RIUNIONE PASSIONALE

Mentre andavo a una riunione improvvisa
il sole era ancora alto,
così notai il cambiamento entrando
in una stanza buia;
attesi che i miei occhi si adeguassero
a quell’atmosfera,
per vedere con chi ero là dentro
dove già era la luna.
Un raggio di sole colpiva
il corpo di una donna,
mi adagiai vicino a lei che
si diede ai miei istinti,
Le sue membra fremevano e mi davano
sensazioni previste,
le mie mani studiavano la sua calda pelle
come automi;
la liberai dalle vesti,
la mia bocca carezzò il suo seno
e il fumo della mia sigaretta
passò ai suoi polmoni.
La musica di sottofondo addolcì
le sue prime parole,
capii che tutto ciò per lei
non era usuale,
così la strinsi con sincerità
per la prima volta
e andai via dicendole:
“Se ti vedrò ancora
ti consolerò”;
quando varcai la soglia, la luna
era già alta.

moon, passional, atmosphere, woman, instinct, limb, sensation, hot skin, breast, underground

Anche questo brano è stato concepito in inglese, il titolo originario era Moon (passional reunion). Avevo 17 anni e la scelta della lingua è legata alle scelte musicali di allora e alla voglia di usare i versi anche musicalmente. Il passaggio all’italiano deriva dal fatto che la versione inglese potrebbe contenere degli errori grammaticali imbarazzanti, tuttavia la riporto in calce.
Sentimentalmente ancora nel periodo “penitenziale”, ebbi altre conoscenze rocambolesche, nuove esperienze rivelatesi assolutamente temporanee, delle quali tuttavia il brano fotografa solo un quadro. Le annotazioni sul diario in questo caso non fanno testo perché sono sminuenti.
Nonostante un’immagine del brano, preciso che non fumo e anzi lo combatto. L’ho fatto da adolescente per atteggiamento, ma è stata una cosa stupida e nociva. Smettere non è difficile se si tiene alla propria salute.
(IV – 27.9 A)

MOON (passional reunion)
(versione originale)
While I was going to a sudden riunion/ the sun was high still,/ thus I noted the change entering/ into a dark room;/ I waited that my eyes adequate itself/ to the atmosphere,/ to see with whom I was inside there/where it was already the moon./
A light ray struck/ a woman’s body,/I lay down near her who gave/ herself to my instincts./
Her limbs quivered and gave me/ sensations foreseen/ my hands studying her hot skin/ like automata;/ freed her from the dress,/ my mouth caressed her breasts/ and the smoke of my cigarette/ passed on to his lungs./
The underground music sweetened/ her first words,/ I realized that all for her/ was not usual,/ so I tightened her with sincerity/ for the first time/ and I went away saying/ “If I will see you again/ I will comfort you”.
When I crossed the threshold the moon/ was already high./

PURGATORIO

Apro la porta
e dal davanzale della finestra
scorgo l’orizzonte artificiale
del purgatorio.
Vicino alla grondaia,
un cavo di ferro,
lega una colonna alla mia cella plenaria.
Devo pregare
con una donna;
ella sembra un agnello
d’oro fuso,
invece è dannosa:
ha solo lucidato
la sua peste e trae dalla cenere
la sua parola d’ordine,
in una cornice
marcata a fuoco.
‘Non sono vegetale
o minerale,
scelgo l’amore,
non la ruggine;
semino catene di corna’.
Ma non lacera
i sentimenti raccolti nel suo diario.
Nel mio itinerario
vedo il suo viso,
dopo una scossa,
entrare nel mio fragile cuore.
L’aria calda e la sabbia
sollecitano un bagno nel mare salato;
nel solarium
la pressione
del mio sangue
chiede una spinta carnale:
è il mio peccato
nel purgatorio.
Sulla piazza,
nella confusione,
mette in pratica
il suo motto:
è troppo facile sedurla.
Quando l’elica gira,
l’aria fresca
va sulla sua pelle nuda;
nella sua stanza buia
riscaldo i suoi brividi.
Non posso
rimuoverla dalla mia mente.

