mi ha rimandato te,
matre terra il rammarico è annullato.
Questo scenario ascetico lo dice,
possibile è dittar di humilitate,
vorrei essere tuo fratello sole.

(Impossible don’t write something)

132 assisi

Endecasillabi sciolti.
(XXVII.XLIII – 3.9 Assisi)

VISIONI LAGUNARI

Nella laguna scandagliando miti
sapore di Venezia ha la leggenda,
dei luoghi di mare essenza e vicenda,
estro d’isole dei sardi pelliti.

Piccolo molo di pensieri arditi,
Per mare e per terra m’offre la sponda
di epici viaggiatori seguir l’onda
navigando to Pellestrina city.

E si allontana il regno del gato,
storie d’avventuroso cabotaggio,
mentre emerge della tua rosa il fato.

Bocciolo gradevole incline al saggio,
nel buio agli occhi si traspone il tatto,
gli ardori più impensabili incoraggio.

Ave Signora nera,
san Marco ombra e lumera.

131 visioni lagunari

Sonetto con coda
(XXVII.XLIII – 31.8 Pellestrina/Venezia)

SEDUTO IN CONTRADA A PENSARE

Balenii in tour sulla carretera  est,
movenze del corpo della ragassa:
copre, scopre, accavalla, inarca, mostra
e scruta fuggente l’effetto intorno
dei sensi e provocanti prominenze.
Vagheggiata da tempo la tua fama,
il tuo esser distillato di cultura,
accademia de a marca medievale,
rivedo in te ora questo o quello scorcio,
deja vu di me errante, banduleri
in lustri di rara consolazione.
Consumo il rito dell’esplorazione,
colpo d’occhio turba, è viaggio nel viaggio;
fin qui la nomea di Francesco e Chiara
e ha visto luce e gloria l’Urbinate.
L’aquilone di tue dieci contrade,
sintesi in parco della Resistenza,
pensiero di Justine trapassa il prato.

130 seduto in contrada

Endecasillabi sciolti
(XXVII.XLIII – 28.8 Urbino)

EL FÒNTEGO

Come conviene in un giorno da lupi
in cui non cala buio o scorre orario,
ora sono qui a sbarcare il lunario,
compongo acché festa amena non sciupi.

Trancio la pizza, osservo, rimo in –upi,
la rossa inebria, bado al brand birrario,
echeggia una babele nel granario,
potrebbe udirsi pure lingua tupi.

Ricorda un grand hotel più che un fondaco,
serve un sensale in abiti da paggio,
mi aspetterei il conto con l’abaco.

Il sole ancora irradia sul paesaggio,
piazza dei “rossi” in una luce indaco,
tra ponte e stendardo quasi un miraggio.

128 el fontego(XXVII.XLIII – 24.6 b Chg)

GIÀ M’AVEAN TRASPORTATO I LENTI PASSI

Campanili svettanti e miraggi veo,
fantareale transito di bagnanti,
aspra mistura, e improvvisamente…
Sull’uscio di santa Maria Maggiore
scruto quasi regolari asofìedri:
sarcasmi yometrikì di san Vitale,
spunte repentine da realizzare
per assuefazioni contemporanee
da stravaganti contaminazioni.
Tratti spioventi, tondi, poliedrici
poligoni, piccoli, grandi, retti
angoli, archi assortiti a tutto sesto
e semiarchi, soprarchi a digradare.
Sulla destra Galla Placidia, mýthos,
con un covone d’oro che la guarda,
regolare, tranquilla, compensante.
Padroni di questo spazio gli uccelli
che mi svolazzano sul naso audaci.
Oudeís e dèu! Ogni tanto un passante
abitudinario, avvezzo a tal luogo,
va oltre, ignaro di queste emozioni.
Davanti a me teorie di sante e santi,
mosaici e ori sfilo trasognato,
lo stesso Dante gira per la piazza.
Già m’avean trasportato i lenti passi
ove m’abbaglia quella luce intensa
d97 Già m'aveanegli occhi azzurri delle ravennati. 

Eccomi dunque in quell’eden fino ad allora solo sfiorato ed esaltato in me ancora di più dagli studi d’arte medievale; un’emozione immediatamente tangibile e non ci sarebbe molto da aggiungere, se non λέμε αργότερα.
Endecasillabi sciolti.
(XXVI.XLII – 23.6 Ra)

Απαγορευμένο για το αδιάφορος
Verso 5 – asofìedri: neologismo per poliedro indefinito, da ασαφής = vago e ἔδρον = faccia
Verso 6 – yometrikì: traslitterazione di γεωμετρική = geometrici
Verso 19 – Oudeís, leggi udìs, da ουδείς = nessuno
Verso 19 – Dèu: dal sardo io. Sottile differenza tra e latina lunga e breve. Con la e breve/chiusa, Déu significa Dio.
Verso 25Già m’avean trasportato i lenti passi: è il 22° verso del XXVIII canto del Purgatorio di Dante.

VOLTI LEGGIADRI E CORPI INCROCIAN GLI OCCHI

Fluire di viaggi dei sogni assortiti
in un gelido ottobre inconsueto,
denti che battono, gambe tremano,
volti leggiadri e corpi incrocian gli occhi.
Perfino la locandiera è a tono,
conferma visuale dell’itinere,
lezione comparata d’arte e storia,
volti leggiadri e corpi incrocian gli occhi.
L’autrice della silloge ha lustro,
zumo su Lulù after the interview,
dig up the past with first love in book launch day,
volti leggiadri e corpi incrocian gli occhi.
Mescola di bidoni compensati
da promessa solenne of my pretty,
la giornata scialba acquista sapore,
volti leggiadri e corpi incrocian gli occhi.
La maitresse dirompente nel sollazzo,
verve sulle dolci conferme de ma belle,
ainsi est plus doux via Giulia sous la pluie,
volti leggiadri e corpi incrocian gli occhi.
Sveglie indimenticabili di Justine
dolci i baci e i ti amo… e le sere
la sua voce, il riso, scaldano il cuore…
poi il ritorno, per onorare il patto.

91 volti leggiadri

In uno stato globale in cui the masses, ma anche gruppi di persone di buon senso, di ogni colore e religione, di ogni tutto, non riescono a modificare una virgola di ingiustizia, di infamia, capita di riflettere su quale sia il nostro potere o la nostra impotenza, penso ci resti solo la speranza. Se almeno le buone speranze si unissero per sbaragliare il male (che non è quello cui alludeva Bush jr., ma è lui stesso e quelli come lui), la fame, i signori della guerra, la tirannia, il ladrocinio, la violenza… Certo, ci si fa prendere la mano, si dilaga, quando ci resta solo il pensiero. Si cammina tra la folla, assenti, pensando magari all’attinenza incrociata tra viaggio e trip, mentre moltitudini si spostano, come nei tempi antichi, il dolore è diverso, ma c’è sempre. Viaggi, voli magici, che non hanno bisogno di erbe e narghilè, ma possono essere fantastici essendo comunque presenti a se stessi. L’erba più buona è la fantasia, la creatività, ciò che vedono gli occhi, l’amore, il bene, la pace, l’uguaglianza, la giustizia giusta, la bellezza, il piacere sempre più raro di condividere quest’erba con gli altri. Questi endecasillabi sciolti nascono ancora in viaggio, con una pluralità di mezzi, non escluso il cammino, che è un modo bellissimo di viaggiare, come lo è il pensiero stesso, che ha gambe e ci porta per la città, sotto la pioggia, tra la gente o con la sola compagnia delle pareti dei palazzi di un’antica via. (XXV.XLI – 22.10 Rm).