FASCISTE!

Siso sul muretto senza stile
dello mio ateneo non nuovo
maldestra giunge goliardica
la voce stonata mattutina

Avvolto da chimerico alone…
non ho nessuno da attendere
prima sì… Serena o Lisa, non so
NICHTS! KEIN! Non lo capirò mai!

Galehaut le roman… et captiva!
Placcava, gestiva, conduceva. Silenzi…
Voto senza poesia… e razionalizzò.

fascista, assiso, ateneo, goliardo, nichts, galeotto, captiva, romanzo, voto, fiamma

Sensazioni, attimi, momenti, istanti, lampi, fotografie e brevi ciak cinematografici, in un tempo che scorre, travolge, cambia, ritorna, svanisce, eppur si muove e mai si ferma.
Così il troubadour, assiso sul poco poetico muretto, ode, osserva, percepisce, ragiona, deduce, sentenzia, ricorda, stupisce con sarcasmo immutabile e sul volto una smorfia di riso sardonico.
Complicato spiegare il mondo, ognuno se lo spieghi da se… si possono tollerare al massimo gruppi di due, oltre siamo già all’adunata sediziosa.
In fondo niente è come sembra, ma se spesso sembra, ci si interroga.
Mi limito a precisare che il titolo non allude a una trattazione, ma è semplicemente un’ingiuria in francese.
Scrisse Virgilio, illustremente citato, “adgnosco veteris vestigia flammae”, trattavasi certamente di altra fiamma… sebbene anche lui fosse fissato con la patria italica.
(XVIII.XXX- 6/11.4 A)

STILLE DI MEMORIA

Stille di memoria avanzano
alternando fotogrammi e movie
in un tenue alone black and white
nell’incerto sogno mattutino

Fluttuante tra nebbie celtiche
rivarchi il portale del Virgilio
…ho in pasto tua piuma di miele
immobile al centro di via Giulia

…E dopo questo non c’è più nulla
Se passassi di là mi vedresti ancora
oramai eterna stele che ribrama l’Eden

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In sardo esiste la parola precisa: sùrtidu… ciascuna frazione di sonno fino ad ogni risveglio (non mi proponete pisolino, pennichella, sonnellino, che hanno differente valore semantico e al massimo rappresentano solo una parte del significato). Su sùrtidu è un’unità di misura ancestrale, quando è unico vuol dire che si è ben dormito, ma più comunemente se ne hanno lunghi e brevi… poi ci sono quelli del mattino, intorpidenti, e l’ultimo è avvezzo al sogno, al sogno che si ricorda.
Così sono nati questi versi, dall’ultimo sùrtidu di un mattino di fine primavera; dittati, magari non da Minerva e Apollo, ma tant’è; peraltro io non sono Dante… Fu la prima volta, perchè è accaduto di nuovo, alcune altre… Un fenomeno delicato, piacevole… E come non cercar di trarre insegnamento dal poeta? “I’ mi son un che, quando/ Amor mi spira, noto, e a quel modo/ ch’e’ ditta dentro vo significando…”.
Brutto ferire quest’atmosfera con annotazioni tecniche, ma devo dire, per quanto possa essere critico di me stesso, che considero questo brano un preciso punto di svolta della mia maniera (“Voi ch’avete mutata la mainera/ de li piagenti ditti de l’amore…) di versificare.
(XVII.XXIX-10.6 A)

LE NOSTRE NOTTI

I nostri corpi si muovono attenti,
si sfiorano silenti, si pressano,
irresistibilmente attratti da
un’essenziale affinità basica.
Le nostre menti già oltre il tempo
nutrono la frenesia istintiva
di un desiderio travolgente… e
su per le scale ormai ti agguanto.
“E allora?” Colpo d’occhio allusivo,
dissimulante, ed è eretto, ficcante.
Dialogando di giustizia sociale…
Il tuo respiro si fa implorante,
navigo nel buio anfratto tra cosce,
aneliti, seni, docile bocca,
avvolti nell’amplesso deflagrante,
mollezze, umori, baci, carezze…
Come!