windowsill, purgatory, hollow of iron, plenary cell, lamb of molten gold, password, brand marked, sunning place, carnal push, strumpet

Con “Purgatorio” termina la trilogia del “dolce amore”. Una “Comedia” un po’ al contrario, o almeno disordinata, che inizia con i due momenti del Paradiso ed è preceduta dall’Inferno.
Il Purgatorio, dopo la sofferenza acuta, rappresenta il tempo mediano in cui si fondono rassegnazione e speranza, si vive un po’ sospesi, appesi a notizie, suggestioni, pensieri, episodi…
Una giornata al mare, un incontro improbabile, simpatia contingente, lusinghe, contatti e tenerezze vorrei ma non posso… Una giornata normale, ma diversa, rappresentata come una sorta di apocalisse digradante, che la lingua inglese mi sembrava facesse apparire in una dimensione più irreale.
Il mio diario di allora la definiva “impressioni…” (sulla giornata e sulla protagonista), precisando doverosamente che “strumpet” non ha un’accezione negativa, semmai provocatoria rispetto al giudizio della gente sulle ragazze naturalmente affettuose.
L’unica variazione riguarda l’eliminazione degli ultimi tre versi, piuttosto retorici e sentenzianti, mantenuti nella versione inglese.
(III – 16.11 Sestu)

PURGATORY (strumpet)
(versione originale)
I open the door/ and from the window sill/ I perceive the artificial horizon/ of the purgatory./ Near the gutter/ a cable of iron/ ties a column to my plenary cell./ I must pray/ with a woman./ She looks like a lamb/ of molten gold,/ instead is harmful./ She has only polished/ her black death and takes from ash/ her password/ in a frame/ brand marked:/ “I’m not vegetable/ or mineral,/ I select love/ not rust;/ I issue chain of horns”./ But doesn’t rip/ the feelings collected in her diary./
In my itinerary/ I see her face,/ after a shock,/ come into my brittle heart./ The hot air and the sand/ solicit a bath in the salty sea./ In the sunning place/ the pressure/ of my blood/ needs a carnal push./ It is my sin/ in the purgatory./ On the square/ in the confusion/ she carries on/ her slogan./ It is so easy to seduce her./ When the screw turns,/ the fresh air/ goes on her nude skin./ In the darkroom/ I heating her chills./
I cannot/ remove her from my mind./
We condemn/ the strumpets/ without know their anxiety./

Questo brano in origine fu musicato in questo modo:
MI SOL LA SI (I open…of the purgatory, un accordo per verso e si ripete fino ad harmful)
RE LA- (per i successivi sei versi, poi si riprende alternando).
(IV – 16.4 A)

ALIENAZIONE TRANSITORIA (inferno)

Finita!
nei miei passi abbandonanti,
nel buio
crescente dentro me.
Che notte singolare!
dalle pareti rosa
sibili assordanti,
ombre di fantasmi:
mi tramuto in dannato dell’inferno;
sono un disgraziato
arranco nel peccato,
volendo disertare
scappo, cado.
Sento il tuo spettro invocante,
vedo un rogo naturale umano;
vagheggio nel torpore
conferendo diletto ai sensi:
in un manto di rose patisci per mio figlio.
Scosso
mi desto
scorgo il fuoco:
uno spirito del male mi sperde tra le serpi
ma la furia non può annullare il fervore:
questo è un Inferno da remissione
attendo la mia scarcerazione
Intanto ti venero,
ti bramo
sul suolo io ardo
nel letto ti cerco;
inferno demonio
da lei voglio prole!
inferno ti scaccio,
l’aurora emergerà.

