PURGATORIO

Apro la porta
e dal davanzale della finestra
scorgo l’orizzonte artificiale
del purgatorio.
Vicino alla grondaia,
un cavo di ferro,
lega una colonna alla mia cella plenaria.
Devo pregare
con una donna;
ella sembra un agnello
d’oro fuso,
invece è dannosa:
ha solo lucidato
la sua peste e trae dalla cenere
la sua parola d’ordine,
in una cornice
marcata a fuoco.
‘Non sono vegetale
o minerale,
scelgo l’amore,
non la ruggine;
semino catene di corna’.
Ma non lacera
i sentimenti raccolti nel suo diario.
Nel mio itinerario
vedo il suo viso,
dopo una scossa,
entrare nel mio fragile cuore.
L’aria calda e la sabbia
sollecitano un bagno nel mare salato;
nel solarium
la pressione
del mio sangue
chiede una spinta carnale:
è il mio peccato
nel purgatorio.
Sulla piazza,
nella confusione,
mette in pratica
il suo motto:
è troppo facile sedurla.
Quando l’elica gira,
l’aria fresca
va sulla sua pelle nuda;
nella sua stanza buia
riscaldo i suoi brividi.
Non posso
rimuoverla dalla mia mente.

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Con “Purgatorio” termina la trilogia del “dolce amore”. Una “Comedia” un po’ al contrario, o almeno disordinata, che inizia con i due momenti del Paradiso ed è preceduta dall’Inferno.
Il Purgatorio, dopo la sofferenza acuta, rappresenta il tempo mediano in cui si fondono rassegnazione e speranza, si vive un po’ sospesi, appesi a notizie, suggestioni, pensieri, episodi…
Una giornata al mare, un incontro improbabile, simpatia contingente, lusinghe, contatti e tenerezze vorrei ma non posso… Una giornata normale, ma diversa, rappresentata come una sorta di apocalisse digradante, che la lingua inglese mi sembrava facesse apparire in una dimensione più irreale.
Il mio diario di allora la definiva “impressioni…” (sulla giornata e sulla protagonista), precisando doverosamente che “strumpet” non ha un’accezione negativa, semmai provocatoria rispetto al giudizio della gente sulle ragazze naturalmente affettuose.
L’unica variazione riguarda l’eliminazione degli ultimi tre versi, piuttosto retorici e sentenzianti, mantenuti nella versione inglese.
(III – 16.11 Sestu)

PURGATORY (strumpet)
(versione originale)
I open the door/ and from the window sill/ I perceive the artificial horizon/ of the purgatory./ Near the gutter/ a cable of iron/ ties a column to my plenary cell./ I must pray/ with a woman./ She looks like a lamb/ of molten gold,/ instead is harmful./ She has only polished/ her black death and takes from ash/ her password/ in a frame/ brand marked:/ “I’m not vegetable/ or mineral,/ I select love/ not rust;/ I issue chain of horns”./ But doesn’t rip/ the feelings collected in her diary./
In my itinerary/ I see her face,/ after a shock,/ come into my brittle heart./ The hot air and the sand/ solicit a bath in the salty sea./ In the sunning place/ the pressure/ of my blood/ needs a carnal push./ It is my sin/ in the purgatory./ On the square/ in the confusion/ she carries on/ her slogan./ It is so easy to seduce her./ When the screw turns,/ the fresh air/ goes on her nude skin./ In the darkroom/ I heating her chills./
I cannot/ remove her from my mind./
We condemn/ the strumpets/ without know their anxiety./

Questo brano in origine fu musicato in questo modo:
MI SOL LA SI (I open…of the purgatory, un accordo per verso e si ripete fino ad harmful)
RE LA- (per i successivi sei versi, poi si riprende alternando).
(IV – 16.4 A)