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Scritta dopo una delle nostre notti di veglia e in questa notte e solo in questa, mi hai chiesto dei versi… e sono stati subito questi.
Endecasillabi sciolti… caudati.
(XXVII.XLIII – 11.2 A)

DONNA M’APPARE E MI PLACA IL CUORE

Donna m’appare e mi placa il cuore,
ha preso e avvolto il mio pensiero,
ei in lontananza parmi sia Amore
ma da vicino disconosco ‘l vero.
La gota sua spande il mio ardore,
Eros ha impetrato il sentiero
e benché interdetto dal furore
ho chiesto le sue labbra guerrigliero.
Come sole nel primo equinozio
da splendente tosto s’è oscurato
al passo di nube in precipizio,
così il suo volto da giocondo, irato
mi mostra della luna il giudizio.
Tramo l’ignoto e capto l’errato.

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Dopo un percorso iniziato con la prima adolescenza, siamo a dei flashback dentro le aule dell’Università.
La ripresa intensa e approfondita degli studi letterari ha ispirato questo sonetto di vago sapore stilnovista.
Uno sguardo fulmineo e inatteso, un contatto, una tenerezza, e altrettanto improvvisamente il percorso opposto ugualmente imprevisto, sorprendente e per certi versi inquietante ed enigmatico.

(XVI.XXVIII- 6.4 A)

ABOUT PROMENADE…

Scusa se ti chiamo amore
e son lievi queste parole…
Minerva spira d’improvviso
ora ch’è ita mi rendo conto.
Queste notti abbracciato a te
l’hanno scossa… Sorpresa, paura…
della libertà del nostro a.
Flash all’inizio di via Giulia
che percorriamo avvinghiati,
ogni dieci passi un bacio.
In fondo, al centro della piazza,
violeremo i sampietrini
sfilandoci il nostro casual,
con l’approvazione delle acque
fluenti oltre il muretto…
e il traffico lento ammiccante.
Stupenda la presentazione…

68 promenade

Interrompo la pubblicazione dei versi in limba e anche la proposizione cronologica dei miei brani, per pubblicarne uno relativamente recente, esattamente di un anno fa.
Diverse volte in passato mi è stato chiesto di pubblicare brani attuali, fino ad ora ho seguito la mia linea, se adesso faccio un’eccezione è perchè ci sono dei motivi molto importanti.
Il brano, scritto il 28 marzo dello scorso anno, è dedicato alla donna che amo, è passato un anno e la amo sempre di più. E’ un momento difficile ed è necessario che lo dica al mondo che il mio cuore è impegnato con Lei, e inizio qui.
Il brano, in novenari in parte irregolari, ha un titolo che porta il suo nome, dunque qui ne compare uno provvisorio.

Si tratta della trasposizione del sogno fatto quella mattina, nel dormiveglia stesso si formarono i primi versi, come se fossero dettati… Un fenomeno già accadutomi alcune volte.
A Roma per la presentazione del mio libro, utilizziamo la mattina per visitare la città, le nebbie del ricordo si alzano all’inizio di via Giulia che percorriamo tutta, ebbri di passione, finchè alla fine, dove la via si congiunge con il Lungotevere ci stendiamo sul selciato…
(XXV.XLI – 28.3 A)

ENIGMA

Questo giorno è importante per te,
nascesti e forse pensi come.
L’uomo che hai scelto come parte
ha bisogno della luce del tuo volto;
ormai nel mondo più nessuna
potrà averlo come compagno di vita.
Libera, conquistando nuovi diritti,
diventasti regina da bimba;
se prigioniera, evadevi col pensiero.
Mascheravi molto bene
i sentimenti,
i tuoi desideri
li trasmettevi
nella mente altrui
stravolti.
Sei sempre stata influente
e per me relegato nell’ombra
eri una grande incognita.
Affinando la tua bella figura
hai goduto la gioia spensierata
con l’aiuto del tuo corpo fremente.
Ora hai trovato la tua vita
avendo conosciuto l’amore
e fatto felice un essere.
La tua indole estrosa
non è mutata,
nella lotta per il trionfo,
nello speciale brio;
volendo puoi simulare
ogni tua azione.
L’incanto, sostituendo la tristezza,
ricorda il tuo viso a qualcuno
che sorride all’invito d’amore.
La voglia di creare nuove vite
scaturisce dalla tua pelle,
poi l’immagine scompare.
Chi ha scorto in te umanità
e padronanza di idee
lo hai scelto e ti attende.

