PANI ‘E TZÙCURU

Movi de unu furriadroxu
afac’ ‘e Funtanamari
e de is iscòlius de Nèbida,
asut’ ‘e càstius a spèntumu in su mari.
Issu giogat a cuai
me is furriadas po Masùa
e ingui cumparit magnànimu,
arbu bastioni de Sardigna.
Su monti Guardianu
e sa cal’ ‘e Gonnesa
càstiant is cadreas minerarias
de sabori esitziali.
Un’incueddu de s’ànima de Amsìcora
s’est cuau innoi
e narat cun is undas:
« ciuciustai! ».

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Torna il sardo, che in questa fase si alterna all’italiano.
Quel pomeriggio di agosto vidi per la prima volta il “Pan di zucchero”, così è stato denominato l’enorme scoglio che sorge davanti a Porto Flavia, nei pressi di Masua, nel territorio minerario di Iglesias. Qualche tempo dopo cercai di descrivere le mie emozioni, tentativo forse velleitario, giacché si comprendono solo vivendole.
Tuttavia è l’emozione che si prova talvolta quando si viaggia verso un luogo sconosciuto e che si desidera vedere da tempo, immaginazione e realtà si fondono e creano la magia.
La zona bellissima e grazie al cielo ancora risparmiata dal turismo di massa, è stata oggetto nel tempo delle attenzioni coloniali e governative, uno degli effetti è il tentativo di inserire toponimi strangius, come anche quello del nostro scoglio. Mi piace per questo lodare l’impegno della Sardegna per il ripristino degli antichi toponimi.
(XV.XXVI – 27.10 A)

Traduzione:
PAN DI ZUCCHERO
Partire da una fattoria/ nei pressi di Funtanamari/ e dagli scogli di Nebida,/ sotto vedette a strapiombo sul mare./
Quello gioca a nascondino/ nelle curve per Masua/ e lì appare imponente,/ bianco baluardo di Sardegna./
Il monte Guardianu/ e la cala di Gonnesa/ guardano le cattedrali minerarie/ di sapore esiziale./
Un pezzo dell’anima di Amsicora/ si è nascosto qui/ e sussurra con le onde:/ “giù le mani”!/

PANI ‘E TZÙCURUultima modifica: 2010-09-30T23:49:00+02:00da thewasteland
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8 pensieri su “PANI ‘E TZÙCURU

  1. Si può soffrire di saudade senza mai aver visto una terra?
    La tua poesia me la fa vivere come se fossi lì…

    Tuttavia… “ciuciustai” l’avevo tradotto diversamente.

  2. Buon compleanno…

    Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
    E questa siepe, che da tanta parte
    Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
    Ma sedendo e rimirando, interminati
    Spazi di là da quella, e sovrumani
    Silenzi, e profondissima quiete
    Io nel pensier mi fingo, ove per poco
    Il cor non si spaura. E come il vento
    Odo stormir tra queste piante, io quello
    Infinito silenzio a questa voce
    Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
    E le morte stagioni, e la presente
    E viva, e il suon di lei. Così tra questa
    Immensità s’annega il pensier mio:
    E il naufragar m’è dolce in questo mare.

    Io ora mi sento così

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