alienazione transitoria.jpg

Forse è, da sempre, il brano più apprezzato della mia produzione, probabilmente anche quello più conosciuto. Vanta pubblicazioni plurime in antologie.
Lo scrissi al compimento del diciassettesimo anno di età, come secondo atto di una trilogia, che seguì la stesura in due parti di Paradiso, e precedette quella di Purgatorio; infatti il suo titolo originale era Inferno.
Ai tempi della stesura, con amici, fu anche messo in musica (che ricordo, ma non trovo nota degli accordi, peraltro penso fossero due), inciso su nastro e spacciato goliardicamente per il pezzo di un noto gruppo rock.
Ma la sua storia è meno allegra.
L’estate precedente, dopo tanti amori platonici e unilaterali, ebbi il primo amore vero, concreto, tangibile; fu come la scoperta di un nuovo mondo e mi ci buttai dentro con tutto me stesso… Poi giunse il momento dei saluti e il distacco, seppure pieno di speranze, fu particolarmente doloroso. I versi si soffermano appunto su questi momenti. Il diario di allora commenta: “Brutto ricordo dei giorni successivi alla partenza di …”
Non ha subito alcuna variazione di sorta rispetto alla stesura originale.
(III – 23.10 Sestu)

ERMETICA

Fui allucinato sulla strada,
ancora risento di quel fenomeno;
una visione, un movimento, uno sguardo,
un nuovo fascino mi colpì.
Trovai che l’accaduto
fosse senza precedenti,
così mi misi alla ricerca
dello stimolo che mi invase;
poi la volontà mi abbandonò
per fare posto al caos,
celai i miei sentimenti
ma qualcosa li svelava,
la reticenza non poteva
nascondere la verità.
Una figura si fa nitida:
è la stizza che apre gli occhi,
mi lascia desolato …
cerco visi incoraggianti;
non capisco se mi deride,
mi disprezza o simula.
In certi istanti scorgo un volto
che si perde nel mio,
ma si scuote tanto presto
e impassibile si dilegua:
è convinta di conoscere i miei sentimenti
non più palesi come un tempo,
perciò è ardita la sua certezza,
che crudelmente potrei smentire,
sto titrovando le mie forze
per combattere ad armi pari…

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Versi composti a diciassette anni e dedicati a un grande amore adolescenziale, rimasto platonico e mai apertamente dichiarato, anche se spingersi a tale affermazione è come dire che il sole gira intorno alla terra. In realtà di dichiarazioni ce ne furono “mille” e nelle più svariate forme, anche se mai nel modo più normale, la parola diretta. Credo di non averci mai parlato, a parte qualche monosillabo pronunciato a fatica. Qualcosa di più avvenne attraverso gli sguardi.
In sostanza fu un supplizio durato pure diverso tempo. Appena sapevo che lei c’era o la incontravo, l’istantaneo piacere che mi dava quel volto o il suo ricordo, andava di pari passo con una grande sofferenza per la convinzione che fosse un amore impossibile, tuttavia alimentato da illusioni, disillusioni, pianti, gelosie, capi chini, rossori, fino all’irrazionale rancore.
La voglia di vederla era quasi pari alla paura che ciò accadesse, per un senso di inadeguatezza che mi tormentava.
Sei anni – un arco di tempo che va dalla licenza media alla maturità – ci sono voluti perché questa “cosa” si affievolisse e così è stato anche per il subentro di altri amori e dolori meno effimeri…
Il brano è stato scritto nella fase “calante”, come una sorta di rivalsa, probabilmente per reazione a un suo atteggiamento “snob” verificatosi pochi giorni prima. Come dire ormai ti ho messo in non cale.
Il titolo originale era un acronimo che ebbe la sua notorietà, Fame, con per sottotitolo Un fascino sempre nuovo, diventato poi il principale, che a sua volta aveva come secondario quello attuale.
I versi, a metrica libera, hanno subito alcune correzioni, ma la sostanza è rimasta inalterata, fatta salva la rimozione dei quattro finali, una sorta di resa che vanificava lo scopo del brano: “Perché impedirmi di tentare/ di realizzare le speranze;/ come posso accantonarle/ se ho del buono da costruire?”/.
(IV – 16.09 A)
Ai versi adattai questi accordi già “composti”:
MI LA MI SOL (4 volte)
MI SOL MI SI
MI LA MI SI (4 volte)
MI SOL MI SI
(IV – 22.7 A)