26 enigma

Questo è un omaggio al mio primo amore (mentre era in corso e si avviava al suo anniversario) in occasione del suo diciottesimo compleanno. “Primo amore” non è certo una definizione chiarissima: in questo caso mi riferisco a quello vero, militante insomma, non una cotta effimera tra i banchi di scuola o un’angelicata unilaterale.
La protagonista la conosciamo già, è la stessa di Momenti di un amore, Paradiso I, Paradiso II, Alienazione transitoria.
Il titolo originalissimo era il nome della ragazza, subito modificato per la necessaria riservatezza. Enigma è un riferimento alla donna in senso lato, al mistero che si cela dietro ognuna di loro e che credo di essere ancora lontano dal risolvere.
Pochi gli emendamenti al brano originale:
verso 6: “compagno” era ideale
verso 7: “conquistando nuovi” era “valendoti dei tuoi”
verso 17: “relegato” era appartato
verso 25: “estrosa” era profonda, poi singolare
verso 31: “sostituendo” era assopendo
verso 34: “La voglia” era “Il sapore”
verso 39: “e ti attende” era “è il tuo fedele”.
Nel brano si alternano due scelte metriche, ma originali.
(IV – 21.6 A)

Music:
(inciso)
SOL MI LA
SOLb SOL MI
LA SOLb SOL
(ritorno)
SOL SOLb
MI SOL
(IV – 21.6 A)

PARADISO (evasione)

Dopo le minacce
ti sbilanciasti poco.
Ti diedi solo un fiore
ormai superato,
ma reso originale:
che giorno sprecato!
Qualcosa era cambiato,
evadere i controlli
non era facile.
Finì la carestia;
avevo il cuore in festa
nei campi selvaggi;
nel nostro rifugio,
storditi dal delirio,
colti nel fallo.
Scappare
verso il dolce dovere,
sotto il cielo,
al centro dell’asfalto,
sperimentando
l’amore d’avanguardia.
Il buio senza te
non mi dava pace.
Tornasti trasformata…
in fretta a ritrovarti,
che strano non capirti.
Cercavo il paradiso
tra gli alberi e la pace,
dapprima poco amore:
non è bello aspettare.
Insieme penetravamo
tra le rocce aguzze:
testimone la natura;
l’ardore testimone
nella divagazione
della nostra alienazione.
Visite
evitarono la fuga
per raggiungere
la “pianta del futuro”
e calmare
la mia disperazione.
Qualcuno ci aiutava
a vivere i sogni,
ma cercavi un trono;
non bastava una pietra,
tra sentieri surreali
e caverne vegetali.
Tra tanti richiami,
nel sapore di un bacio,
pensavamo ad altro:
raffiche di mitra
dovemmo subire
per quell’evasione.
Fingevi ingenuità
nell’addio all’avventura,
distruggendo la paura.
Finiva
la dolce realtà,
il calore
di colpo si freddò,
le tenebre
ancora ci separano.

evasione,fuga,adolescenza

Seconda parte della suite omonima, caratterizzata da una metrica più incalzante e da situazioni più frammentate, da minore libertà d’azione dei protagonisti, con il passaggio dalla libertà all’evasione, dal poter agire liberamente, al dover farlo di nascosto.
Questa parte ha subito ancora meno modifiche della prima ed è stata scritta solo qualche settimana dopo, in generale valgono dunque le stesse osservazioni fatte in precedenza.
(III – 2.10 A)

Music:
MI- … LA- … DO (5 vv.)
MI- … LA-  (2 vv.)
MI- … LA- DO
(e si ripete…)
(III – 7.9 A)

PARADISO (libertà)

 

Sappi che ho sempre atteso,

con ansia, il tuo arrivo.
Ricordando gli anni trascorsi,
non credevo al tuo esordio:
volevi stare insieme a me,
fuori, a parlare.
Contro voglia andai alla festa,
ma la mia mente restò con te;
al rientro baciai i tuoi “bei sogni”.
Gli amici capirono i nostri desideri,
ci ritrovammo soli;
di sera il preludio, poi fastidi,
quindi insieme in “paradiso”.
Star lontano da te era bere un veleno.
Nei pressi dei campi di pero
fuggivi la mia passione;
giù, nel ruscello,
non percepivo i tuoi pensieri.
Nascosti da un vallo di terra,
ci scaldammo le labbra
e un rumore ci bloccò.
Con le spalle al paese
i nostri corpi in perfetta fusione:
i cuori una caldaia rovente,
le bocche fumaioli tappati;
dopo il ristoro chinavi il capo:
non c’era niente di male!
il mio “cammino” tanto impetuoso
stavi su di me e ti dissetavo,
carezzavo la tua pelle morbida.
Quel mattino insieme al mare
c’era voglia di appartarci;
le mie “doti” metapsichiche
vidi sfumare in compagnia.
Stesi al sole giocavamo con i corpi,
le nostre membra chiedevano amore:
un “paradiso” poteva sfamarci.
Stesi ai piedi di un pino,
mimetizzati nell’abbraccio,
ti sfioravo con dolce furore.
Non c’è da chiedere perdono
per peccati di lussuria:
del celestiale era in noi!
la tua sincerità era palpabile,
non sognavo e non dormivo,
volevo solo amare.
Ti lasciai il mio segno.
Mutasti in bimba pudìca,
quando troppo pretesi:
sfuggivi al pulcino
rinato serpente,
col quale scambiavi
acido straziante e bollente.
Le rovine dei nostri templi:
labbra e corpi infuocati,
in un mondo che capì.
Con viva realtà, al ritorno,
simulammo normalità.
Subisti precise allusioni,
un tuo annuncio mi preoccupò:
il mio cuore pieno di angoscia
avrebbe potuto già perderti allora,
con i miei segni sul corpo e nell’anima.

  

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Il brano descrive l’apice della passione introdotta nel brano precedente. Difficile riportare su carta quelle sensazioni, quei sentimenti; per dirla col Poeta “il mio veder fu maggio che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio” (Comedia, Paradiso XXXIII, 55-57). Il titolo non è dunque casuale. Tanto è vera la citazione che, questo brano, salvo qualche opportuna correzione linguistica, è fedele all’originale, quasi per un religioso rispetto. E’ stato scritto poco più di un mese dopo il precedente, dunque sempre a sedici anni. Mi avvicinavo decisamente in quel periodo alla progressive music, per cui il brano è stato concepito come una sorta di suite, dove la “musica” sono le parole stesse, vista la vastità (c’è ancora una seconda parte e del corpus fanno parte anche Inferno – alienazione transitoria e Purgatory – strumpet, già pubblicati).
Mi sento di confermare (è risaputo) che è più facile scrivere del dolore, che della felicità; del brutto più che del bello; del negativo piuttosto che del positivo… Ovviamente c’è qualche grande eccezione: Dante, ad esempio, ha scritto un magnifico Paradiso; non so se i dotti dovessero attendere un Benigni per capirlo, considerato che la terza cantica della Comedia è stata sempre ritenuta la minore e così non è. “Ci sta” invece che ci piaccia di più la descrizione della sofferenza, anziché della felicità.
Quanto al mio lavoro, visto che descrive (poche settimane dopo l’evento) un momento straordinario che ho vissuto, può essere banale quanto volete, ma in questo caso specifico lo guardo come qualcosa da venerare.

(III – 18.9 A)

Music:
MI- … LA- … MI-
RE … LA- … RE
RE … MI- … LA
RE RE- LA- MI- (e si ripete…)
(III – 13.8 A)

MOMENTI DI UN AMORE

 …Poi restammo soli
e aumentò la mia voglia;
misi fine agli indugi
posando il capo sul tuo seno,
avvertii un fremito.
L’oscurità celava il paesaggio, per strada
soltanto un cane.
Stavo adagiato su di te, muovendoti
mi carezzavi.
Ebbi paura che volessi smettere, interruppi
i preliminari.
Ti baciai con impeto, perdesti
il controllo dei sensi.
Al buio sulla soglia di casa
ci congiungemmo;
l’abbraccio fu eccitante, desiderai
palparti la pelle.
Amavi con dolcezza e provai
buone vibrazioni.
Ignoravi di avermi sedotto, lo svelai,
rimanesti incredula.
Subentrava l’infelicità, se per un attimo
ci separavano.
Un furore sconosciuto saldava
gli attesi incontri.
Una sera, soavemente, cedesti
sotto un arcale.
Nella notte fonda, senza luna,
giocavamo coi nostri corpi.
Privi di meta, fuori dal mondo, ma coscienti
della libertà,
cercavamo di appartarci, evitando
ogni compagnia.
Cambiò la vita improvvisamente, i problemi
si dissolsero.
Usavamo con cura ogni istante
nello stare insieme;
tante volte l’incantesimo terminava
per un rumore.
Un giorno corresti via angosciata
udendo un richiamo:
era tua sorella che ideò
il cattivo scherzo.
Ora sei partita, ma ricordo spesso
i nostri momenti.

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Inizia con questo brano una seconda fase della mia adolescenza; già scoperto l’amore, le forti passioni, fulminanti o durature, improvvisamente a sedici anni, all’amore si aggiunse il sesso: fu una fortuna che non siano stati disgiunti. In tal modo lo conoscevo già, in vari giochi, il più noto quello del “dottore”, in cui fin da piccolo ebbi anch’io modo di cimentarmi.
Ma qui si trattava di altra cosa: sensazioni indescrivibili, che interessavano tutto il corpo, stomaco e intestino compresi. Il primo bacio, darei non so cosa per ridarlo, per i momenti che l’hanno preceduto e quelli che lo hanno seguito. Ho avuto la fortuna di scambiare il primo bacio con una ragazza che amavo davvero (sedici anni, difficile essere credibili, ma quello era solo l’inizio di un folle amore, tanto “folle” che è stato necessario internarlo, recluderlo, e più volte…).
I versi, i primi di tanti su questa storia (alcuni già pubblicati, es.: “Alienazione transitoria (inferno)”, sono come dei flash che illuminano dei momenti notturni. Anche questi hanno subito una revisione per la solita fobia di banalità e retorica, ma ritengo utile riportare qui sotto l’originale, con un’operazione meta-filologica: evidentemente la revisione non ha saputo mantenere alcune importanti sensazioni ancora calde. Devo ammettere che quell’impulso che mi spinse a modificare il testo, è ora scomparso. Non scrivo così ora, ma so apprezzare l’efficacia del testo originale; allo stesso tempo sono cosciente delle cause, anche “storiche” e in parte pudiche, di una revisione. Il primo titolo era “Saturno (al buio)”.
(III – 5.8 A)

SATURNO (al buio)
Fummo finalmente soli/ e in me nacque un sentimento;/ non sapevo da dove cominciare,/ assaporavo il tuo corpo fresco,/ unitamente al tuo spirito caldo./
Nella notte “dormiva” la casa, l’ultimo cane/ era passato già./ Sul tuo grembo mi adagiai e il tuo corpo/ carezzava me./
“Stai dormendo?” sussurrasti; strinsi i tempi,/ dicesti “Non puoi…”/ ma forzai la tua bocca, mi accettasti/ quando vi entrai./
Abbi fede in Saturno che ci guarda,/ il nostro sangue unirà./
(prove di paganesimo!, ndr)
La mia mente senza alcool, ma era pazza,/ bramava la tua pelle./ Nel piacere eri soave; forti sensazioni/ mi appagavano./ Il mio peccato era amarti tanto; mentre il tuo,/ non credermi sincero./ Da beato a condannato io mutai,/ salivi ormai le scale./
O Saturno, dacci un lembo del tuo anello,/ le nostre dita ornerà./
Ricordi quella sera che, affamato,/ sotto un arco ti gustai?/ .. e la sera, senza luna, che il tuo enzima/ si mescolò col mio?/
In salita, in discesa, sulla strada,/ sapore di libertà!/ Chi sapeva e “non vedeva”, in una curva vide/ le nostre effusioni./
L’universo volta faccia, non ci guarda,/ Saturno ci abbandona?/
Un’altra notte poco propizia, quanta voglia/ di tenerti con me./ Il rombo di un motore mi deluse, mi sollecitò/ a nascondermi con te,/ ma il ristoro durò poco, sulle labbra,/ cibo del mio amore./ Un richiamo, un sussulto, una corsa,/ mi tolsero ogni gioia./
L’hai presa, diavolo d’un Saturno; ma il tuo anello/ le nostre dita ornerà./

Accompagnamento musicale:
(inciso)
DO…….
LA- … MI- LA  MI
(ritorno)
MI… LA- … DO… MI- LA  MI (e si riprende).
(III – 4.8 A)

A VELIA

Cosa ti è successo
dolce sorella?
sembravi una come tante…
Pare che tu
sia cambiata
o sei stata sempre così?
Forse sto sognando
e non ragiono
o manco di sensibilità;
è meglio che
risponda tu
al mio dubbio.
Lasciami osservare
il tuo fascino
seducente e incantevole;
guarda in te stessa,
verrai a conoscenza
dell’aspirazione al bene.
Alla gente hanno detto
criminali falsità,
tu puoi far molto per la verità.
La libertà
si ottiene
liberandosi dal sistema
che ci ha imposto il regime
fin da bambini.
Compagna,
smascheriamo insieme
i tiranni menzogneri:
il potere
deve essere distrutto.sognatori,pacifismo,sensibilità,alberti,paperblog,velia,pace,divinità,sorella,dos tierras

Se dovessi dare un titolo a questo brano (un altro dei miei sedici anni) sulla base del periodo formativo che tratta, potrebbe essere Entre dos tierras (che potete ascoltare a questo link http://diaryofboard.blog.tiscali.it, con speciale dedica ad Anina).
I versi di questo periodo esprimono infatti una fase di transizione alternando, amori, delusioni, cronaca, rivolta, individualismo cristiano militante (difficile rendere l’idea, ci provo così), primi approcci movimentisti. Il brano, stravolto e ridotto, è dedicato ad una mia compagna di scuola (II superiore), la più sensibile della classe, quella che amava divertirsi, era anche ripetente, ma si commuoveva e versava lacrime vere di fronte a ingiustizie consumate vicino o lontano da lei nello spazio e nel tempo o anche solo nell’udir parole di approvazione per esse. Sognatrice, amava i poeti spagnoli, come Rafael Alberti (balada para los poetas andaluces de hoy). Nell’Istituto, un vecchio convento, per starci tutti dovevamo ricuperare degli spazi, tra archi e colonne. Io stavo in un banco laterale rispetto alla cattedra, e sedevo “perpendicolarmente” a lei e alla sua compagna di banco, per la quale mi ero preso una cotta e con la quale condividevo gusti più sbarazzini e il dutch sound. Erano entrambe più grandi di me, mi adottarono come mascotte… ma questo è tema di altri racconti.
In origine il titolo era Divinità (a Velia), poi il sottotitolo divenne “pace inerme” e dopo la revisione “Ad una dolce sorella” (forse dalle suggestioni di Rustichelli & Bordini). Come ho fatto in altri casi, in questa sede opererò un ripristino…
Il testo coglie l’attimo di cambiamento di questa diciottenne da ragazza je-je ad impegnata…
(III – 3.6 S)

Music:
LA
FA
SOL MI   (due volte)
LA RE
SOL DO
DO RE

LA
FA
SOL MI
SOL
MI
(IV – 17.12 A)